Il saggio è la rielaborazione di un intervento presentato nel 2011 all’Università della Tuscia (Viterbo) nell’ambito delle giornate di studio “Vincitori e Vinti: continuità, trasformazione, nuove identità nella scena culturale britannica e tedesca degli anni ’50”. L’intervento voleva riflettere sulla costruzione dell’identità culturale britannica nel decennio successivo alla seconda guerra mondiale, con specifico riferimento all’immaginario nucleare. La prima parte del saggio prende in esame fonti storiografiche e documentali di varia natura, a testimonianza della centralità e dell’onnipresenza della tematica atomica. Del nucleare vengono discussi diversi aspetti, spesso apertamente contraddittori: impiego militare e uso civile, dati scientifici e risvolti diplomatici, coesione propagandistica e fobie collettive. Particolare attenzione viene dedicata alla campagna per il disarmo nucleare (Campaign for Nuclear Disarmament), a detta di molti il primo moderno movimento di massa della storia britannica e occidentale; un movimento che deve il suo straordinario potere aggregativo, come pure la sua sostanziale inefficacia fattuale, alla dominante discorsiva da cui è caratterizzato. Il primato della discorsività è, come argomentiamo in questo saggio, uno specifico portato della cultura britannica postbellica: abilissima nell’arte dell’argomentazione e, non a caso, molto più interessata ad articolare la protesta che a metterla in atto, quella cultura ha fatto della minaccia nucleare una risorsa utile anzi, per meglio dire, indispensabile al sostentamento dello stesso ordine precario di cui si paventa l’estinzione. Più che foriera di cambiamenti epocali, l’immagine della bomba atomica è, a suo modo, garante di senso, come mostra la seconda parte del saggio, dedicata all’analisi del romanzo post-apocalittico “The Day of the Triffids” di David Wyndham (1951). La catastrofe, qui rappresentata da una cecità endemica aggravata dall’avvento di deambulanti piante assassine – entrambe figurativamente riconducibili agli spettri dell’apocalisse atomica – richiederebbe un drastico ripensamento dell’esistente. Tutte le nuove modalità di convivenza sociale messe in atto per tamponare l’emergenza si configurano però, più che come soluzioni praticabili, come ipotesi narrative volte ad attribuire un significato, necessariamente parziale e provvisorio, all’esperienza del disastro. Nell’era atomica il cataclisma è, dunque, una esperienza ermeneutica e comunicativa, più che trasformativa; la minaccia nucleare viene inglobata da un universo discorsivo che enuncia e, al contempo, sembra spesso esaurire le forme della protesta, portando in superficie le ansie di un’epoca ricca di contrasti e di contraddizioni.

(2013). Il nucleare negli anni '50: storia, discorso, narrazione e mito [conference presentation - intervento a convegno]. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/30187

Il nucleare negli anni '50: storia, discorso, narrazione e mito

GUIDOTTI, Francesca
2013-01-01

Abstract

Il saggio è la rielaborazione di un intervento presentato nel 2011 all’Università della Tuscia (Viterbo) nell’ambito delle giornate di studio “Vincitori e Vinti: continuità, trasformazione, nuove identità nella scena culturale britannica e tedesca degli anni ’50”. L’intervento voleva riflettere sulla costruzione dell’identità culturale britannica nel decennio successivo alla seconda guerra mondiale, con specifico riferimento all’immaginario nucleare. La prima parte del saggio prende in esame fonti storiografiche e documentali di varia natura, a testimonianza della centralità e dell’onnipresenza della tematica atomica. Del nucleare vengono discussi diversi aspetti, spesso apertamente contraddittori: impiego militare e uso civile, dati scientifici e risvolti diplomatici, coesione propagandistica e fobie collettive. Particolare attenzione viene dedicata alla campagna per il disarmo nucleare (Campaign for Nuclear Disarmament), a detta di molti il primo moderno movimento di massa della storia britannica e occidentale; un movimento che deve il suo straordinario potere aggregativo, come pure la sua sostanziale inefficacia fattuale, alla dominante discorsiva da cui è caratterizzato. Il primato della discorsività è, come argomentiamo in questo saggio, uno specifico portato della cultura britannica postbellica: abilissima nell’arte dell’argomentazione e, non a caso, molto più interessata ad articolare la protesta che a metterla in atto, quella cultura ha fatto della minaccia nucleare una risorsa utile anzi, per meglio dire, indispensabile al sostentamento dello stesso ordine precario di cui si paventa l’estinzione. Più che foriera di cambiamenti epocali, l’immagine della bomba atomica è, a suo modo, garante di senso, come mostra la seconda parte del saggio, dedicata all’analisi del romanzo post-apocalittico “The Day of the Triffids” di David Wyndham (1951). La catastrofe, qui rappresentata da una cecità endemica aggravata dall’avvento di deambulanti piante assassine – entrambe figurativamente riconducibili agli spettri dell’apocalisse atomica – richiederebbe un drastico ripensamento dell’esistente. Tutte le nuove modalità di convivenza sociale messe in atto per tamponare l’emergenza si configurano però, più che come soluzioni praticabili, come ipotesi narrative volte ad attribuire un significato, necessariamente parziale e provvisorio, all’esperienza del disastro. Nell’era atomica il cataclisma è, dunque, una esperienza ermeneutica e comunicativa, più che trasformativa; la minaccia nucleare viene inglobata da un universo discorsivo che enuncia e, al contempo, sembra spesso esaurire le forme della protesta, portando in superficie le ansie di un’epoca ricca di contrasti e di contraddizioni.
2013
Guidotti, Francesca
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