Nei paesi turistici tradizionali, quale è l’Italia, il sistema alberghiero si presenta molto frammentato e a gestione prevalentemente famigliare: la dimensione media alberghiera in Italia è di soli 57 letti e solo il 18% delle imprese è gestito da società di capitali. I limiti di questa situazione sono riconducibili a quattro nodi critici: a. Il controllo del mercato, estremamente difficile e costoso in un contesto di grande ampliamento dei mercati; b. Il rapporto con l’intermediazione organizzata, che esige dimensioni maggiori e standard di qualità internazionali; c. L’elevata incidenza dei costi fissi, che rendono difficile il contenimento dei prezzi e perciò la competitività aziendale; d. La garanzia di qualità, che è nelle imprese autonome non stimolata da controlli esterni. 2. Le catene alberghiere volontarie possono costituire una soluzione, almeno parziale ad alcuni di questi problemi. Dalla fine degli anni ’90 vi è stata in Italia una certa diffusione di catene volontarie, ma a distanza di oltre un decennio non si può parlare di vero e proprio successo. Quali i problemi? quali i limiti? La catena volontaria si differenzia dalla catena “corporate” sostanzialmente nel potere decisionale che incorpora: mentre nella catena “corporate” il potere decisionale è concentrato nella struttura centrale, nelle catene volontarie rimane saldamente nella gestione alberghiera individuale.Ciò limita l’efficacia dell’azione della catena, la cui azione, nell’esperienza italiana, è sostanzialmente limitata all’attività “ a valle” del processo di produzione. Così la catena volontaria ha prodotto: • efficaci risultati nelle politiche di marketing, di immagine e di commercializzazione; • modesti risultati nelle politiche di controllo della qualità; • risultati molto scarsi negli effetti economici della gestione aziendale. 3. Le ragioni dei modesti risultati possono essere ricondotti alla non disponibilità da parte dei proprietari alberghieri a: • Accettare un controllo di qualità, che, nel caso della catena volontaria, viene svolto indirettamente dai propri soci-concorrenti; • Accettare la riduzione del proprio potere decisionale, attraverso iniziative svolte in cooperazione. In particolare, per avere risultati efficaci in termini economici è necessario sviluppare iniziative che favoriscano il formarsi di economie di scala e il trasferimento di costi fissi in costi variabili. Ciò potrebbe avvenire attraverso: • Acquisti comuni • Servizi comuni gestiti da strutture esterne (pulizia, lavanderia, contabilità ecc.) • Scambio di personale tra le strutture associate; • Investimenti comuni (nel caso di catene territoriali) Su questo tipo di interventi i casi sono in Italia ancora molto limitati. 4. Le politiche di sostegno e di sviluppo delle catene volontarie, non sono di facile realizzazione. Da un lato, le catene hanno bisogno di soci per poter crescere e garantire servizi agli associati: ciò porta a non essere esigenti nelle condizioni di accettazione dei nuovi soci e conseguentemente ad una scarsa efficacia delle iniziative avviate e a bassi costi di partecipazione, con conseguenti poche risorse per l’offerta di servizi. Dal lato degli associati il vero problema è riconducibile alla cultura aziendale delle imprese associate; la catena viene vista come un’opportunità di maggiore presenza sul mercato, ma non come uno strumento attraverso il quale perseguire una maggiore economicità. Il paper considererà alcune linee di intervento per favorire una politica di aggregazione tra gli operatori alberghieri.

Voluntary chains as a way of increasing the productivity of hotel: success and difficulties

MACCHIAVELLI, Andrea
2004-01-01

Abstract

Nei paesi turistici tradizionali, quale è l’Italia, il sistema alberghiero si presenta molto frammentato e a gestione prevalentemente famigliare: la dimensione media alberghiera in Italia è di soli 57 letti e solo il 18% delle imprese è gestito da società di capitali. I limiti di questa situazione sono riconducibili a quattro nodi critici: a. Il controllo del mercato, estremamente difficile e costoso in un contesto di grande ampliamento dei mercati; b. Il rapporto con l’intermediazione organizzata, che esige dimensioni maggiori e standard di qualità internazionali; c. L’elevata incidenza dei costi fissi, che rendono difficile il contenimento dei prezzi e perciò la competitività aziendale; d. La garanzia di qualità, che è nelle imprese autonome non stimolata da controlli esterni. 2. Le catene alberghiere volontarie possono costituire una soluzione, almeno parziale ad alcuni di questi problemi. Dalla fine degli anni ’90 vi è stata in Italia una certa diffusione di catene volontarie, ma a distanza di oltre un decennio non si può parlare di vero e proprio successo. Quali i problemi? quali i limiti? La catena volontaria si differenzia dalla catena “corporate” sostanzialmente nel potere decisionale che incorpora: mentre nella catena “corporate” il potere decisionale è concentrato nella struttura centrale, nelle catene volontarie rimane saldamente nella gestione alberghiera individuale.Ciò limita l’efficacia dell’azione della catena, la cui azione, nell’esperienza italiana, è sostanzialmente limitata all’attività “ a valle” del processo di produzione. Così la catena volontaria ha prodotto: • efficaci risultati nelle politiche di marketing, di immagine e di commercializzazione; • modesti risultati nelle politiche di controllo della qualità; • risultati molto scarsi negli effetti economici della gestione aziendale. 3. Le ragioni dei modesti risultati possono essere ricondotti alla non disponibilità da parte dei proprietari alberghieri a: • Accettare un controllo di qualità, che, nel caso della catena volontaria, viene svolto indirettamente dai propri soci-concorrenti; • Accettare la riduzione del proprio potere decisionale, attraverso iniziative svolte in cooperazione. In particolare, per avere risultati efficaci in termini economici è necessario sviluppare iniziative che favoriscano il formarsi di economie di scala e il trasferimento di costi fissi in costi variabili. Ciò potrebbe avvenire attraverso: • Acquisti comuni • Servizi comuni gestiti da strutture esterne (pulizia, lavanderia, contabilità ecc.) • Scambio di personale tra le strutture associate; • Investimenti comuni (nel caso di catene territoriali) Su questo tipo di interventi i casi sono in Italia ancora molto limitati. 4. Le politiche di sostegno e di sviluppo delle catene volontarie, non sono di facile realizzazione. Da un lato, le catene hanno bisogno di soci per poter crescere e garantire servizi agli associati: ciò porta a non essere esigenti nelle condizioni di accettazione dei nuovi soci e conseguentemente ad una scarsa efficacia delle iniziative avviate e a bassi costi di partecipazione, con conseguenti poche risorse per l’offerta di servizi. Dal lato degli associati il vero problema è riconducibile alla cultura aziendale delle imprese associate; la catena viene vista come un’opportunità di maggiore presenza sul mercato, ma non come uno strumento attraverso il quale perseguire una maggiore economicità. Il paper considererà alcune linee di intervento per favorire una politica di aggregazione tra gli operatori alberghieri.
book chapter - capitolo di libro
2004
Macchiavelli, Andrea
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