Fin dalla sua comparsa nell’ambito delle scienze sociali ad opera di M. Halbwachs, la nozione di memoria collettiva è sempre apparsa problematica: concetto polisemico, complesso e multidimensionale che, poiché significa troppo, rischia di non significare più nulla. Tuttavia, esiste e diamo per scontata l’idea che i membri delle collettività condividano dei ricordi. Diamo per scontato anche che questi ricordi abbiano un qualche significato per coloro che li elaborano, fosse anche il semplice, quanto semplicistico dovere di memoria. L’idea di una memoria collettiva, intesa non tanto nel senso di memoria della società che ricorda al pari del cervello e della coscienza individuali, quanto nel senso che è possibile rintracciare complessi di ricordi collettivi e condivisi che i membri delle collettività ricostruiscono sulla base delle istanze del presente e in funzione dei loro progetti futuri, ci appare naturale. Ma, come agisce? Cosa significa che i gruppi ricostruiscono il loro passato sulla base delle istanze del presente e in funzione del progetto futuro? Per comprendere come e perché la memoria operi nel presente delle collettività occorre osservare come essa viene esperita e attivata dagli individui e dai gruppi. Le pratiche della memoria costituiscono, in questo senso, specifici modi di trasformare il passato in presente che dura. Come i quadri sociali di significato organizzano i ricordi individuali in memoria collettiva, così i frames delle diverse pratiche organizzano l’esperienza sociale del ricordo. L’enigma della memoria collettiva sembra, così, risolversi e acquisire concretezza. Da metafora, la memoria collettiva si fa performance culturale: potente caleidoscopio di processi culturali per guardare al futuro attraverso il passato.

(2010). L'esperienza del ricordo. Dalle pratiche alla performance della memoria collettiva . Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/196212

L'esperienza del ricordo. Dalle pratiche alla performance della memoria collettiva

Migliorati, Lorenzo
2010-01-01

Abstract

Fin dalla sua comparsa nell’ambito delle scienze sociali ad opera di M. Halbwachs, la nozione di memoria collettiva è sempre apparsa problematica: concetto polisemico, complesso e multidimensionale che, poiché significa troppo, rischia di non significare più nulla. Tuttavia, esiste e diamo per scontata l’idea che i membri delle collettività condividano dei ricordi. Diamo per scontato anche che questi ricordi abbiano un qualche significato per coloro che li elaborano, fosse anche il semplice, quanto semplicistico dovere di memoria. L’idea di una memoria collettiva, intesa non tanto nel senso di memoria della società che ricorda al pari del cervello e della coscienza individuali, quanto nel senso che è possibile rintracciare complessi di ricordi collettivi e condivisi che i membri delle collettività ricostruiscono sulla base delle istanze del presente e in funzione dei loro progetti futuri, ci appare naturale. Ma, come agisce? Cosa significa che i gruppi ricostruiscono il loro passato sulla base delle istanze del presente e in funzione del progetto futuro? Per comprendere come e perché la memoria operi nel presente delle collettività occorre osservare come essa viene esperita e attivata dagli individui e dai gruppi. Le pratiche della memoria costituiscono, in questo senso, specifici modi di trasformare il passato in presente che dura. Come i quadri sociali di significato organizzano i ricordi individuali in memoria collettiva, così i frames delle diverse pratiche organizzano l’esperienza sociale del ricordo. L’enigma della memoria collettiva sembra, così, risolversi e acquisire concretezza. Da metafora, la memoria collettiva si fa performance culturale: potente caleidoscopio di processi culturali per guardare al futuro attraverso il passato.
2010
Migliorati, Lorenzo
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