È sufficiente osservare le immagini dei film europei del secondo dopoguerra (Morreale, 2018), quelle dell’archivio fotografico FotoEdu dell’INDIRE o la serie di documentari “I bambini e noi” di Comencini (Seregni, 2018), per rendersi conto del rapporto tra bambino e città in quel periodo e per alcuni decenni successivi. Bambini a spasso per la città, impegnati nel gioco, nell’andare e tornare da scuola. Il rapporto con lo spazio urbano avveniva in qualità di piccoli adulti, autonomi negli spostamenti e abili nella gestione quotidiana, nello svolgimento di commissioni o nel badare ai fratellini. Questa possibilità di vagare in autonomia li esponeva, tuttavia, a molti rischi che facilmente divenivano pericoli incontrati sia nel percorrere la città che sul luogo di lavoro. Sono, quelli del dopoguerra, gli anni in cui, dopo la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948 si producono le condizioni e le sensibilità che portarono alla Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1959 che, proprio riferendosi alla Dichiarazione universale e alla Dichiarazione dei diritti del bambino del 1924 , riconosce il bambino come soggetto e il divieto di ammissione al lavoro per chi non raggiunga un’età minima. È verosimile affermare che tra il 1945 e il 1970, i bambini godessero di un diritto implicito nel percorrere la città; la forte crescita della motorizzazione in relazione al “boom economico” e di nascite degli anni ’60, almeno per un certo periodo, intaccò relativamente questo privilegio. Dopo questo periodo, i movimenti sociali, educativi e urbanistici che presero forma nell’Europa centrale e settentrionale per restituire la strada ai bambini, costituirono un punto di svolta nell’idea e nel concetto di spazio pubblico in Europa (Borgogni, 2016, 2020; Dorato, 2020). Da spazio di vita, di espansione domestica e commerciale, delle persone quale era stato fino al secondo dopo guerra, a spazio sempre più progettato ad uso esclusivo delle automobili negli anni della crescita economica, a spazio nuovamente pensato per essere adibito alla condivisione sociale e al gioco. Questo processo, in realtà, in quegli anni, è circoscritto ad alcuni Paesi ed è una conseguenza di vari fattori che descrivono una nuova temperie culturale: in particolare, le mutate sensibilità derivanti dai movimenti di protesta della fine degli anni ’60, le nuove attenzioni relative all’ambiente e ai limiti dello sviluppo economico insieme con le crisi petrolifere degli anni ’70. Tali processi, a velocità diverse tra i vari Paesi, si consolidano fino all’inizi degli anni ’90, divenendo, come vedremo poi, azioni e progetti anche nel nostro Paese. In questo periodo è opportuno citare almeno tre eventi di grande rilevanza internazionale che incidono significativamente sulle mentalità e volontà politiche: il rapporto Brundtland del 1987 che afferma la priorità dello sviluppo sostenibile , la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989, la nascita dell’Associazione Internazionale delle Città Educative nel 1990.

(2020). La città (non più) in tasca: memorie, contesti, sfondi . Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/172301

La città (non più) in tasca: memorie, contesti, sfondi

Borgogni, A.
2020-12-01

Abstract

È sufficiente osservare le immagini dei film europei del secondo dopoguerra (Morreale, 2018), quelle dell’archivio fotografico FotoEdu dell’INDIRE o la serie di documentari “I bambini e noi” di Comencini (Seregni, 2018), per rendersi conto del rapporto tra bambino e città in quel periodo e per alcuni decenni successivi. Bambini a spasso per la città, impegnati nel gioco, nell’andare e tornare da scuola. Il rapporto con lo spazio urbano avveniva in qualità di piccoli adulti, autonomi negli spostamenti e abili nella gestione quotidiana, nello svolgimento di commissioni o nel badare ai fratellini. Questa possibilità di vagare in autonomia li esponeva, tuttavia, a molti rischi che facilmente divenivano pericoli incontrati sia nel percorrere la città che sul luogo di lavoro. Sono, quelli del dopoguerra, gli anni in cui, dopo la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948 si producono le condizioni e le sensibilità che portarono alla Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1959 che, proprio riferendosi alla Dichiarazione universale e alla Dichiarazione dei diritti del bambino del 1924 , riconosce il bambino come soggetto e il divieto di ammissione al lavoro per chi non raggiunga un’età minima. È verosimile affermare che tra il 1945 e il 1970, i bambini godessero di un diritto implicito nel percorrere la città; la forte crescita della motorizzazione in relazione al “boom economico” e di nascite degli anni ’60, almeno per un certo periodo, intaccò relativamente questo privilegio. Dopo questo periodo, i movimenti sociali, educativi e urbanistici che presero forma nell’Europa centrale e settentrionale per restituire la strada ai bambini, costituirono un punto di svolta nell’idea e nel concetto di spazio pubblico in Europa (Borgogni, 2016, 2020; Dorato, 2020). Da spazio di vita, di espansione domestica e commerciale, delle persone quale era stato fino al secondo dopo guerra, a spazio sempre più progettato ad uso esclusivo delle automobili negli anni della crescita economica, a spazio nuovamente pensato per essere adibito alla condivisione sociale e al gioco. Questo processo, in realtà, in quegli anni, è circoscritto ad alcuni Paesi ed è una conseguenza di vari fattori che descrivono una nuova temperie culturale: in particolare, le mutate sensibilità derivanti dai movimenti di protesta della fine degli anni ’60, le nuove attenzioni relative all’ambiente e ai limiti dello sviluppo economico insieme con le crisi petrolifere degli anni ’70. Tali processi, a velocità diverse tra i vari Paesi, si consolidano fino all’inizi degli anni ’90, divenendo, come vedremo poi, azioni e progetti anche nel nostro Paese. In questo periodo è opportuno citare almeno tre eventi di grande rilevanza internazionale che incidono significativamente sulle mentalità e volontà politiche: il rapporto Brundtland del 1987 che afferma la priorità dello sviluppo sostenibile , la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989, la nascita dell’Associazione Internazionale delle Città Educative nel 1990.
dic-2020
Borgogni, Antonio
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