Il diritto internazionale generale non impone né vieta alle autorità fiscali di uno Stato di collaborare all’attuazione del credito tributario di un altro Stato; le ragioni del rifiuto di prestare assistenza in materia fiscale, seppure condivise dalla maggior parte dei Paesi, devono rintracciarsi nell’ambito del diritto interno, trattandosi di limitazioni che gli Stati, con un comportamento internazionalmente lecito, liberamente imprimono al modo di essere dei loro sistemi giuridici, per la tutela di un interesse proprio. In questo contesto, contro l’impostazione secondo cui la decisione di dare attuazione ad una richiesta straniera di assistenza consentirebbe al Paese richiedente di esercitare in via diretta la potestà tributaria e, quindi, la sovranità nel territorio dello Stato richiesto si è obiettato che tramite la proposizione dell’azione volta ad ottenere la tutela del proprio credito tributario il Paese straniero si limita a domandare la condanna di un privato che sostiene essere suo debitore. E ciò non può in alcun modo comportare una violazione del diritto internazionale generale e, in particolare, dell’altrui sovranità. Il credito tributario potrà quindi essere oggetto di tutela, nella misura in cui il Paese richiesto sia disposto a prestare assistenza ai fini dell’attuazione di un atto straniero di imposizione, e sempre che tale atto non sia in contrasto con i principi di ordine pubblico del foro (ad esempio, nel caso in cui l’atto straniero di imposizione dissimuli una misura punitiva o discriminatoria nei confronti dei soggetti verso cui è indirizzato). Peraltro, in seguito alla liberalizzazione delle attività economiche, la cooperazione si rivela indispensabile tutte le volte in cui una determinata fattispecie tributaria coinvolga interessi facenti capo a ordinamenti giuridici differenti, che i singoli Stati autonomamente non sarebbero in grado di realizzare. Di regola, detta collaborazione fra gli Stati si realizza tramite la conclusione di trattati contro le doppie imposizioni, ovvero di convenzioni specificamente dirette a regolare la collaborazione tra Paese richiedente e Paese richiesto. Grazie all’intensa attività svolta dalle Nazioni Unite e dall’OCSE, nonché dal Consiglio d’Europa e dalla Comunità europea al fine di ridurre i fenomeni della doppia imposizione e dell’evasione internazionale, la maggior parte dei Paesi modellano le regole in materia di cooperazione tributaria internazionale sulla base di “clausole – tipo”. Fra queste, una particolare rilevanza ai fini della presente indagine hanno le clausole concernenti lo scambio di informazioni contenute nei Modelli OCSE ed ONU di convenzioni contro le doppie imposizioni, disciplinate all’articolo 26 di entrambi i Modelli. Lo scambio di informazioni costituisce, infatti, una fra le principali forme di cooperazione internazionale in materia fiscale, attraverso cui procedere all’accertamento dei fatti tributari collegati con più ordinamenti, al fine di combattere fenomeni quali l’evasione e l’elusione fiscale internazionale. E, oltre che nelle convenzioni contro la doppia imposizione, l’articolo 26 dei Modelli OCSE ed ONU in materia di scambio di informazioni è stato ripreso ed intergrato nell’ambito degli specifici strumenti normativi sia di diritto internazionale sia di diritto comunitario specificamente diretti a realizzare la collaborazione internazionale in materia fiscale. La monografia in oggetto si propone di approfondire le tematiche appena evocate, prendendo in considerazioni le origini della cooperazione internazionale in materia tributaria nonché lo scambio di informazioni nell’ambito dei Modelli adottati in sede OCSE ed ONU, nelle convenzioni multilaterali (in particolare nell’ambito della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1988); e, infine, nell’ambito del diritto comunitario.
La cooperazione internazionale nello scambio di informazioni. Il caso dello scambio di informazioni in materia tributaria
PERSANO, Federica
2006-01-01
Abstract
Il diritto internazionale generale non impone né vieta alle autorità fiscali di uno Stato di collaborare all’attuazione del credito tributario di un altro Stato; le ragioni del rifiuto di prestare assistenza in materia fiscale, seppure condivise dalla maggior parte dei Paesi, devono rintracciarsi nell’ambito del diritto interno, trattandosi di limitazioni che gli Stati, con un comportamento internazionalmente lecito, liberamente imprimono al modo di essere dei loro sistemi giuridici, per la tutela di un interesse proprio. In questo contesto, contro l’impostazione secondo cui la decisione di dare attuazione ad una richiesta straniera di assistenza consentirebbe al Paese richiedente di esercitare in via diretta la potestà tributaria e, quindi, la sovranità nel territorio dello Stato richiesto si è obiettato che tramite la proposizione dell’azione volta ad ottenere la tutela del proprio credito tributario il Paese straniero si limita a domandare la condanna di un privato che sostiene essere suo debitore. E ciò non può in alcun modo comportare una violazione del diritto internazionale generale e, in particolare, dell’altrui sovranità. Il credito tributario potrà quindi essere oggetto di tutela, nella misura in cui il Paese richiesto sia disposto a prestare assistenza ai fini dell’attuazione di un atto straniero di imposizione, e sempre che tale atto non sia in contrasto con i principi di ordine pubblico del foro (ad esempio, nel caso in cui l’atto straniero di imposizione dissimuli una misura punitiva o discriminatoria nei confronti dei soggetti verso cui è indirizzato). Peraltro, in seguito alla liberalizzazione delle attività economiche, la cooperazione si rivela indispensabile tutte le volte in cui una determinata fattispecie tributaria coinvolga interessi facenti capo a ordinamenti giuridici differenti, che i singoli Stati autonomamente non sarebbero in grado di realizzare. Di regola, detta collaborazione fra gli Stati si realizza tramite la conclusione di trattati contro le doppie imposizioni, ovvero di convenzioni specificamente dirette a regolare la collaborazione tra Paese richiedente e Paese richiesto. Grazie all’intensa attività svolta dalle Nazioni Unite e dall’OCSE, nonché dal Consiglio d’Europa e dalla Comunità europea al fine di ridurre i fenomeni della doppia imposizione e dell’evasione internazionale, la maggior parte dei Paesi modellano le regole in materia di cooperazione tributaria internazionale sulla base di “clausole – tipo”. Fra queste, una particolare rilevanza ai fini della presente indagine hanno le clausole concernenti lo scambio di informazioni contenute nei Modelli OCSE ed ONU di convenzioni contro le doppie imposizioni, disciplinate all’articolo 26 di entrambi i Modelli. Lo scambio di informazioni costituisce, infatti, una fra le principali forme di cooperazione internazionale in materia fiscale, attraverso cui procedere all’accertamento dei fatti tributari collegati con più ordinamenti, al fine di combattere fenomeni quali l’evasione e l’elusione fiscale internazionale. E, oltre che nelle convenzioni contro la doppia imposizione, l’articolo 26 dei Modelli OCSE ed ONU in materia di scambio di informazioni è stato ripreso ed intergrato nell’ambito degli specifici strumenti normativi sia di diritto internazionale sia di diritto comunitario specificamente diretti a realizzare la collaborazione internazionale in materia fiscale. La monografia in oggetto si propone di approfondire le tematiche appena evocate, prendendo in considerazioni le origini della cooperazione internazionale in materia tributaria nonché lo scambio di informazioni nell’ambito dei Modelli adottati in sede OCSE ed ONU, nelle convenzioni multilaterali (in particolare nell’ambito della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1988); e, infine, nell’ambito del diritto comunitario.Pubblicazioni consigliate
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