The aim of this paper is to look at a theme which has been much analysed in Women’s Studies and elsewhere: motherhood. There has been a return to viewing motherhood as an experience with obvious biological foundations but above all as a social construct which patriarchal societies have used to control women. Specifically, we give a voice to ‘non-mothers’, who are still today seen as surprising, as somehow anomalous, strange, even threatening. Noting that motherhood rhetoric and cultural pressures – still very much a feature of Italian life – have not sufficed to reverse a demographic trend, we explore the category of ‘care’. The idea is that questioning the intrinsically feminine nature of caring as exalted in motherhood, gives us the chance to construct a ‘culture of care and conviviality’ on the basis of their shared role as ‘sons and daughters’. Shared origins on which to build new, non-hierarchical, sharing relationships.

L'obiettivo del saggio è quello di affrontare una tematica da tempo cara al femminismo internazionale, oltre che quello italiano: la maternità/essere madri. Alla luce del cosiddetto ‘gender backlasch’, si torna a ragionare sulla maternità come esperienza con un suo fondamento nella biologia femminile, ma soprattutto come costrutto sociale attraverso il quale, forse più di altri, il patriarcato ha esercitato il controllo sulle donne. L’obiettivo è quello di riattivare la coscienza di quanto la possibilità procreativa, anche nella modernità, possa essere veicolata dal contesto sociale e vissuta dalle singole donne come un destino e non, piuttosto, come una potenzialità che deve tradursi in scelta reale e consapevole. Nello specifico, si cerca di ascoltare anche la voce delle ‘non madri’, cioè di coloro che per necessità o volontà si sono trovate o si trovano a vivere esperienze altre, un po’ sorprendentemente oggi – così come nelle generazioni precedenti – viste ancora come qualcosa di anomalo, di strano, di minaccioso forse. Come se, appunto, la maternità non possa che essere un destino ineluttabile. Attraverso la categoria della ‘cura’, inoltre, s’indaga la nascita non dal punto di vista della madre, ma da quello delle figli e delle figlie: come esseri umani siamo tutti/e accomunati da una medesima origine, il venire alla luce attraverso un corpo di donna, sperimentando relazione, fragilità, dipendenza. Un legame con un’alterità che diviene fondativa del nostro stesso essere e che può diventare orizzonte comune per nuove condivisioni vitali, ma anche per nuovi discorsi sociali. Al fine di trovare, nel riconoscimento della generatività che ci mette al mondo, motivazioni e slanci per altre generatività. Origini comuni per costruire anche nuove relazioni, non gerarchiche, ma mutuali, tra donne e uomini, tra logos ed eros, tra umanità e mondo della natura.

(2015). Motherhood and care: (still) women’s destiny? [journal article - articolo]. In AG-ABOUT GENDER. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/51148

Motherhood and care: (still) women’s destiny?

OTTAVIANO, Cristiana
2015-01-01

Abstract

The aim of this paper is to look at a theme which has been much analysed in Women’s Studies and elsewhere: motherhood. There has been a return to viewing motherhood as an experience with obvious biological foundations but above all as a social construct which patriarchal societies have used to control women. Specifically, we give a voice to ‘non-mothers’, who are still today seen as surprising, as somehow anomalous, strange, even threatening. Noting that motherhood rhetoric and cultural pressures – still very much a feature of Italian life – have not sufficed to reverse a demographic trend, we explore the category of ‘care’. The idea is that questioning the intrinsically feminine nature of caring as exalted in motherhood, gives us the chance to construct a ‘culture of care and conviviality’ on the basis of their shared role as ‘sons and daughters’. Shared origins on which to build new, non-hierarchical, sharing relationships.
journal article - articolo
2015
L'obiettivo del saggio è quello di affrontare una tematica da tempo cara al femminismo internazionale, oltre che quello italiano: la maternità/essere madri. Alla luce del cosiddetto ‘gender backlasch’, si torna a ragionare sulla maternità come esperienza con un suo fondamento nella biologia femminile, ma soprattutto come costrutto sociale attraverso il quale, forse più di altri, il patriarcato ha esercitato il controllo sulle donne. L’obiettivo è quello di riattivare la coscienza di quanto la possibilità procreativa, anche nella modernità, possa essere veicolata dal contesto sociale e vissuta dalle singole donne come un destino e non, piuttosto, come una potenzialità che deve tradursi in scelta reale e consapevole. Nello specifico, si cerca di ascoltare anche la voce delle ‘non madri’, cioè di coloro che per necessità o volontà si sono trovate o si trovano a vivere esperienze altre, un po’ sorprendentemente oggi – così come nelle generazioni precedenti – viste ancora come qualcosa di anomalo, di strano, di minaccioso forse. Come se, appunto, la maternità non possa che essere un destino ineluttabile. Attraverso la categoria della ‘cura’, inoltre, s’indaga la nascita non dal punto di vista della madre, ma da quello delle figli e delle figlie: come esseri umani siamo tutti/e accomunati da una medesima origine, il venire alla luce attraverso un corpo di donna, sperimentando relazione, fragilità, dipendenza. Un legame con un’alterità che diviene fondativa del nostro stesso essere e che può diventare orizzonte comune per nuove condivisioni vitali, ma anche per nuovi discorsi sociali. Al fine di trovare, nel riconoscimento della generatività che ci mette al mondo, motivazioni e slanci per altre generatività. Origini comuni per costruire anche nuove relazioni, non gerarchiche, ma mutuali, tra donne e uomini, tra logos ed eros, tra umanità e mondo della natura.
Ottaviano, Cristiana
(2015). Motherhood and care: (still) women’s destiny? [journal article - articolo]. In AG-ABOUT GENDER. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/51148
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