Il lavoro ripropone il dibattito sulla contrattazione decentrata offrendo nuovi elementi di riflessione, sia dal punto di vista teorico che empirico. Dal punto di vista teorico, si deriva formalmente la funzione del salario combinando un modello di contrattazione con un modello di salari di efficienza e esplicitando la contrattazione a due stadi. Sulla base di una versione empirica del modello, si stima la funzione del salario tenendo conto degli aspetti dinamici e di endogenità. Obiettivo principale dell’analisi empirica è verificare, coerentemente con il modello teorico, se ed in che misura la contrattazione decentrata abbia influito sul rent sharing. In particolare l’attenzione è sul ruolo dei diversi meccanismi incentivanti adottati dalle imprese e sulla loro rilevanza in presenza di un contratto di secondo livello. I principali risultati sono i seguenti. a) La doppia distorsione a cui è sottoposto il coefficiente del rent sharing, dovuta alla natura endogena del profitto, distorce sensibilmente le stime e va opportunamente controllata. I risultati si basano quindi su stime GMM. b) In tutti i gruppi di imprese considerati è evidente un aumento del rent sharing a partire dal 1994. Per le imprese che hanno sottoscritto il contratto di secondo livello l’elasticità del salario al differenziale di profitto passa da 2.6% a 3.6%. Secondo il modello teorico tale incremento potrebbe essere il risultato di elementi di efficienza o di elementi legati al potere contrattuale. c) Nelle imprese che applicano incentivi individuali, dirigenziali e non, si trova innanzitutto che l’entità del rent sharing a loro associata è significativa solo a partire dal 1994 (il che lascia presupporre che precedentemente gli incentivi individuali fossero prevalentemente di natura fissa); l’entità del rent sharing aumenta se gli stessi incentivi sono applicati sia a livello dirigenziale che non dirigenziale, vale a dire se esiste un’applicazione trasversale e diffusa dei premi. d) Pratiche di valutazione della performance individuale, finalizzate alla determinazione del premio, sono associate ad un rent sharing ancora più elevato e significativo per tutti gli anni ’90, indipendentemente dalla suddivisione del periodo in pre- e post-Accordo di Luglio (ad indicare che, diversamente dal caso precedente, le valutazioni della performance sono tradizionalmente previste per premi variabili). Come nel caso precedente, questi risultati concordano con l’ipotesi che i meccanismi incentivanti generano incrementi del rent sharing in relazione alla loro efficacia nel generare incrementi di produttività. Più in generale, ne consegue che il contratto decentrato di per sé potrebbe non essere sufficiente a stimolare una maggiore efficienza e quindi una crescita della produttività potenzialmente condivisibile. e) Ancor di più, la tipologia dei meccanismi individuati (diffusione dell’incentivazione e valutazione della performance) induce a ritenere che gli stessi meccanismi siano parte e debbano essere inseriti in un contesto organizzativo aziendale teso a favorire un sostanziale coinvolgimento dei dipendenti a vari livelli.

Il salario tra premio di risultato e nuove pratiche di gestione delle risorse umane. Gli effetti dell'accordo di luglio 1993

CRISTINI, Annalisa;LEONI, Riccardo
2005-01-01

Abstract

Il lavoro ripropone il dibattito sulla contrattazione decentrata offrendo nuovi elementi di riflessione, sia dal punto di vista teorico che empirico. Dal punto di vista teorico, si deriva formalmente la funzione del salario combinando un modello di contrattazione con un modello di salari di efficienza e esplicitando la contrattazione a due stadi. Sulla base di una versione empirica del modello, si stima la funzione del salario tenendo conto degli aspetti dinamici e di endogenità. Obiettivo principale dell’analisi empirica è verificare, coerentemente con il modello teorico, se ed in che misura la contrattazione decentrata abbia influito sul rent sharing. In particolare l’attenzione è sul ruolo dei diversi meccanismi incentivanti adottati dalle imprese e sulla loro rilevanza in presenza di un contratto di secondo livello. I principali risultati sono i seguenti. a) La doppia distorsione a cui è sottoposto il coefficiente del rent sharing, dovuta alla natura endogena del profitto, distorce sensibilmente le stime e va opportunamente controllata. I risultati si basano quindi su stime GMM. b) In tutti i gruppi di imprese considerati è evidente un aumento del rent sharing a partire dal 1994. Per le imprese che hanno sottoscritto il contratto di secondo livello l’elasticità del salario al differenziale di profitto passa da 2.6% a 3.6%. Secondo il modello teorico tale incremento potrebbe essere il risultato di elementi di efficienza o di elementi legati al potere contrattuale. c) Nelle imprese che applicano incentivi individuali, dirigenziali e non, si trova innanzitutto che l’entità del rent sharing a loro associata è significativa solo a partire dal 1994 (il che lascia presupporre che precedentemente gli incentivi individuali fossero prevalentemente di natura fissa); l’entità del rent sharing aumenta se gli stessi incentivi sono applicati sia a livello dirigenziale che non dirigenziale, vale a dire se esiste un’applicazione trasversale e diffusa dei premi. d) Pratiche di valutazione della performance individuale, finalizzate alla determinazione del premio, sono associate ad un rent sharing ancora più elevato e significativo per tutti gli anni ’90, indipendentemente dalla suddivisione del periodo in pre- e post-Accordo di Luglio (ad indicare che, diversamente dal caso precedente, le valutazioni della performance sono tradizionalmente previste per premi variabili). Come nel caso precedente, questi risultati concordano con l’ipotesi che i meccanismi incentivanti generano incrementi del rent sharing in relazione alla loro efficacia nel generare incrementi di produttività. Più in generale, ne consegue che il contratto decentrato di per sé potrebbe non essere sufficiente a stimolare una maggiore efficienza e quindi una crescita della produttività potenzialmente condivisibile. e) Ancor di più, la tipologia dei meccanismi individuati (diffusione dell’incentivazione e valutazione della performance) induce a ritenere che gli stessi meccanismi siano parte e debbano essere inseriti in un contesto organizzativo aziendale teso a favorire un sostanziale coinvolgimento dei dipendenti a vari livelli.
journal article - articolo
2005
Cristini, Annalisa; Bazzana, Eleonora; Leoni, Riccardo
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