Questo libro colma una lacuna del panorama editoriale, dove manca un’opera dedicata alla neve e alle mutevoli, spesso contraddittorie relazioni che gli uomini hanno intrattenuto nel corso dei secoli con questa affascinante materia, che in ciascuno di noi evoca l’infanzia, la meraviglia, la magia. Che rapporto c’è tra i quadri di Brueghel con i pattinatori sui canali gelati e la Regina delle nevi di Andersen, che è stata letta come un’allegoria dell’isterica? Cosa unisce il Withigo o Windigo, un mostro di ghiaccio che si incontra nell’immaginario delle tribù subartiche di alcune aree del Nord America, e Frankenstein, il mostro creato da Mary Shelley che si aggira sui ghiacciai del Monte Bianco? Attraverso quali strade dai primi sci lapponi citati da Olao Magno nel Cinquecento nella Storia delle genti settentrionali si è arrivata agli sci da carving in voga sulle piste delle grandi stazioni, che, in seguito alla scoperta dell’«oro bianco», hanno portato a un’imponente trasformazione delle vallate, per sempre sottratte alla loro millenaria emarginazione? Come il «crudo verno» degli antichi ha potuto riconvertirsi nelle nostre vacanze invernali, dove, divenuta un’esperienza di massa, la neve non è più associata al freddo e alla fame, ma al tempo libero, allo sport, al relax? Il libro risponderà a queste e ad altre domande, spaziando da Jack London alla «guerra bianca», che tra il 1915 e il 1918 condusse Alpini e Kaiserjäger a scontrarsi sui ghiacciai dell’Ortles e dell’Adamello, realizzando la prima occupazione sistematica dell’alta montagna; dagli scrittori russi alla Madonna della Neve; dal Winterreise di Schubert allo sdoganamento sette-ottocentesco degli scenari selvaggi, quando nella cultura europea l’estetica del sublime accorda nuovi spazi sia alle nevi alpine esplorate dagli scalatori, sia a quelle artiche e antartiche percorse dalle carovane dirette verso i poli. Non molti sanno che i cristalli esagonali di neve stilizzati nello stemma dei maestri di sci sono stati studiati a partire dal Seicento prima da Keplero e poi da Cartesio. Ma la neve costituisce anche un’interessante campo di indagine della linguistica, che può verificare lo stretto rapporto tra cultura e linguaggio nelle mille parole di alcune lingue, come quelle inuit, e di molti dialetti per indicare la gelida ed effimera materia dell’inverno. Il grande racconto della neve muove nella prospettiva dello studio dell’immaginario e dei simboli, cui affianca una libera esplorazione interdisciplinare di storia della cultura. Nella ricerca delle figure della neve in tutta la loro variabilità fenomenologica verranno utilizzati i contributi che vengono dalla letteratura, dalla pittura, dalla musica, dalla psicologia, dall’antropologia, dalla sociologia, dalla filosofia, dal cinema, dalla canzone e dallo sport.

(2019). Il libro della neve. Avventure, storie, immaginario . Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/149174

Il libro della neve. Avventure, storie, immaginario

Brevini, Franco
2019-01-01

Abstract

Questo libro colma una lacuna del panorama editoriale, dove manca un’opera dedicata alla neve e alle mutevoli, spesso contraddittorie relazioni che gli uomini hanno intrattenuto nel corso dei secoli con questa affascinante materia, che in ciascuno di noi evoca l’infanzia, la meraviglia, la magia. Che rapporto c’è tra i quadri di Brueghel con i pattinatori sui canali gelati e la Regina delle nevi di Andersen, che è stata letta come un’allegoria dell’isterica? Cosa unisce il Withigo o Windigo, un mostro di ghiaccio che si incontra nell’immaginario delle tribù subartiche di alcune aree del Nord America, e Frankenstein, il mostro creato da Mary Shelley che si aggira sui ghiacciai del Monte Bianco? Attraverso quali strade dai primi sci lapponi citati da Olao Magno nel Cinquecento nella Storia delle genti settentrionali si è arrivata agli sci da carving in voga sulle piste delle grandi stazioni, che, in seguito alla scoperta dell’«oro bianco», hanno portato a un’imponente trasformazione delle vallate, per sempre sottratte alla loro millenaria emarginazione? Come il «crudo verno» degli antichi ha potuto riconvertirsi nelle nostre vacanze invernali, dove, divenuta un’esperienza di massa, la neve non è più associata al freddo e alla fame, ma al tempo libero, allo sport, al relax? Il libro risponderà a queste e ad altre domande, spaziando da Jack London alla «guerra bianca», che tra il 1915 e il 1918 condusse Alpini e Kaiserjäger a scontrarsi sui ghiacciai dell’Ortles e dell’Adamello, realizzando la prima occupazione sistematica dell’alta montagna; dagli scrittori russi alla Madonna della Neve; dal Winterreise di Schubert allo sdoganamento sette-ottocentesco degli scenari selvaggi, quando nella cultura europea l’estetica del sublime accorda nuovi spazi sia alle nevi alpine esplorate dagli scalatori, sia a quelle artiche e antartiche percorse dalle carovane dirette verso i poli. Non molti sanno che i cristalli esagonali di neve stilizzati nello stemma dei maestri di sci sono stati studiati a partire dal Seicento prima da Keplero e poi da Cartesio. Ma la neve costituisce anche un’interessante campo di indagine della linguistica, che può verificare lo stretto rapporto tra cultura e linguaggio nelle mille parole di alcune lingue, come quelle inuit, e di molti dialetti per indicare la gelida ed effimera materia dell’inverno. Il grande racconto della neve muove nella prospettiva dello studio dell’immaginario e dei simboli, cui affianca una libera esplorazione interdisciplinare di storia della cultura. Nella ricerca delle figure della neve in tutta la loro variabilità fenomenologica verranno utilizzati i contributi che vengono dalla letteratura, dalla pittura, dalla musica, dalla psicologia, dall’antropologia, dalla sociologia, dalla filosofia, dal cinema, dalla canzone e dallo sport.
2019
Brevini, Franco Ildebrando
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