Il prodotto precisa come alla Repubblica spetti, secondo la Costituzione formale, il compito di “governare” il funzionamento sia delle scuole istituite dallo Stato sia di quelle espresse, in nome della sussidiarietà, da “enti e privati”, le quali chiedono la parità e, per i propri alunni, un “trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali”. L’autore specifica che si tratta di una questione di democrazia sostanziale, che chiama in gioco il miglioramento della qualità complessiva dell’istruzione nazionale, ove le istituzioni scolastiche fungono da attrici protagoniste, in quanto organizzazioni autonome e responsabili in prima persona del loro operato. Ma, procedendo nell’analisi, chiarisce che nulla di questo è stato attuato per oltre un cinquantennio, a causa dell’enorme discrepanza fra il dettato costituzionale formale e la cosiddetta “Costituzione materiale”, che ha preferito mantenersi ancorata alle solide spiagge della vecchia tradizione liberale centralistica, sostenuta sia dai laici liberali ed azionisti (che caldeggiavano il disegno politico del “tornare al 1923”) sia dai comunisti, che “culturalmente figli di Gramsci”, vedevano nel ritorno al sistema prefascista il porto più sicuro per far fronte all’avanzata dei Cattolici, sostenitori e fautori dell’impianto sussidiario. Fu questa “strana alleanza”, secondo l’autore, a impedire di dar vita a quanto espresso nella Costituzione formale, giungendo così, per mano degli stessi democristiani, alla “svolta amministrativa, ministeriale e statalista” della politica scolastica degli anni Cinquanta, in nome della continuità strutturale. L’articolo si conclude evidenziando come, con la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio, si sia verificata un’inversione temporale (hysteron proteron) fondamentale: con la l’art. 21 della L. 59/97, il D.P.R. 275/99, la legge 62/00, la legge di riforma costituzionale 3/01 e la legge delega 53/03 si è arrivati alla riproposizione di un impianto istituzionale del sistema di istruzione e di formazione di tipo sussidiario, ove spetta alla Repubblica la determinazione delle norme generali in materia di istruzione e i lep (livelli essenziali di prestazione) per l’istruzione e la formazione professionale, benché rimangano ancora aperte molte questioni dovute a un ethos educativo, sociale ed istituzionale per troppo tempo irrigidito nelle maglie del centralismo amministrativo, di stampo ministeriale-gerarchico-burocratico.

La scuola tra Costituzione materiale e sostanziale

BERTAGNA, Giuseppe
2006-01-01

Abstract

Il prodotto precisa come alla Repubblica spetti, secondo la Costituzione formale, il compito di “governare” il funzionamento sia delle scuole istituite dallo Stato sia di quelle espresse, in nome della sussidiarietà, da “enti e privati”, le quali chiedono la parità e, per i propri alunni, un “trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali”. L’autore specifica che si tratta di una questione di democrazia sostanziale, che chiama in gioco il miglioramento della qualità complessiva dell’istruzione nazionale, ove le istituzioni scolastiche fungono da attrici protagoniste, in quanto organizzazioni autonome e responsabili in prima persona del loro operato. Ma, procedendo nell’analisi, chiarisce che nulla di questo è stato attuato per oltre un cinquantennio, a causa dell’enorme discrepanza fra il dettato costituzionale formale e la cosiddetta “Costituzione materiale”, che ha preferito mantenersi ancorata alle solide spiagge della vecchia tradizione liberale centralistica, sostenuta sia dai laici liberali ed azionisti (che caldeggiavano il disegno politico del “tornare al 1923”) sia dai comunisti, che “culturalmente figli di Gramsci”, vedevano nel ritorno al sistema prefascista il porto più sicuro per far fronte all’avanzata dei Cattolici, sostenitori e fautori dell’impianto sussidiario. Fu questa “strana alleanza”, secondo l’autore, a impedire di dar vita a quanto espresso nella Costituzione formale, giungendo così, per mano degli stessi democristiani, alla “svolta amministrativa, ministeriale e statalista” della politica scolastica degli anni Cinquanta, in nome della continuità strutturale. L’articolo si conclude evidenziando come, con la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio, si sia verificata un’inversione temporale (hysteron proteron) fondamentale: con la l’art. 21 della L. 59/97, il D.P.R. 275/99, la legge 62/00, la legge di riforma costituzionale 3/01 e la legge delega 53/03 si è arrivati alla riproposizione di un impianto istituzionale del sistema di istruzione e di formazione di tipo sussidiario, ove spetta alla Repubblica la determinazione delle norme generali in materia di istruzione e i lep (livelli essenziali di prestazione) per l’istruzione e la formazione professionale, benché rimangano ancora aperte molte questioni dovute a un ethos educativo, sociale ed istituzionale per troppo tempo irrigidito nelle maglie del centralismo amministrativo, di stampo ministeriale-gerarchico-burocratico.
journal article - articolo
2006
Bertagna, Giuseppe
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10446/20055
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