Genesi e struttura della società, saggio di filosofia pratica, di là dalle sue dimensioni, è tutt’altro che un’opera di facile lettura e di immediata comprensione: pur nella sua mole esile è dotata infatti di un amplissimo respiro interno, il quale tocca tutti i punti salienti dell’Opera gentiliana ad essa precedente. Viepù in tale saggio v’è un quid “nuovo”. Partendo dall’Avvertenza preposta dall’autore, contrariamente a quanto annoverato nella nota dell’editore, e con l’ausilio del materiale inedito vergato da Gentile negli anni che separano la stesura de La filosofia dell’arte (1931) al Saggio postumo (1943-46), è possibile infatti ricostruire una genesi interna dei temi propri alla fase tarda dell’attualismo gentiliano così da osservare l’intima struttura e l’articolazione di ciò che il filosofo di Castelvetrano annuncia come “nuovo”. A tergo dell’analisi ‘comparata’ fra manoscritto, dattiloscritto, frammenti inediti e versione stampa, la proposta interpretativa qui presentata prende dunque il via dallo statuto gentiliano del senso, così come formulato nel 1931, trovando lo stesso γίγνομαι della società nell’architettonica delle dialettiche del sentimento e dell’individuo, riversantesi in una logica dell’azione quale processo della società trascendentale nel testo del 1943. Il riassestamento dato all’attualismo nell’anteposizione di un’ulteriore dialettica alla sintesi originaria dell’atto del pensiero, comporta però una problematica resa attuale dell’inattuale, finendo per far collassare il divenire processuale dello spirito dinnanzi all’alterità in almeno tre punti: in primo luogo, nel tentativo di superare il solipsismo, con una teoria dell’alter di tipo sub-obiettivo, in secondo luogo con un indifferenziato misticismo nel tentativo di rovesciare l’atto della guerra dalla sua connotazione di a-dialettico atto di annichilimento. In terzo luogo, la metafisicizzazione del particolare comporta, nel caso del dolore, la reificazione della morte quale nulla presente nell’eterno dissolvimento della società trascendentale per cui è l’io stesso che può morire, rendendo dunque del tutto superfluo ogni tentativo di eternare dantescamente il soggetto. Nella sua più grande sfida, ovverosia nello statuire la concreta realtà dell’altro, il tardo monismo attualistico, nel suo intimo nucleo, perde dunque la sua monolitica coerenza interna dissolvendosi in una successione di aporie.
(2019). La filosofia pratica di Giovanni Gentile (1931-1943) [doctoral thesis - tesi di dottorato]. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/128669
La filosofia pratica di Giovanni Gentile (1931-1943)
Sensi, Tiziano
2019-06-05
Abstract
Genesi e struttura della società, saggio di filosofia pratica, di là dalle sue dimensioni, è tutt’altro che un’opera di facile lettura e di immediata comprensione: pur nella sua mole esile è dotata infatti di un amplissimo respiro interno, il quale tocca tutti i punti salienti dell’Opera gentiliana ad essa precedente. Viepù in tale saggio v’è un quid “nuovo”. Partendo dall’Avvertenza preposta dall’autore, contrariamente a quanto annoverato nella nota dell’editore, e con l’ausilio del materiale inedito vergato da Gentile negli anni che separano la stesura de La filosofia dell’arte (1931) al Saggio postumo (1943-46), è possibile infatti ricostruire una genesi interna dei temi propri alla fase tarda dell’attualismo gentiliano così da osservare l’intima struttura e l’articolazione di ciò che il filosofo di Castelvetrano annuncia come “nuovo”. A tergo dell’analisi ‘comparata’ fra manoscritto, dattiloscritto, frammenti inediti e versione stampa, la proposta interpretativa qui presentata prende dunque il via dallo statuto gentiliano del senso, così come formulato nel 1931, trovando lo stesso γίγνομαι della società nell’architettonica delle dialettiche del sentimento e dell’individuo, riversantesi in una logica dell’azione quale processo della società trascendentale nel testo del 1943. Il riassestamento dato all’attualismo nell’anteposizione di un’ulteriore dialettica alla sintesi originaria dell’atto del pensiero, comporta però una problematica resa attuale dell’inattuale, finendo per far collassare il divenire processuale dello spirito dinnanzi all’alterità in almeno tre punti: in primo luogo, nel tentativo di superare il solipsismo, con una teoria dell’alter di tipo sub-obiettivo, in secondo luogo con un indifferenziato misticismo nel tentativo di rovesciare l’atto della guerra dalla sua connotazione di a-dialettico atto di annichilimento. In terzo luogo, la metafisicizzazione del particolare comporta, nel caso del dolore, la reificazione della morte quale nulla presente nell’eterno dissolvimento della società trascendentale per cui è l’io stesso che può morire, rendendo dunque del tutto superfluo ogni tentativo di eternare dantescamente il soggetto. Nella sua più grande sfida, ovverosia nello statuire la concreta realtà dell’altro, il tardo monismo attualistico, nel suo intimo nucleo, perde dunque la sua monolitica coerenza interna dissolvendosi in una successione di aporie.File | Dimensione del file | Formato | |
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