Nel 2013, con la fine della presidenza di Ahmadinejad, l’intera platea internazionale ha assistito ad una nuova era delle relazioni diplomatiche ed economiche con la Repubblica Islamica dell’Iran e con l’inizio dell’era di Rohani, un capo di Stato che ha cercato di cambiare gli equilibri in atto, aprendo i cosiddetti “colloqui sul nucleare” e avviando una nuova fase politica internazionale che, partita da Teheran, ha avuto come fulcro Ginevra per poi arrivare a pieno compimento a Vienna. Nel luglio del 2015, infatti, proprio a Vienna, dopo due anni di trattative, si è arrivati al consenso con i paesi del gruppo P5+1, ossia i membri del Consiglio di Sicurezza con potere di veto (Regno Unito, Francia, Stati Uniti, Russia e Cina) più la Germania, ponendo ufficialmente fine a parte delle sanzioni economiche contro Iran. Il patto sul nucleare, noto come Implementation Day, deve essere considerato una grande vittoria da riconoscere anche all’Amministrazione Obama che nella negoziazione ha investito enormi risorse diplomatiche. Il presidente degli Stati Uniti, oltre ad aver contrattato la fine della politica sanzionatoria con uno storico paese ostile, ha anche dovuto sfidare l’opposizione interna dei Repubblicani, avversi a qualsiasi tipo di collaborazione con gli Ayatollah. Nello specifico, l’Implementation Day prevede l’avvio di due manovre: da una parte i paesi occidentali devono eliminare progressivamente le sanzioni economiche e commerciali imposte alla Repubblica Islamica dell’Iran, dall’altra Teheran deve limitare il suo programma nucleare a soli scopi civili. Nonostante gli accordi mettano in evidenza molti punti, sette sono quelli da considerare cruciali, ossia: 1. gli ispettori ONU devono avere la possibilità di eseguire controlli periodici nei siti nucleari iraniani; 2. nei siti nucleari di Natanz e Fordow devono essere interrotti i processi di arricchimento dell’uranio così come devono essere ridotte le attività di ricerca e sviluppo; 3. le operazioni sotto copertura per produrre materiale fissile devono essere concluse; 4. in caso di violazione dell’accordo, le sanzioni nei confronti dell’Iran devono essere ripristinate dopo 65 giorni dalla contestazione della violazione; 5. vengono sospese le sanzioni che riguardano alcuni settori economico-commerciali particolarmente strategici, come quello degli idrocarburi; 6. sono stati scongelati diversi asset economici dal valore di centinaia di miliardi di dollari, 7. l’embargo sulla vendita di armi, imposto dalle Nazioni Unite, sarà attivo fino al 2020, mentre il meccanismo di sanzioni per lo sviluppo di missili resterà in vigore fino al 2023. L’Implementation Day non pone però fine a tutte le restrizioni. Permangono difatti alcuni blocchi in merito a specifiche categorie di prodotti e verso alcuni enti, società e persone fisiche, i cui fondi e risorse economiche restano congelati, in attesa di un futuro migliore. Il piano di reintegro nell’economia internazionale, noto come Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), prevede che i blocchi, imposti da Stati Uniti, Nazioni Unite e Unione Europea in momenti storici diversi, debbano svincolati progressivamente, l’embargo economico e commerciale verranno eliminati per primi, mentre le limitazioni riguardanti la vendita di armi e missili, come citato sopra, resteranno in vigore ancora per diversi anni. Ciò anche per cercare di stemperare, almeno in parte, la forte opposizione dei principali alleati regionali di Washington, in primis dal regime degli al-Sa‘ud e dal governo conservatore di Netanyahu. La presente ricerca ha cercato di ricostruire il trentennale regime sanzionatorio che ha immobilizzato l’economia e la società iraniane per sette amministrazioni, indagando le potenzialità che, a livello politico, economico, sociale e militare, la fine dell’embargo potrà avere nel medio e lungo periodo. L’obiettivo principale è stato condurre un’analisi sugli effetti della politica delle sanzioni in Iran, applicata prima dagli Stati Uniti e poi dall’Unione Europea, attraverso lo studio delle trasformazioni economiche e politiche avvenute negli ultimi decenni. Nella ricerca si è quindi analizzato il livello di efficacia del regime sanzionatorio e l’impatto degli shock provocati dallo stesso, nella duplice dimensione politica (si vedano i capitoli di Brunelli e Galeotti) ed economica (con i capitoli di Cristini ed Origo, Indeo), per meglio comprenderne i limiti e gli esiti attesi. Inoltre è stata svolta un’attenta analisi comparata che ha messo a confronto il periodo “pre-” e “post- embargo” (Cristini-Origo) per definire una mappa degli scenari futuri, in grado di circoscrivere le sfide politiche e le opportunità economiche internazionali (Brunelli, Indeo). Particolare enfasi è stata data ai settori industriale, commerciale e a quello della Difesa, rilevando la mancanza cronica di mezzi tecnologici avanzati delle forze armate iraniane, dovuto ad oltre trentacinque anni di restrizioni, in parte mitigati da una produzione militare autarchica. La necessità di provvedere al più presto all’ammodernamento dei sistemi d’arma incontra una mutata dottrina militare, “a mosaico”, che mette in luce l’adeguamento della concezione militare iraniana alla situazione di caos strutturale insito nella regione vicino e medio orientale, che rappresenta una delle principali fonti di crisi e di minaccia all’interesse nazionale iraniano (Brunelli), ma anche all’opposizione sempre più dura rappresentata dal nuovo asse anti iraniano, guidato da Israele ed Arabia Saudita, il quale, dopo l’elezione alla Casa Bianca di Donald J. Trump ha trovato una importante terza sponda. La ricerca si è basata su dati raccolti direttamente nella Repubblica Islamica dell’Iran, coinvolgendo personalità delle istituzioni economico-finanziare e politiche iraniane. Sono stati organizzati incontri e interviste con funzionari della Banca Centrale dell’Iran, e in particolare con il suo centro studi, dell’Institute for Political and International Studies del Ministero degli Affari Esteri; del Center for Strategic Research, organo del Consiglio per il Discernimento, dello Statistical Center of Iran, nonché con ricercatori ed accademici di alcune delle principali università iraniane, tra le quali la Shahid Behesthi e la Islamic Azad University, quest’ultima nelle sue sedi di Teheran ed Arak. I dati e le informazioni raccolti, anche attraverso una serie di interviste, sono stati messi a confronto con quelli delle principali istituzioni internazionali, quali World Bank, International Monetary Fund e UNDP. La letteratura presa in considerazione ha fatto riferimento ad un ventaglio di voci molto articolato, in modo da attingere da risorse e da fonti interdisciplinari e multidisciplinari, requisito indispensabile per qualsiasi analisi scientifica che non voglia rincorrere alcuna stereotipia.

