L’ipotesi della molteplicità condivisa (shared manifold hypothesis) proposta da Gallese (2001, 2003, 2005, 2006) è una sfida e un’opportunità per quell’ampia parte della psicoanalisi e più in generale delle scienze psicologiche che si sta spostando sempre più convintamente da una epistemologia positivista, riduzionista e individualista ad una postmoderna, complessa e connessionista. La scoperta infatti che a livello neuronale esistono circuiti capaci di simulare (embodied simulation) nel proprio corpo quanto sta accadendo nel proprio contesto relazionale e di intuirne l’intenzionalità (intentional attunement) assume molteplici implicazioni per chi intende essere l’esperto, per esperienza e per professione, della mente intesa come processo eminentemente relazionale (Negri e Botto, 2016). Pur nella consapevolezza della non riducibilità del livello di analisi psicologico a quello neurofisiologico si procederà ad esaminare la compatibilità di alcuni concetti emersi all’interno della psicoanalisi relazionale con l’ipotesi proposta. In particolare ci si interrogherà su che ruolo giochino i processi di simulazione incarnata e di consonanza intenzionale nei processi collusivi e di condivisione emozionale tipici della relazione di cura (Carli, 2013), se essi assumano un formato subsimbolico, simbolico non verbale o simbolico verbale (Bucci, 1997), se la natura incarnata della simulazione ci permetta di coniugare meglio molteplicità e unitarietà della percezione di sé (Mitchell, 1993), se e in che misura la simulazione dell’esperienza altrui assuma un livello complesso e sistemico di previsione e comprensione (Fivaz‐Depeursinge e Corboz‐Warnery, 1999), se la sintonizzazione automatica sull’intenzione dell’altro chiarisca maggiormente la natura eminentemente e permanentemente conversazionale della mente (Bateson e Bateson, 1987; Gandolfi, 2015) anche quando le sue manifestazioni appaiono non intenzionali e limitate al funzionamento individuale, come nel caso dei sintomi o del funzionamento di personalità. Infine verranno approfondite le implicazioni dell’ipotesi di Gallese anche sul piano della teoria della tecnica. L’importanza che assume la percezione e l’azione nel sistema della molteplicità condivisa conferma la centralità dell’attivazione emozionale nel qui ed ora e nel là e allora, quale prerequisito per ogni processo terapeutico. Il setting di conseguenza potrà assumere nuove forme che valorizzeranno e orienteranno i processi insiti nella percezione e nell’azione. Tuttavia l’esperienza emozionale e corporea rimane solo la prima fase nel processo di cambiamento che porta il soggetto a riconoscere e orientare il proprio modo di sintonizzarsi e stare in relazione con l’altro. La psicopatologia infatti è data da una disconnessione tra le modalità automatiche, sensoriali e parallele di relazione con l’altro – descritte ampiamente da Gallese – e quelle maggiormente simboliche, sequenziali e riflessive. Entrambe sono utili per connettersi in maniera efficace con gli altri e con il contesto ed entrambe sono incorporate. Il processo di cura di conseguenza risiede nella possibilità di riconnettere in modi più ricchi e flessibili sia il soggetto con il suo contesto relazionale e sia i livelli simbolici differenti attraverso i quali il soggetto si pone continuamente in relazione con il suo contesto.

(2017). La relazione analitica riletta nella prospettiva della‘shared manifold hypothesis’.The analytical relation reinterpreted within the shared manifold hypothesis perspective [conference presentation (unpublished) - intervento a convegno (paper non pubblicato)]. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/135538

La relazione analitica riletta nella prospettiva della‘shared manifold hypothesis’. The analytical relation reinterpreted within the shared manifold hypothesis perspective

Negri, Attà
2017-01-01

Abstract

L’ipotesi della molteplicità condivisa (shared manifold hypothesis) proposta da Gallese (2001, 2003, 2005, 2006) è una sfida e un’opportunità per quell’ampia parte della psicoanalisi e più in generale delle scienze psicologiche che si sta spostando sempre più convintamente da una epistemologia positivista, riduzionista e individualista ad una postmoderna, complessa e connessionista. La scoperta infatti che a livello neuronale esistono circuiti capaci di simulare (embodied simulation) nel proprio corpo quanto sta accadendo nel proprio contesto relazionale e di intuirne l’intenzionalità (intentional attunement) assume molteplici implicazioni per chi intende essere l’esperto, per esperienza e per professione, della mente intesa come processo eminentemente relazionale (Negri e Botto, 2016). Pur nella consapevolezza della non riducibilità del livello di analisi psicologico a quello neurofisiologico si procederà ad esaminare la compatibilità di alcuni concetti emersi all’interno della psicoanalisi relazionale con l’ipotesi proposta. In particolare ci si interrogherà su che ruolo giochino i processi di simulazione incarnata e di consonanza intenzionale nei processi collusivi e di condivisione emozionale tipici della relazione di cura (Carli, 2013), se essi assumano un formato subsimbolico, simbolico non verbale o simbolico verbale (Bucci, 1997), se la natura incarnata della simulazione ci permetta di coniugare meglio molteplicità e unitarietà della percezione di sé (Mitchell, 1993), se e in che misura la simulazione dell’esperienza altrui assuma un livello complesso e sistemico di previsione e comprensione (Fivaz‐Depeursinge e Corboz‐Warnery, 1999), se la sintonizzazione automatica sull’intenzione dell’altro chiarisca maggiormente la natura eminentemente e permanentemente conversazionale della mente (Bateson e Bateson, 1987; Gandolfi, 2015) anche quando le sue manifestazioni appaiono non intenzionali e limitate al funzionamento individuale, come nel caso dei sintomi o del funzionamento di personalità. Infine verranno approfondite le implicazioni dell’ipotesi di Gallese anche sul piano della teoria della tecnica. L’importanza che assume la percezione e l’azione nel sistema della molteplicità condivisa conferma la centralità dell’attivazione emozionale nel qui ed ora e nel là e allora, quale prerequisito per ogni processo terapeutico. Il setting di conseguenza potrà assumere nuove forme che valorizzeranno e orienteranno i processi insiti nella percezione e nell’azione. Tuttavia l’esperienza emozionale e corporea rimane solo la prima fase nel processo di cambiamento che porta il soggetto a riconoscere e orientare il proprio modo di sintonizzarsi e stare in relazione con l’altro. La psicopatologia infatti è data da una disconnessione tra le modalità automatiche, sensoriali e parallele di relazione con l’altro – descritte ampiamente da Gallese – e quelle maggiormente simboliche, sequenziali e riflessive. Entrambe sono utili per connettersi in maniera efficace con gli altri e con il contesto ed entrambe sono incorporate. Il processo di cura di conseguenza risiede nella possibilità di riconnettere in modi più ricchi e flessibili sia il soggetto con il suo contesto relazionale e sia i livelli simbolici differenti attraverso i quali il soggetto si pone continuamente in relazione con il suo contesto.
intervento a convegno (paper non pubblicato)
2017
Negri, Atta' Ambrogio Maria
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