Ne Il senso del suono Fabio Scotto intende percorrere una distanza fra due estremi in realtà coincidenti: infatti il senso non esiste in poesia senza un’articolazione verbale che lo esprima, mentre il suono è un dato percepibile all’udito che si carica di valenze semantiche, se preso in una rete di rapporti ravvicinati con altri suoni, o con la loro ripetizione. Tradurre il suono significa quindi illuminarne altri possibili sensi, seguire da vicino il dipanarsi del tessuto testuale e le sue intensità e intonazioni, mostrarne forse l’altro senso, ovvero la percezione sensibile dell’identità propria e altrui che si manifesta nell’oralità della scrittura. La polisemia della parola senso, il cui valore semantico per secoli è stato l’elemento privilegiato dalla traduzione, consente però un’estensione di valore spaziale e direzionale, che vede nel volgere del verso da un rigo al successivo, l’andare verso, il suo senso di marcia, la sua direzione, per segnare una traiettoria attraverso la parola, la voce e la scrittura non riducibile al suo mero senso. Questo volume di saggi prende in considerazione la traduzione nella contemporaneità. Nella prima parte, lo studio del panorama teorico contemporaneo in Francia e in Italia consente di identificare alcune figure dominanti, da Ladmiral a Meschonnic, da Berman a Robel, da Folena a Fortini e Mattioli, che interrogano il tradurre come pratica e come modo del pensiero, collocandolo nella storia delle forme e delle poetiche e rivelandone la specificità scrittoria e creativa di discorso di un soggetto-autore. Le analisi critiche di varie traduzioni d’autore (da Ceccardo a Sereni, da Caproni a Raboni e Bonnefoy), permettono, nella seconda parte, una riflessione a suo modo sperimentale sul ritmo come lavoro della «lettera» e delle sue sequenze prosodiche nella traduzione, ritmo fatto oggetto di attenzione da parte di varie discipline del sapere anche non solo letterarie. Nella parte conclusiva, si dà conto infine del dibattito sul ritmo in corso in ambito scientifico, estetico, filosofico e poetico-traduttivo, nella sola convinzione dell’imprescindibilità, già sottolineata da W. Benjamin, del problema della forma, la quale, indicando il senso e la direzione dell’incedere della scrittura e della traduzione, ad essi lega la sua più durevole possibilità di «senso».
Il senso del suono: traduzione poetica e ritmo
SCOTTO, Fabio
2013-01-01
Abstract
Ne Il senso del suono Fabio Scotto intende percorrere una distanza fra due estremi in realtà coincidenti: infatti il senso non esiste in poesia senza un’articolazione verbale che lo esprima, mentre il suono è un dato percepibile all’udito che si carica di valenze semantiche, se preso in una rete di rapporti ravvicinati con altri suoni, o con la loro ripetizione. Tradurre il suono significa quindi illuminarne altri possibili sensi, seguire da vicino il dipanarsi del tessuto testuale e le sue intensità e intonazioni, mostrarne forse l’altro senso, ovvero la percezione sensibile dell’identità propria e altrui che si manifesta nell’oralità della scrittura. La polisemia della parola senso, il cui valore semantico per secoli è stato l’elemento privilegiato dalla traduzione, consente però un’estensione di valore spaziale e direzionale, che vede nel volgere del verso da un rigo al successivo, l’andare verso, il suo senso di marcia, la sua direzione, per segnare una traiettoria attraverso la parola, la voce e la scrittura non riducibile al suo mero senso. Questo volume di saggi prende in considerazione la traduzione nella contemporaneità. Nella prima parte, lo studio del panorama teorico contemporaneo in Francia e in Italia consente di identificare alcune figure dominanti, da Ladmiral a Meschonnic, da Berman a Robel, da Folena a Fortini e Mattioli, che interrogano il tradurre come pratica e come modo del pensiero, collocandolo nella storia delle forme e delle poetiche e rivelandone la specificità scrittoria e creativa di discorso di un soggetto-autore. Le analisi critiche di varie traduzioni d’autore (da Ceccardo a Sereni, da Caproni a Raboni e Bonnefoy), permettono, nella seconda parte, una riflessione a suo modo sperimentale sul ritmo come lavoro della «lettera» e delle sue sequenze prosodiche nella traduzione, ritmo fatto oggetto di attenzione da parte di varie discipline del sapere anche non solo letterarie. Nella parte conclusiva, si dà conto infine del dibattito sul ritmo in corso in ambito scientifico, estetico, filosofico e poetico-traduttivo, nella sola convinzione dell’imprescindibilità, già sottolineata da W. Benjamin, del problema della forma, la quale, indicando il senso e la direzione dell’incedere della scrittura e della traduzione, ad essi lega la sua più durevole possibilità di «senso».File | Dimensione del file | Formato | |
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