La lotta alla corruzione, ed in particolare alla corruzione internazionale, negli ultimi decenni, ha subito un vero e proprio cambio di passo. Inizialmente, sotto l’impulso dei governi nazionali più attivi sul tema, si è a lungo promossa l’adozione di convenzioni internazionali per adeguare gli ordinamenti interni ad uno standard globale, uniforme ed efficace nella lotta alla corruzione. Tuttavia, a fronte dei risultati piuttosto deludenti, una nuova forma di lotta alla corruzione, e specialmente alla corruzione internazionale, ha cominciato ad avanzare all’inizio del nuovo millennio, per andare poi a consolidarsi nell’ultimo decennio: si tratta dell’adozione – fuori dai confini territoriali nazionali – di uno strumento legislativo che reprime, a livello universale, le condotte di corruzione internazionale. Tale strumento è il Foreign Corrupt Practices Act (1977), una legge approvata nel lontano 1977 dal Congresso americano che, dapprima, ha funto da modello guida per le carte internazionali e che, infine, si è rivelata uno strumento autonomo e piuttosto efficace di repressione della corruzione internazionale, su tutto il globo, con particolare attenzione nei confronti delle multinazionali. Dunque, dopo una prima fase, che possiamo ritenere conclusa intorno alla fine degli anni 2000, caratterizzata dal tentativo di esportare il modello americano, mediante lo strumento delle convenzioni internazionali, negli ultimi due decenni, un insolito attivismo ha caratterizzato l’azione del Department of Justice americano (DoJ) e della Securities and Exchange Commission (SEC), oltre i confini nazionali, per lo più nei confronti delle imprese multinazionali straniere. Sembra, in sostanza, abbandonato il tentativo di un vero e proprio legal transplant della normativa statunitense negli ordinamenti nazionali, attraverso gli strumenti convenzionali: si è passati, perciò, dall’imitazione del modello americano, alla sua applicazione diretta in tutto il mondo. Invero, come si vedrà, l’applicazione extra-territoriale del FCPA ha stimolato alcuni ordinamenti ad adottare, di recente, nuove norme interne in linea con la legge americana: è il caso, ad esempio, del Regno Unito con il Bribery Act (2010) e della Francia con la Loi Sapin II (2016), nel tentativo dichiarato di combattere più efficacemente il fenomeno della corruzione internazionale perpetrata dalle società multinazionali, ma con l’intento di rispondere efficacemente alla politica statunitense di “assedio” alle imprese straniere. L’intensa attività del DoJ, dal 2010 in avanti, ha dunque stimolato i governi stranieri a mettere mano alle disposizioni interne in materia, dando vita – quantomeno apparentemente – ad una nuova fase di legal transplant. Tuttavia, la lotta alla corruzione internazionale non si esaurisce nell’adozione di nuove regole, quanto piuttosto nella loro efficace applicazione: è per questo che, pure a fronte delle recenti riforme citate, alla prova dei numeri, gli Stati Uniti continuano a rimanere l’attore principale nella repressione del fenomeno corruttivo sul piano transnazionale, a tal punto da dare vita ad un nuovo framework globale di previsioni normative, procedure applicative, modelli organizzativi e compliance programs, cui le società multinazionali, anche europee, sembrano costrette ad adeguarsi. Il testo, perciò, prende in esame l’azione globale di contrasto alla corruzione internazionale nelle imprese multinazionali, tracciandone le differenze tra «law in the books» e «law in action», alla luce delle più recenti evoluzioni applicative. Precisamente, prenderà in considerazione tale nuovo legal framework, di matrice statunitense ma di portata universale, dopo aver accennato all’emersione del fenomeno corruttivo ed alla sua attuale consistenza, e dopo aver ripercorso il processo di criminalizzazione della corruzione internazionale. Lungo il percorso d’indagine, dapprima, l’analisi dei modelli convenzionali e, con essi, del legal transplant, dopodiché, l’esegesi del modello statunitense e della sua peculiare affermazione, consentiranno, da un lato di prendere atto del fallimento del primo tentativo di esportazione del FCPA mediante lo strumento della cooperazione internazionale ed il legal transplant, dall’altro di accertare l’esistenza di un quadro normativo esogeno rispetto all’ordinamento italiano di cui, però, non si può non tenere conto, anzitutto, per indicare le auspicate prospettive di riforma della legislazione italiana in materia di corruzione internazionale e di responsabilità delle persone giuridiche, ed in secondo luogo, al fine di fornire una indicazione precisa delle disposizioni di matrice statunitense cui le imprese multinazionali, anche se straniere, devono necessariamente attenersi per evitare le pesanti sanzioni inferte dal DoJ americano a tutti gli operatori economici internazionali. Al termine del percorso di analisi, in sintesi, potranno essere tracciate le implicazioni per le imprese e per gli Stati stranieri che derivano dall’applicazione universale del FCPA.

