La Costituzione del 1948, ma a maggior ragione la revisione del Titolo V della Costituzione varata nel 2001, prevedevano un sistema educativo nazionale di istruzione e di formazione molto diverso da quello che abbiamo. Come �?? potuto capitare che proprio chi si �?? atteggiato e si atteggia a strenuo custode e indomito difensore della Costituzione l'abbia, invece, disinvoltamente sempre aggirata, quando non tradita, nel campo della scuola? Come �?? potuto capitare che un sistema educativo che doveva essere basato sulla valorizzazione delle autonomie locali, da un lato, e dell'autonomia di tutte le «formazioni sociali» previste nella prima parte della Costituzione, tra cui quella fondamentale delle scuole, dall'altro lato, si ritrovi, al contrario, ancora oggi, ad essere il sistema più statalistico e centralistico del mondo e ad aver «concesso» alle scuole un'autonomia soltanto «funzionale», aggettivo fervidamente inventato dai burocrati ministeriali e dagli esperti del diritto amministrativo che li sostengono solo per negare l'«autonomia» senza aggettivi di cui parla l'art. 5 della Costituzione? Come �?? potuto capitare che l'unica legge, la n. 53/03, che, peraltro timidamente, tra affermazioni e ritrattazioni, tra litoti e allusioni, ha tentato di incamminarsi nella direzione volta ad attuare il dettato del testo costituzionale sia stata decostruita e subito ricondotta alle antiche abitudini della Costituzione materiale? Forse perché l'animo umano �?? conservatore per paura, ed �?? per questo disposto a dichiarare «progressista» perfino la conservazione del peggiore passato, quando vi si �?? ormai abituato? Forse perché, per recuperare un giudizio del maggiore costituzionalista inglese dell'Ottocento, Walter Bagehot, alla «stupidità deferente» (deferential stupidity) che tutti dovrebbero maturare nei confronti di un testo costituzionale si �?? invece sostituita un'arrogante «ignoranza armata» che rappresenta un perfetto esempio di prevalenza degli interessi partitici e sindacali su quelli generali e costituzionali? Forse perché il testo costituzionale era semplicemente velleitario e non teneva conto delle reali forze sociali ed economiche in campo? Forse perché, in fondo, la scuola conta poco e le prediche di chi, in ogni mattinale, scrive con generosa ridondanza di golpismo costituzionale (per esempio sulla giustizia), in realtà rivendica con orgoglio il tradimento costituzionale che si �?? consumato e si continua a consumare sul sistema educativo nazionale di istruzione e di formazione? Il testo di Giuseppe Bertagna, Autonomia. Storia, bilancio e rilancio di un’idea, cerca di rispondere a questi interrogativi, tuttavia attenendosi al noto proverbio inglese che recita: «i gentiluomini parlano dei principi, la servitù delle persone». Questo per evitare sterili polemiche con noti maître à penser del mondo pedagogico e giuridico che potrebbero addirittura apparire personali. Il testo, inoltre, cerca di rispondere a questi interrogativi tenendo presente quanto diceva Keynes, tornato da poco di moda anche pressi i liberisti più incalliti: «la difficoltà non sta nelle idee nuove, ma nell'evadere dalle idee vecchie, le quali, per coloro che sono stati educati come lo �?? stata la maggioranza di noi, si ramificano in tutti gli angoli della mente».

Autonomia. Storia, bilancio e rilancio di un'idea

BERTAGNA, Giuseppe
2008-01-01

Abstract

La Costituzione del 1948, ma a maggior ragione la revisione del Titolo V della Costituzione varata nel 2001, prevedevano un sistema educativo nazionale di istruzione e di formazione molto diverso da quello che abbiamo. Come �?? potuto capitare che proprio chi si �?? atteggiato e si atteggia a strenuo custode e indomito difensore della Costituzione l'abbia, invece, disinvoltamente sempre aggirata, quando non tradita, nel campo della scuola? Come �?? potuto capitare che un sistema educativo che doveva essere basato sulla valorizzazione delle autonomie locali, da un lato, e dell'autonomia di tutte le «formazioni sociali» previste nella prima parte della Costituzione, tra cui quella fondamentale delle scuole, dall'altro lato, si ritrovi, al contrario, ancora oggi, ad essere il sistema più statalistico e centralistico del mondo e ad aver «concesso» alle scuole un'autonomia soltanto «funzionale», aggettivo fervidamente inventato dai burocrati ministeriali e dagli esperti del diritto amministrativo che li sostengono solo per negare l'«autonomia» senza aggettivi di cui parla l'art. 5 della Costituzione? Come �?? potuto capitare che l'unica legge, la n. 53/03, che, peraltro timidamente, tra affermazioni e ritrattazioni, tra litoti e allusioni, ha tentato di incamminarsi nella direzione volta ad attuare il dettato del testo costituzionale sia stata decostruita e subito ricondotta alle antiche abitudini della Costituzione materiale? Forse perché l'animo umano �?? conservatore per paura, ed �?? per questo disposto a dichiarare «progressista» perfino la conservazione del peggiore passato, quando vi si �?? ormai abituato? Forse perché, per recuperare un giudizio del maggiore costituzionalista inglese dell'Ottocento, Walter Bagehot, alla «stupidità deferente» (deferential stupidity) che tutti dovrebbero maturare nei confronti di un testo costituzionale si �?? invece sostituita un'arrogante «ignoranza armata» che rappresenta un perfetto esempio di prevalenza degli interessi partitici e sindacali su quelli generali e costituzionali? Forse perché il testo costituzionale era semplicemente velleitario e non teneva conto delle reali forze sociali ed economiche in campo? Forse perché, in fondo, la scuola conta poco e le prediche di chi, in ogni mattinale, scrive con generosa ridondanza di golpismo costituzionale (per esempio sulla giustizia), in realtà rivendica con orgoglio il tradimento costituzionale che si �?? consumato e si continua a consumare sul sistema educativo nazionale di istruzione e di formazione? Il testo di Giuseppe Bertagna, Autonomia. Storia, bilancio e rilancio di un’idea, cerca di rispondere a questi interrogativi, tuttavia attenendosi al noto proverbio inglese che recita: «i gentiluomini parlano dei principi, la servitù delle persone». Questo per evitare sterili polemiche con noti maître à penser del mondo pedagogico e giuridico che potrebbero addirittura apparire personali. Il testo, inoltre, cerca di rispondere a questi interrogativi tenendo presente quanto diceva Keynes, tornato da poco di moda anche pressi i liberisti più incalliti: «la difficoltà non sta nelle idee nuove, ma nell'evadere dalle idee vecchie, le quali, per coloro che sono stati educati come lo �?? stata la maggioranza di noi, si ramificano in tutti gli angoli della mente».
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2008
Bertagna, Giuseppe
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10446/21873
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