(2017). Il regime sanzionatorio contro l’Iran. Una valutazione dell’impatto a livello politico, economico e sociale e un’analisi sui nuovi scenari e sulle potenzialità strutturali nel periodo post-embargo [edited book - curatela]. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/118170

Il regime sanzionatorio contro l’Iran. Una valutazione dell’impatto a livello politico, economico e sociale e un’analisi sui nuovi scenari e sulle potenzialità strutturali nel periodo post-embargo

Brunelli, Michele
2017-01-01

Abstract

Nel 2013, con la fine della presidenza di Ahmadinejad, l’intera platea internazionale ha assistito ad una nuova era delle relazioni diplomatiche ed economiche con la Repubblica Islamica dell’Iran e con l’inizio dell’era di Rohani, un capo di Stato che ha cercato di cambiare gli equilibri in atto, aprendo i cosiddetti “colloqui sul nucleare” e avviando una nuova fase politica internazionale che, partita da Teheran, ha avuto come fulcro Ginevra per poi arrivare a pieno compimento a Vienna. Nel luglio del 2015, infatti, proprio a Vienna, dopo due anni di trattative, si è arrivati al consenso con i paesi del gruppo P5+1, ossia i membri del Consiglio di Sicurezza con potere di veto (Regno Unito, Francia, Stati Uniti, Russia e Cina) più la Germania, ponendo ufficialmente fine a parte delle sanzioni economiche contro Iran. Il patto sul nucleare, noto come Implementation Day, deve essere considerato una grande vittoria da riconoscere anche all’Amministrazione Obama che nella negoziazione ha investito enormi risorse diplomatiche. Il presidente degli Stati Uniti, oltre ad aver contrattato la fine della politica sanzionatoria con uno storico paese ostile, ha anche dovuto sfidare l’opposizione interna dei Repubblicani, avversi a qualsiasi tipo di collaborazione con gli Ayatollah. Nello specifico, l’Implementation Day prevede l’avvio di due manovre: da una parte i paesi occidentali devono eliminare progressivamente le sanzioni economiche e commerciali imposte alla Repubblica Islamica dell’Iran, dall’altra Teheran deve limitare il suo programma nucleare a soli scopi civili. Nonostante gli accordi mettano in evidenza molti punti, sette sono quelli da considerare cruciali, ossia: 1. gli ispettori ONU devono avere la possibilità di eseguire controlli periodici nei siti nucleari iraniani; 2. nei siti nucleari di Natanz e Fordow devono essere interrotti i processi di arricchimento dell’uranio così come devono essere ridotte le attività di ricerca e sviluppo; 3. le operazioni sotto copertura per produrre materiale fissile devono essere concluse; 4. in caso di violazione dell’accordo, le sanzioni nei confronti dell’Iran devono essere ripristinate dopo 65 giorni dalla contestazione della violazione; 5. vengono sospese le sanzioni che riguardano alcuni settori economico-commerciali particolarmente strategici, come quello degli idrocarburi; 6. sono stati scongelati diversi asset economici dal valore di centinaia di miliardi di dollari, 7. l’embargo sulla vendita di armi, imposto dalle Nazioni Unite, sarà attivo fino al 2020, mentre il meccanismo di sanzioni per lo sviluppo di missili resterà in vigore fino al 2023. L’Implementation Day non pone però fine a tutte le restrizioni. Permangono difatti alcuni blocchi in merito a specifiche categorie di prodotti e verso alcuni enti, società e persone fisiche, i cui fondi e risorse economiche restano congelati, in attesa di un futuro migliore. Il piano di reintegro nell’economia internazionale, noto come Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), prevede che i blocchi, imposti da Stati Uniti, Nazioni Unite e Unione Europea in momenti storici diversi, debbano svincolati progressivamente, l’embargo economico e commerciale