Rassegna che segnale, fra le sentenze del periodo in materia sociale, alcune pronunce che, presentando interessanti risvolti connessi alla definizione dei parametri che consentono di colpire le violazioni del principio della parità di trattamento, consentono di osservare le trasformazioni che interessano la definizione, in ambito comunitario, di un principio assolutamente fondamentale quale quello di uguaglianza.Un primo profilo d’interesse è fornito dalla contaminazione tra questioni di genere e disciplina dei lavori atipici, rivelatrice di un netto pragmatismo che ispira l’utilizzo della strumentazione concretamente disponibile per colpire pratiche discriminatorie: pragmatismo fondato sulla perdurante doppia marginalità delle donne nel mercato del lavoro, che fa sì che le ipotesi di ingiustificata disparità di trattamento in danno dei lavoratori atipici colpiscano in concreto lavoratrici di sesso femminile, rendendosi percepibili anche come ipotesi di discriminazione indiretta di genere (casi Allonby e Elsner-Lakeberg). L’affinarsi di strumenti per indagare eventuali ipotesi di discriminazione indiretta tra lavoratori di sesso maschile e lavoratrici di sesso femminile diventa, di conseguenza, (anche) una sorta di lente di ingrandimento che consente di mostrare situazioni di discriminazioni sempre meno giustificabili tra forme e contratti di lavoro. Probabilmente questo sviluppo corrisponde significativamente ad una caratteristica intrinseca delle “questioni di genere”, cioè alla loro “trasversalità”: i generi maschile e femminile, infatti, sono definiti attraverso processi sociali complessi che interpretano e costruiscono le differenze tra i sessi e la categoria analitica del “genere”, sempre binaria e relazionale, obbliga a guardare e rendendo significative le reciproche posizioni di donne e uomini in ogni contesto determinato, affinando lo sguardo anche sul contesto in quanto tale. Altrettanto interessante è constatare, in un certo senso come in uno specchio rovesciato; che l’inadeguata percezione degli aspetti di genere di una questione conduce ad utilizzare nel giudizio parametri insoddisfacenti; la difficoltà di riconoscere e valutare appropriatamente gli aspetti rivelatori di una situazione di pregiudizio sfavorevole nei confronti delle donne impedisce di ritenere comparabili due situazioni, sopravvalutando i tratti distintivi della disciplina di esse, che riguardano in realtà aspetti secondari ai fini dell’inquadramento, e sottovalutandone, correlativamente, elementi, comparabili, che definiscono la disciplina nei suoi profili essenziali e che costituiscono l’espressione di disvalore e discriminazione del genere femminile (caso Oesterreichischer Gewerkschaftsbund).Un terzo e ulteriore profilo di interesse, infine, emerge nell’uso immediato e diretto del lo status di cittadinanza dell’Unione come parametro in base al quale confontare due situazioni ai fini dell’applicazione del principio di parità di trattamento (caso Gaumain-Cerri e Barth).

Parametri del giudizio di uguaglianza e della parità di trattamento fra questioni di genere, lavori atipici e cittadinanza dell'unione.

PEZZINI, Barbara
2004-01-01

Abstract

Rassegna che segnale, fra le sentenze del periodo in materia sociale, alcune pronunce che, presentando interessanti risvolti connessi alla definizione dei parametri che consentono di colpire le violazioni del principio della parità di trattamento, consentono di osservare le trasformazioni che interessano la definizione, in ambito comunitario, di un principio assolutamente fondamentale quale quello di uguaglianza.Un primo profilo d’interesse è fornito dalla contaminazione tra questioni di genere e disciplina dei lavori atipici, rivelatrice di un netto pragmatismo che ispira l’utilizzo della strumentazione concretamente disponibile per colpire pratiche discriminatorie: pragmatismo fondato sulla perdurante doppia marginalità delle donne nel mercato del lavoro, che fa sì che le ipotesi di ingiustificata disparità di trattamento in danno dei lavoratori atipici colpiscano in concreto lavoratrici di sesso femminile, rendendosi percepibili anche come ipotesi di discriminazione indiretta di genere (casi Allonby e Elsner-Lakeberg). L’affinarsi di strumenti per indagare eventuali ipotesi di discriminazione indiretta tra lavoratori di sesso maschile e lavoratrici di sesso femminile diventa, di conseguenza, (anche) una sorta di lente di ingrandimento che consente di mostrare situazioni di discriminazioni sempre meno giustificabili tra forme e contratti di lavoro. Probabilmente questo sviluppo corrisponde significativamente ad una caratteristica intrinseca delle “questioni di genere”, cioè alla loro “trasversalità”: i generi maschile e femminile, infatti, sono definiti attraverso processi sociali complessi che interpretano e costruiscono le differenze tra i sessi e la categoria analitica del “genere”, sempre binaria e relazionale, obbliga a guardare e rendendo significative le reciproche posizioni di donne e uomini in ogni contesto determinato, affinando lo sguardo anche sul contesto in quanto tale. Altrettanto interessante è constatare, in un certo senso come in uno specchio rovesciato; che l’inadeguata percezione degli aspetti di genere di una questione conduce ad utilizzare nel giudizio parametri insoddisfacenti; la difficoltà di riconoscere e valutare appropriatamente gli aspetti rivelatori di una situazione di pregiudizio sfavorevole nei confronti delle donne impedisce di ritenere comparabili due situazioni, sopravvalutando i tratti distintivi della disciplina di esse, che riguardano in realtà aspetti secondari ai fini dell’inquadramento, e sottovalutandone, correlativamente, elementi, comparabili, che definiscono la disciplina nei suoi profili essenziali e che costituiscono l’espressione di disvalore e discriminazione del genere femminile (caso Oesterreichischer Gewerkschaftsbund).Un terzo e ulteriore profilo di interesse, infine, emerge nell’uso immediato e diretto del lo status di cittadinanza dell’Unione come parametro in base al quale confontare due situazioni ai fini dell’applicazione del principio di parità di trattamento (caso Gaumain-Cerri e Barth).
journal article - articolo
2004
Pezzini, Barbara
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