This paper investigates the acquisition of the “form” of Italian words by speakers of Chinese in relation to the syllable structure of the words in the target language. The topic has revealed particularly interesting because the simplification phenomenon which are usually very frequent in the interlanguage phonology (e.g. cluster reduction, epenthesis, etc.) do not significantly appear in the Chinese learners’ naturalistic performance. On the contrary, the learners tend to produce syllables whose structure is more complex (and more marked) than the one needed in the target word (CVC or CCV). The analysis indicates that the Chinese learners do not make use of simplification strategies because what they perceive as really “difficult” in the acquisition process is not the syllable structure. The production of “unexpected” complex syllables seems, on the contrary, a successful strategy in order to reduce the length of the word: the most frequent Italian words are in fact composed by three or four syllables while Chinese morphemes are usually monosyllabic. Moreover, Italian syllables are phonological units but do not have morphemic function whereas in the Chinese system there is a symmetry between syllable and morpheme. We therefore suggest that the acquisition of the form of the Italian word is particularly difficult for Chinese learners because of the deep asymmetry in the way L1 and L2 linguistic systems organize the elements of the phonological and morphological level.

La fonetica delle interlingue è ricca di fenomeni di semplificazione della struttura sillabica che tendono a ricondurre le sillabe più complesse (CCV o CVC) alla forma meno marcata (ovvero CV) tramite processi di cancellazione o di inserzione. Alcuni studi (in particolare Broselow 1984) hanno mostrato che tale tendenza è rafforzata qualora la L1 degli apprendenti non ammetta strutture sillabiche con nessi consonantici nell’attacco o nella coda. Gli arabofoni, per esempio, ricorrono con una certa sistematicità all’inserimento di un segmento vocalico epentetico per sciogliere la successione di consonanti che è percepita come illecita. La semplificazione può essere quindi interpretata sia come l’effetto di una tendenza universale che mira alla realizzazione delle forme meno marcate, sia come il risultato di un transfer all’IL delle strutture sillabiche possibili o più diffuse nella L1. Alla luce di queste affermazioni, un gruppo consistente di forme delle IL di cinesi sembra meritare un’attenzione particolare poiché contraddice le tendenze di semplificazione generalmente individuate nella fonetica delle interlingue. Gli apprendenti cinesi sembrano infatti produrre delle sillabe più complesse di quelle effettivamente richieste nella forma d’arrivo e, d’altro canto, proposte dall’input. Per spiegare la presenza di strutture sillabiche “inattese” nelle IL sembra necessario interrogarsi su ciò che è percepito come realmente “difficile” nel processo di acquisizione della forma della parola nella L2. L’analisi indica che, tra le cause delle difficoltà incontrate dagli apprendenti sinofoni, va certamente considerata la lunghezza delle parole italiane (spesso tri- o quadrisillabiche), ma anche la loro “opacità semantica”, ovvero il fatto che le sillabe italiane, a differenza di quelle del cinese, sono costituenti del livello fonologico e non hanno valore morfematico. Lo studio ipotizza quindi che la difficoltà degli apprendenti cinesi nel ricostruire la forma delle parole dell’italiano sia motivata anche dalla sostanziale anisomorfia che il sistema linguistico di partenza e di arrivo mostrano nell’organizzare le unità funzionali del livello fonologico e del livello morfologico la cui identificazione, permettendo la segmentazione e l’analisi dell’input, prelude al processo di acquisizione.

(2005). Processi di semplificazione della forma delle parole nell’italiano di cinesi in relazione alla struttura e allo statuto della sillaba [journal article - articolo]. In LINGUISTICA E FILOLOGIA. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/145

Processi di semplificazione della forma delle parole nell’italiano di cinesi in relazione alla struttura e allo statuto della sillaba

2005-01-01

Abstract

This paper investigates the acquisition of the “form” of Italian words by speakers of Chinese in relation to the syllable structure of the words in the target language. The topic has revealed particularly interesting because the simplification phenomenon which are usually very frequent in the interlanguage phonology (e.g. cluster reduction, epenthesis, etc.) do not significantly appear in the Chinese learners’ naturalistic performance. On the contrary, the learners tend to produce syllables whose structure is more complex (and more marked) than the one needed in the target word (CVC or CCV). The analysis indicates that the Chinese learners do not make use of simplification strategies because what they perceive as really “difficult” in the acquisition process is not the syllable structure. The production of “unexpected” complex syllables seems, on the contrary, a successful strategy in order to reduce the length of the word: the most frequent Italian words are in fact composed by three or four syllables while Chinese morphemes are usually monosyllabic. Moreover, Italian syllables are phonological units but do not have morphemic function whereas in the Chinese system there is a symmetry between syllable and morpheme. We therefore suggest that the acquisition of the form of the Italian word is particularly difficult for Chinese learners because of the deep asymmetry in the way L1 and L2 linguistic systems organize the elements of the phonological and morphological level.
articolo
2005
La fonetica delle interlingue è ricca di fenomeni di semplificazione della struttura sillabica che tendono a ricondurre le sillabe più complesse (CCV o CVC) alla forma meno marcata (ovvero CV) tramite processi di cancellazione o di inserzione. Alcuni studi (in particolare Broselow 1984) hanno mostrato che tale tendenza è rafforzata qualora la L1 degli apprendenti non ammetta strutture sillabiche con nessi consonantici nell’attacco o nella coda. Gli arabofoni, per esempio, ricorrono con una certa sistematicità all’inserimento di un segmento vocalico epentetico per sciogliere la successione di consonanti che è percepita come illecita. La semplificazione può essere quindi interpretata sia come l’effetto di una tendenza universale che mira alla realizzazione delle forme meno marcate, sia come il risultato di un transfer all’IL delle strutture sillabiche possibili o più diffuse nella L1. Alla luce di queste affermazioni, un gruppo consistente di forme delle IL di cinesi sembra meritare un’attenzione particolare poiché contraddice le tendenze di semplificazione generalmente individuate nella fonetica delle interlingue. Gli apprendenti cinesi sembrano infatti produrre delle sillabe più complesse di quelle effettivamente richieste nella forma d’arrivo e, d’altro canto, proposte dall’input. Per spiegare la presenza di strutture sillabiche “inattese” nelle IL sembra necessario interrogarsi su ciò che è percepito come realmente “difficile” nel processo di acquisizione della forma della parola nella L2. L’analisi indica che, tra le cause delle difficoltà incontrate dagli apprendenti sinofoni, va certamente considerata la lunghezza delle parole italiane (spesso tri- o quadrisillabiche), ma anche la loro “opacità semantica”, ovvero il fatto che le sillabe italiane, a differenza di quelle del cinese, sono costituenti del livello fonologico e non hanno valore morfematico. Lo studio ipotizza quindi che la difficoltà degli apprendenti cinesi nel ricostruire la forma delle parole dell’italiano sia motivata anche dalla sostanziale anisomorfia che il sistema linguistico di partenza e di arrivo mostrano nell’organizzare le unità funzionali del livello fonologico e del livello morfologico la cui identificazione, permettendo la segmentazione e l’analisi dell’input, prelude al processo di acquisizione.
DAL MASO, Serena
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