Il presente elaborato si propone di rileggere il lavoro di Barbara Kruger secondo la chiave interpretativa dello spazio e della sua passione per l’architettura. Nelle molte mostre dedicate all’artista infatti, così come negli studi critici, non si è mai considerato approfonditamente questo aspetto, concentrandosi più sulla sua esperienza alla Condé Nast come art director e dunque sull’influenza della grafica sul suo lavoro collagistico, oppure sulle questioni di genere. Se è indubbio il suo impegno in tal senso – Barbara Kruger è un’artista femminista –, così come l’importanza della sua esperienza nel mondo della pubblicità, a noi pare che queste letture non permettano una visione d’insieme del suo lavoro e di accedere alle sue ragioni più profonde. Rileggere l’opera di Kruger attraverso l’architettura – suo «first love», «visual interest», secondo le sue stesse parole – permette anche di concentrarsi sul nucleo di opere realizzate tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta, quasi sconosciute e alle quali non è mai stato dedicato uno studio: gli arazzi, le poesie e i racconti, i reading e le performance, i pannelli testo-immagine e il prezioso libro d’artista Picture/Readings, tra le cui pagine è contenuta tutta la poetica di Kruger, precedente e soprattutto successiva. Nelle sue opere, il punto è «to deal with the power of everyday», come lei stessa ribadisce: indipendentemente dal medium scelto, l’architettura le permette di operare nello spazio sociale e di mostrarlo nelle sue stesse dinamiche di potere.

(2019). «Architecture was my first visual interest». Una rilettura critica in chiave architettonica dell’opera di Barbara Kruger [doctoral thesis - tesi di dottorato]. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/128679

«Architecture was my first visual interest». Una rilettura critica in chiave architettonica dell’opera di Barbara Kruger

TREVISAN, Bianca
2019-06-05

Abstract

Il presente elaborato si propone di rileggere il lavoro di Barbara Kruger secondo la chiave interpretativa dello spazio e della sua passione per l’architettura. Nelle molte mostre dedicate all’artista infatti, così come negli studi critici, non si è mai considerato approfonditamente questo aspetto, concentrandosi più sulla sua esperienza alla Condé Nast come art director e dunque sull’influenza della grafica sul suo lavoro collagistico, oppure sulle questioni di genere. Se è indubbio il suo impegno in tal senso – Barbara Kruger è un’artista femminista –, così come l’importanza della sua esperienza nel mondo della pubblicità, a noi pare che queste letture non permettano una visione d’insieme del suo lavoro e di accedere alle sue ragioni più profonde. Rileggere l’opera di Kruger attraverso l’architettura – suo «first love», «visual interest», secondo le sue stesse parole – permette anche di concentrarsi sul nucleo di opere realizzate tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta, quasi sconosciute e alle quali non è mai stato dedicato uno studio: gli arazzi, le poesie e i racconti, i reading e le performance, i pannelli testo-immagine e il prezioso libro d’artista Picture/Readings, tra le cui pagine è contenuta tutta la poetica di Kruger, precedente e soprattutto successiva. Nelle sue opere, il punto è «to deal with the power of everyday», come lei stessa ribadisce: indipendentemente dal medium scelto, l’architettura le permette di operare nello spazio sociale e di mostrarlo nelle sue stesse dinamiche di potere.
5-giu-2019
31
2017/2018
STUDI UMANISTICI INTERCULTURALI
GRAZIOLI, Elio
Trevisan, Bianca
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