Il lavoro di tesi è il risultato di un percorso di studio del pensiero di Ludwig Wittgenstein che muove principalmente dagli scritti dell’autore che si occupano di quell’insieme di tematiche di natura logica, matematica e filosofica che tra gli ultimi due decenni dell’Ottocento e i primi trent’anni del Novecento hanno animato il dibattito sui fondamenti della matematica. Da questo punto di vista, nella complessità e vastità della bibliografia wittgensteiniana, questa impostazione è un’operazione interpretativa particolarmente insolita, per non dire isolata (original interpretation). Molti sono infatti gli studi che prendono ad oggetto la cosiddetta ‘filosofia della matematica’ (Philosophy of mathematics) di Wittgenstein, ma lo fanno in modo circostanziato e settoriale, così come molti altri studi intendono presentare la sua ‘filosofia del linguaggio’ (Philosophy of language) o la sua ‘filosofia della psicologia’ (Philosophy of psychology). Non mancano certamente anche autorevoli e importanti tentativi di presentazione e interpretazione complessiva del suo pensiero, ma una interpretazione che prenda le mosse dalle problematiche filosofiche (philosophical problems) sottese dal problema dei fondamenti (problem of foundations of mathematics) è un punto di vista che non trova grande riscontro nella critica. Muovere da tale punto di vista non significa affatto partire soltanto dagli scritti di Wittgenstein sui fondamenti della matematica, ma interpretare il suo pensiero a partire dalle problematiche filosofiche che fanno da sfondo in modo più o meno consapevole al dibattito sui fondamenti della matematica. Significa in buona sostanza partire da Cantor, Dedekind, Frege, Russell, Hilbert e individuare nei loro scritti quella latenza filosofica – la prosa (prose) - che sottende le dimostrazioni logiche e matematiche - il calcolo (calculation). È un lavoro di interpretazione dei testi (interpretation of text) che permette di scoprire un sottotesto filosofico (philosophical subtext) che inserisce il dibattito sui fondamenti nell’arco della modernità ricostruendo un percorso genealogico (genealogical) con alcune figure e problematiche cruciali della filosofia moderna (modern philosophy): Descartes, il cogito e il cosiddetto ‘privato cartesiano’; Kant e il problema del fondamento nell’accezione trascendentale apodittico-problematica del dover-poter; l’impostazione metodologica baconiano-leibniziana della risoluzione more mathematico delle questioni filosofiche. Questi gli assi portanti che fanno da sfondo e che non a caso sono tre grandi tematiche che percorrono l’intera vicenda intellettuale di Wittgenstein. L’intera problematica sui fondamenti della matematica infatti, sebbene sia stata condotta per gran parte da logici e matematici che si rivolgevano alle questioni filosofiche in modo del tutto unilaterale e circostanziato, è un punto d’approdo di tutta una serie di tematiche che non solo affondano le loro radici nella grande tradizione moderna, ma è luogo di convergenza anche di questioni che rientrano a pieno titolo nell’intera storia della filosofia occidentale (history of Western philosophy). È da questo punto di vista che possiamo valutare al meglio l’importanza di Wittgenstein per il pensiero contemporaneo (contemporary): la critica che egli muove ai presupposti filosofici del dibattito sui fondamenti è una critica che si estende oltre le tematiche specifiche di tale dibattito ed investe un’intera tradizione di pensiero. Dietro alle argomentazioni di Frege e Russell, alle dimostrazioni di Cantor e di Dedekind, al programma di Hilbert e al teorema di Gödel, c’è uno sfondo filosofico che la critica serrata di Wittgenstein ci permette di smascherare. Il problema cartesiano della certezza e del dubbio, la questione kantiana del fondamento come ciò che ci deve essere affinché qualcos’altro sia possibile, la domanda sulla possibilità della scoperta in matematica e della possibilità di una conoscenza in generale sono infatti dei motivi di fondo che accompagnano il pensiero dell’autore dal Tractatus fino agli ultimi scritti. In particolare, nel capitolo finale della tesi, si avrà occasione di riallacciare l’intreccio della complessità dei temi trattati con una questione che affonda le proprie radici agli albori della filosofia occidentale, ovvero il problema posto da Platone (Plato) nel Menone del paradosso eristico sulla possibilità di una conoscenza in generale, non a caso