Della bontà

I frammenti dei quali si compone questa nuova silloge di Jean Flaminien, pur nella loro specifica singolarità stilistica e tematica, vanno comunque letti come il coerente proseguimento di un work in progress che consiste nell’esercizio di una poesia pensante, o, per dirla con Leopardi, di un «pensiero poetante» affidato alle risorse del verso come della prosa poetica e volto ad affrontare la questione del mistero della presenza dell’essere in un mondo spesso insensibile alla voce della natura e vittima di un edonismo egoistico che mina fortemente la relazione. In Della bontà, nel solco di Novalis, Flaminien intende cedere la parola alla Bontà stessa, far d’essa l’argomento e la voce che lo enuncia ed esplora, in una sorta di spossessamento di sé funzionale all’afflusso delle modalità attraverso le quali si manifesta l’apporto benefico della Bontà alla vita umana e sociale, nonostante l’irrisione e lo scherno dei quali è troppo spesso fatta oggetto.