verranno eliminati per primi, mentre le limitazioni riguardanti la vendita di armi e missili, come citato sopra, resteranno in vigore ancora per diversi anni. Ciò anche per cercare di stemperare, almeno in parte, la forte opposizione dei principali alleati regionali di Washington, in primis dal regime degli al-Sa‘ud e dal governo conservatore di Netanyahu. La presente ricerca ha cercato di ricostruire il trentennale regime sanzionatorio che ha immobilizzato l’economia e la società iraniane per sette amministrazioni, indagando le potenzialità che, a livello politico, economico, sociale e militare, la fine dell’embargo potrà avere nel medio e lungo periodo. L’obiettivo principale è stato condurre un’analisi sugli effetti della politica delle sanzioni in Iran, applicata prima dagli Stati Uniti e poi dall’Unione Europea, attraverso lo studio delle trasformazioni economiche e politiche avvenute negli ultimi decenni. Nella ricerca si è quindi analizzato il livello di efficacia del regime sanzionatorio e l’impatto degli shock provocati dallo stesso, nella duplice dimensione politica (si vedano i capitoli di Brunelli e Galeotti) ed economica (con i capitoli di Cristini ed Origo, Indeo), per meglio comprenderne i limiti e gli esiti attesi. Inoltre è stata svolta un’attenta analisi comparata che ha messo a confronto il periodo “pre-” e “post- embargo” (Cristini-Origo) per definire una mappa degli scenari futuri, in grado di circoscrivere le sfide politiche e le opportunità economiche internazionali (Brunelli, Indeo). Particolare enfasi è stata data ai settori industriale, commerciale e a quello della Difesa, rilevando la mancanza cronica di mezzi tecnologici avanzati delle forze armate iraniane, dovuto ad oltre trentacinque anni di restrizioni, in parte mitigati da una produzione militare autarchica. La necessità di provvedere al più presto all’ammodernamento dei sistemi d’arma incontra una mutata dottrina militare, “a mosaico”, che mette in luce l’adeguamento della concezione militare iraniana alla situazione di caos strutturale insito nella regione vicino e medio orientale, che rappresenta una delle principali fonti di crisi e di minaccia all’interesse nazionale iraniano (Brunelli), ma anche all’opposizione sempre più dura rappresentata dal nuovo asse anti iraniano, guidato da Israele ed Arabia Saudita, il quale, dopo l’elezione alla Casa Bianca di Donald J. Trump ha trovato una importante terza sponda. La ricerca si è basata su dati raccolti direttamente nella Repubblica Islamica dell’Iran, coinvolgendo personalità delle istituzioni economico-finanziare e politiche iraniane. Sono stati organizzati incontri e interviste con funzionari della Banca Centrale dell’Iran, e in particolare con il suo centro studi, dell’Institute for Political and International Studies del Ministero degli Affari Esteri; del Center for Strategic Research, organo del Consiglio per il Discernimento, dello Statistical Center of Iran, nonché con ricercatori ed accademici di alcune delle principali università iraniane, tra le quali la Shahid Behesthi e la Islamic Azad University, quest’ultima nelle sue sedi di Teheran ed Arak. I dati e le informazioni raccolti, anche attraverso una serie di interviste, sono stati messi a confronto con quelli delle principali istituzioni internazionali, quali World Bank, International Monetary Fund e UNDP. La letteratura presa in considerazione ha fatto riferimento ad un ventaglio di voci molto articolato, in modo da attingere da risorse e da fonti interdisciplinari e multidisciplinari, requisito indispensabile per qualsiasi analisi scientifica che non voglia rincorrere alcuna stereotipia.
curatela (libro)
2017
Brunelli, Michele
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