esemplificato nel dialogo platonico – così come nella Critica kantiana – proprio dal caso della conoscenza matematica. È nel confronto con questa questione capitale che si può misurare tutta l’originalità e la contemporaneità del pensiero di Wittgenstein. Sia la soluzione platonica che quella kantiana rappresentano due modi paradigmatici mediante i quali il pensiero antico e quello moderno cercano di rendere ragione della possibilità del conoscere, liberando il pensiero dall’aporia della tautologicità da una parte e dalla cieca casualità della contingenza dall’altra. La dottrina della reminiscenza e il sintetico a priori infatti liberano letteralmente il pensiero in ultima analisi con un’apertura alla trascendenza risolvendo sul piano etico-pratico le difficoltà insormontabili delle strettoie della teoresi. In Wittgenstein la questione del pensiero viene vissuta in modo radicale e con una disperazione e ossessività tutte contemporanee. Il Tractatus e la chiusura nel silenzio rappresentano per la storia della filosofia occidentale uno scacco sia dal punto di vista teoretico che da quello etico-pratico. Negli scritti successivi invece, la chiusura nell’immanenza assoluta e la viva percezione dell’opacità del pensiero sempre più identificato con l’azione, il contesto e il gesto, se da una parte rappresentano una prosecuzione naturale del silenzio della prima opera, dall’altra possono essere interpretati come il tentativo di vivere l’esperienza logico-filosofica in altro modo rispetto a quello tradizionale, ovvero in senso patico-poetico. Il pensiero e la parola, ridotti a gesti che fanno letteralmente corpo con la vita e il mondo, possono essere vissuti con gioia, delineando un movimento che non può più configurarsi come apertura ad una dimensione trascendente, ma che rappresenta una inaudita espansione all’interno di una immanenza assoluta che non è più l’immobilità dell’identità parmenidea, ma il pensiero di un’ossimorica chiusura trascendente sulla quale il pensiero contemporaneo ha ancora da riflettere a lungo. Questo movimento di pensiero lo possiamo osservare al meglio negli scritti di Wittgenstein proprio in quegli aforismi in cui il filosofo affronta le tematiche cantoriane e dedekindiane della teoria degli insiemi. Non è un caso: la teoria degli insiemi infatti, nella sua essenza filosofica e teologica, non è altro che teoria dell’infinito. I capitoli dedicati all’analisi di quegli aforismi mettono in luce infatti lo sfondo cartesiano, spinoziano e platonico nel quale si muove ancora il pensiero dei due matematici, permettendo di osservare sul vivo la critica di Wittgenstein e il senso profondo della cosiddetta ‘svolta linguistica’. Così l’analisi dei testi fondamentali di Frege e Russell permetterà di analizzare lo sfondo metafisico dei due autori, il senso del loro platonismo e quindi il distacco e il senso della critica del filosofo viennese che non si circoscrive solo al programma logicista, ma tramite esso si estende al punto di vista logico in quanto tale, investendo quindi ancora una volta l’intera tradizione di pensiero occidentale. Quella che in ultima analisi viene proposta come tesi è una interpretazione radicale del pensiero di Wittgenstein, come di un autore sempre in bilico tra il silenzio e la parola, nella cui riflessione ciò che prima di tutto fa problema non è la domanda quanto il senso stesso del domandare, quindi il senso filosofico della vita come ricerca. È qui che l’intera tradizione socratico-platonica – che vede ancora in Russell un suo grande epigono – trova un suo scacco finale. Ciò che Wittgenstein ha cercato per tutta la vita è la parola liberatrice che permette di smettere di filosofare quando si vuole, non più quindi un modo di vivere all’insegna della ricerca della verità nel quale ciò che è degno è la ricerca in quanto tale. Il demone della filosofia non gli ha permesso di chiudersi nel silenzio dopo il Tractatus, ma il modo in cui egli ha dato voce a quella voce interiore che lo spingeva a riempire centinaia di pagine di quaderno e ad intrattenere i propri interlocutori con i più improbabili e fantasiosi esempi di casi antropologici inventati, fanno di lui un interprete del tutto originale di quella tradizione di pensiero alla quale in qualche modo appartiene ma della quale ha contribuito in modo esemplare e forse ancora oggi non del tutto compreso a smascherare i presupposti, i ‘crampi mentali’ e gli ‘inganni del linguaggio’.

