Esiste nella letteratura una lunga tradizione di geografie del confine, inteso come luogo dell’ombra, dell’inquietudine, delle apparizioni di fantasmi. Le mura sono state tradizionalmente emblemi della presenza umana (Leopardi, Dialogo della terra e della luna) e hanno segnato, fino all’epoca risorgimentale, i limiti della civiltà opposta alla barbarie. I bastioni avvolti dalla notte sono stati spesso, nell’universo letterario, teatro dell’incontro con l’Altro: Shakespeare vi colloca la scena in cui Amleto vede il fantasma del padre, Tarchetti ambienta sotto le mura di Porta Tenaglia una tenebrosa storia di sventure e di rispecchiamenti (I fatali), Capuana dipinge l’atto di profanazione dei bastioni come la violazione di un tabù sociale. Abitare – scrive Heidegger – significa stare in pace in un luogo protetto, ma le mura che difendono la città sembrano incarnare il rovescio del senso di sicurezza derivato dal sentirsi chiusi dentro uno spazio ben difeso. La vista dei bastioni, il contatto con la materia allo stesso tempo solida e fatiscente delle mura, prelude al rigalleggiamento di memorie sopite e immette nei territori dell’indifferenziazione e della perdita di identità (Calvino, Un re in ascolto): la geografia dell’età postmoderna, che sembra tendere verso l’abolizione dei confini, sente più intensamente che in passato il dissidio fra identità e alterità, dando vita a quelle che Virilio ha definito efficacemente città panico.

(2012). Fantasmi all'ombra dei bastioni. I confini delle città di carta [conference presentation - intervento a convegno]. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/29233

Fantasmi all'ombra dei bastioni. I confini delle città di carta

PALMIERI, Nunzia
2012-01-01

Abstract

Esiste nella letteratura una lunga tradizione di geografie del confine, inteso come luogo dell’ombra, dell’inquietudine, delle apparizioni di fantasmi. Le mura sono state tradizionalmente emblemi della presenza umana (Leopardi, Dialogo della terra e della luna) e hanno segnato, fino all’epoca risorgimentale, i limiti della civiltà opposta alla barbarie. I bastioni avvolti dalla notte sono stati spesso, nell’universo letterario, teatro dell’incontro con l’Altro: Shakespeare vi colloca la scena in cui Amleto vede il fantasma del padre, Tarchetti ambienta sotto le mura di Porta Tenaglia una tenebrosa storia di sventure e di rispecchiamenti (I fatali), Capuana dipinge l’atto di profanazione dei bastioni come la violazione di un tabù sociale. Abitare – scrive Heidegger – significa stare in pace in un luogo protetto, ma le mura che difendono la città sembrano incarnare il rovescio del senso di sicurezza derivato dal sentirsi chiusi dentro uno spazio ben difeso. La vista dei bastioni, il contatto con la materia allo stesso tempo solida e fatiscente delle mura, prelude al rigalleggiamento di memorie sopite e immette nei territori dell’indifferenziazione e della perdita di identità (Calvino, Un re in ascolto): la geografia dell’età postmoderna, che sembra tendere verso l’abolizione dei confini, sente più intensamente che in passato il dissidio fra identità e alterità, dando vita a quelle che Virilio ha definito efficacemente città panico.
2012
Palmieri, Nunzia
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