Ci sono generi umoristici in cui l’aggressività è sublimata al punto da non essere quasi più percepibile. Secondo Arthur Koestler, per una risata spontanea deve esserci anche una “goccia di adrenalina” verso cui scaricare quella aggressività: una vittima di cui si ride e nei confronti della quale l’umorista si sente superiore. E perché è vero che “non si ride mai da soli”, alla vittima devono contrapporsi un umorista e un complice. Partendo da queste regole: di chi, con chi, e soprattutto come ridevano i fascisti durante il Ventennio? Solitamente si identifica la risata fascista con lo sghignazzo che ispirava le spedizioni punitive contro i nemici socialisti all’epoca della presa del potere. Oppure con le vignette inequivocabilmente razziste già presenti nella pubblicistica (non solo fascista) degli anni venti e trenta, e rese ancora più oltraggiose dopo la promulgazione delle leggi razziali. Ma queste sono solo le manifestazioni più evidenti di una più diffusa complicità che, per l’intero Ventennio e forse oltre, funse da collante a una identità nazionale bisognosa di nemici da costruire, castigare e possibilmente abbattere senza l’interferenza di dubbi o inquietudini ulteriori. Il volume mira a comprendere su cosa si fonda quell’intima complicità tipica del Ventennio per analizzare gli aspetti non solo repressivi del consenso fascista.
(2022). La risata fascista. Quando si rideva per ristabilire l’ordine . Retrieved from https://hdl.handle.net/10446/235029
La risata fascista. Quando si rideva per ristabilire l’ordine
Pisanty, Valentina
2022-01-01
Abstract
Ci sono generi umoristici in cui l’aggressività è sublimata al punto da non essere quasi più percepibile. Secondo Arthur Koestler, per una risata spontanea deve esserci anche una “goccia di adrenalina” verso cui scaricare quella aggressività: una vittima di cui si ride e nei confronti della quale l’umorista si sente superiore. E perché è vero che “non si ride mai da soli”, alla vittima devono contrapporsi un umorista e un complice. Partendo da queste regole: di chi, con chi, e soprattutto come ridevano i fascisti durante il Ventennio? Solitamente si identifica la risata fascista con lo sghignazzo che ispirava le spedizioni punitive contro i nemici socialisti all’epoca della presa del potere. Oppure con le vignette inequivocabilmente razziste già presenti nella pubblicistica (non solo fascista) degli anni venti e trenta, e rese ancora più oltraggiose dopo la promulgazione delle leggi razziali. Ma queste sono solo le manifestazioni più evidenti di una più diffusa complicità che, per l’intero Ventennio e forse oltre, funse da collante a una identità nazionale bisognosa di nemici da costruire, castigare e possibilmente abbattere senza l’interferenza di dubbi o inquietudini ulteriori. Il volume mira a comprendere su cosa si fonda quell’intima complicità tipica del Ventennio per analizzare gli aspetti non solo repressivi del consenso fascista.File | Dimensione del file | Formato | |
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