(2022). I modelli di contrasto alla corruzione internazionale. Prospettive di riforma del sistema penale e della responsabilità degli enti . Retrieved from https://hdl.handle.net/10446/239008

I modelli di contrasto alla corruzione internazionale. Prospettive di riforma del sistema penale e della responsabilità degli enti

Scollo, Luigi
2022-01-01

Abstract

La lotta alla corruzione, ed in particolare alla corruzione internazionale, negli ultimi decenni, ha subito un vero e proprio cambio di passo. Inizialmente, sotto l’impulso dei governi nazionali più attivi sul tema, si è a lungo promossa l’adozione di convenzioni internazionali per adeguare gli ordinamenti interni ad uno standard globale, uniforme ed efficace nella lotta alla corruzione. Tuttavia, a fronte dei risultati piuttosto deludenti, una nuova forma di lotta alla corruzione, e specialmente alla corruzione internazionale, ha cominciato ad avanzare all’inizio del nuovo millennio, per andare poi a consolidarsi nell’ultimo decennio: si tratta dell’adozione – fuori dai confini territoriali nazionali – di uno strumento legislativo che reprime, a livello universale, le condotte di corruzione internazionale. Tale strumento è il Foreign Corrupt Practices Act (1977), una legge approvata nel lontano 1977 dal Congresso americano che, dapprima, ha funto da modello guida per le carte internazionali e che, infine, si è rivelata uno strumento autonomo e piuttosto efficace di repressione della corruzione internazionale, su tutto il globo, con particolare attenzione nei confronti delle multinazionali. Dunque, dopo una prima fase, che possiamo ritenere conclusa intorno alla fine degli anni 2000, caratterizzata dal tentativo di esportare il modello americano, mediante lo strumento delle convenzioni internazionali, negli ultimi due decenni, un insolito attivismo ha caratterizzato l’azione del Department of Justice americano (DoJ) e della Securities and Exchange Commission (SEC), oltre i confini nazionali, per lo più nei confronti delle imprese multinazionali straniere. Sembra, in sostanza, abbandonato il tentativo di un vero e proprio legal transplant della normativa statunitense negli ordinamenti nazionali, attraverso gli strumenti convenzionali: si è passati, perciò, dall’imitazione del modello americano, alla sua applicazione diretta in tutto il mondo. Invero, come si vedrà, l’applicazione extra-territoriale del FCPA ha stimolato alcuni ordinamenti ad adottare, di recente, nuove norme interne in linea con la legge americana: è il caso, ad esempio, del Regno Unito con il Bribery Act (2010) e della Francia con la Loi Sapin II (2016), nel tentativo dichiarato di combattere più efficacemente il fenomeno della corruzione internazionale perpetrata dalle società multinazionali, ma con l’intento di rispondere efficacemente alla politica statunitense di “assedio” alle imprese straniere. L’intensa attività del DoJ, dal 2010 in avanti, ha dunque stimolato i governi stranieri a mettere mano alle disposizioni interne in materia, dando vita – quantomeno apparentemente – ad una nuova fase di legal transplant. Tuttavia, la lotta alla corruzione internazionale non si esaurisce nell’adozione di nuove regole, quanto piuttosto nella loro efficace applicazione: è per questo che, pure a fronte delle recenti riforme citate, alla prova dei numeri, gli Stati Uniti continuano a rimanere l’attore principale nella repressione del fenomeno corruttivo sul piano transnazionale, a tal punto da dare vita ad un nuovo framework globale di previsioni normative, procedure applicative, modelli organizzativi e compliance programs, cui le società multinazionali, anche europee, sembrano costrette ad adeguarsi. Il testo, perciò, prende in esame l’azione globale di contrasto alla corruzione internazionale nelle imprese multinazionali, tracciandone le differenze tra «law in the books» e «law in action», alla luce delle più recenti evoluzioni applicative. Precisamente, prenderà in considerazione tale nuovo legal framework, di matrice statunitense ma di portata universale, dopo aver accennato all’emersione del fenomeno corruttivo ed alla sua attuale consistenza, e dopo aver ripercorso il processo di criminalizzazione della corruzione internazionale. Lungo il percorso d’indagine, dapprima, l’analisi dei modelli convenzionali e, con essi, del legal transplant, dopodiché, l’esegesi del modello statunitense e della sua peculiare affermazione, consentiranno, da un lato di prendere atto del fallimento del primo tentativo di esportazione del FCPA mediante lo strumento della cooperazione internazionale ed il legal transplant, dall’altro di accertare l’esistenza di un quadro normativo esogeno rispetto all’ordinamento italiano di cui, però, non si può non tenere conto, anzitutto, per indicare le auspicate prospettive di riforma della legislazione italiana in materia di corruzione internazionale e di responsabilità delle persone giuridiche, ed in secondo luogo, al fine di fornire una indicazione precisa delle disposizioni di matrice statunitense cui le imprese multinazionali, anche se straniere, devono necessariamente attenersi per evitare le pesanti sanzioni inferte dal DoJ americano a tutti gli operatori economici internazionali. Al termine del percorso di analisi, in sintesi, potranno essere tracciate le implicazioni per le imprese e per gli Stati stranieri che derivano dall’applicazione universale del FCPA.
2022
Scollo, Luigi
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