(2013). Filosofia e Matematica In Ludwig Wittgenstein [doctoral thesis - tesi di dottorato]. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/28978

Filosofia e Matematica In Ludwig Wittgenstein

RAINONE, EMANUELE
2013-05-20

Abstract

Il lavoro di tesi è il risultato di un percorso di studio del pensiero di Ludwig Wittgenstein che muove principalmente dagli scritti dell’autore che si occupano di quell’insieme di tematiche di natura logica, matematica e filosofica che tra gli ultimi due decenni dell’Ottocento e i primi trent’anni del Novecento hanno animato il dibattito sui fondamenti della matematica. Da questo punto di vista, nella complessità e vastità della bibliografia wittgensteiniana, questa impostazione è un’operazione interpretativa particolarmente insolita, per non dire isolata (original interpretation). Molti sono infatti gli studi che prendono ad oggetto la cosiddetta ‘filosofia della matematica’ (Philosophy of mathematics) di Wittgenstein, ma lo fanno in modo circostanziato e settoriale, così come molti altri studi intendono presentare la sua ‘filosofia del linguaggio’ (Philosophy of language) o la sua ‘filosofia della psicologia’ (Philosophy of psychology). Non mancano certamente anche autorevoli e importanti tentativi di presentazione e interpretazione complessiva del suo pensiero, ma una interpretazione che prenda le mosse dalle problematiche filosofiche (philosophical problems) sottese dal problema dei fondamenti (problem of foundations of mathematics) è un punto di vista che non trova grande riscontro nella critica. Muovere da tale punto di vista non significa affatto partire soltanto dagli scritti di Wittgenstein sui fondamenti della matematica, ma interpretare il suo pensiero a partire dalle problematiche filosofiche che fanno da sfondo in modo più o meno consapevole al dibattito sui fondamenti della matematica. Significa in buona sostanza partire da Cantor, Dedekind, Frege, Russell, Hilbert e individuare nei loro scritti quella latenza filosofica – la prosa (prose) - che sottende le dimostrazioni logiche e matematiche - il calcolo (calculation). È un lavoro di interpretazione dei testi (interpretation of text) che permette di scoprire un sottotesto filosofico (philosophical subtext) che inserisce il dibattito sui fondamenti nell’arco della modernità ricostruendo un percorso genealogico (genealogical) con alcune figure e problematiche cruciali della filosofia moderna (modern philosophy): Descartes, il cogito e il cosiddetto ‘privato cartesiano’; Kant e il problema del fondamento nell’accezione trascendentale apodittico-problematica del dover-poter; l’impostazione metodologica baconiano-leibniziana della risoluzione more mathematico delle questioni filosofiche. Questi gli assi portanti che fanno da sfondo e che non a caso sono tre grandi tematiche che percorrono l’intera vicenda intellettuale di Wittgenstein. L’intera problematica sui fondamenti della matematica infatti, sebbene sia stata condotta per gran parte da logici e matematici che si rivolgevano alle questioni filosofiche in modo del tutto unilaterale e circostanziato, è un punto d’approdo di tutta una serie di tematiche che non solo affondano le loro radici nella grande tradizione moderna, ma è luogo di convergenza anche di questioni che rientrano a pieno titolo nell’intera storia della filosofia occidentale (history of Western philosophy). È da questo punto di vista che possiamo valutare al meglio l’importanza di Wittgenstein per il pensiero contemporaneo (contemporary): la critica che egli muove ai presupposti filosofici del dibattito sui fondamenti è una critica che si estende oltre le tematiche specifiche di tale dibattito ed investe un’intera tradizione di pensiero. Dietro alle argomentazioni di Frege e Russell, alle dimostrazioni di Cantor e di Dedekind, al programma di Hilbert e al teorema di Gödel, c’è uno sfondo filosofico che la critica serrata di Wittgenstein ci permette di smascherare. Il problema cartesiano della certezza e del dubbio, la questione kantiana del fondamento come ciò che ci deve essere affinché qualcos’altro sia possibile, la domanda sulla possibilità della scoperta in matematica e della possibilità di una conoscenza in generale sono infatti dei motivi di fondo che accompagnano il pensiero dell’autore dal Tractatus fino agli ultimi scritti. In particolare, nel capitolo finale della tesi, si avrà occasione di riallacciare l’intreccio della complessità dei temi trattati con una questione che affonda le proprie radici agli albori della filosofia occidentale, ovvero il problema posto da Platone (Plato) nel Menone del paradosso eristico sulla possibilità di una conoscenza in generale, non a caso esemplificato nel dialogo platonico – così come nella Critica kantiana – proprio dal caso della conoscenza matematica. È nel confronto con questa questione capitale che si può misurare tutta l’originalità e la contemporaneità del pensiero di Wittgenstein. Sia la soluzione platonica che quella kantiana rappresentano due modi paradigmatici mediante i quali il pensiero antico e quello moderno cercano di rendere ragione della possibilità del conoscere, liberando il pensiero dall’aporia della tautologicità da una parte e dalla cieca casualità della contingenza dall’altra. La dottrina della reminiscenza e il sintetico a priori infatti liberano letteralmente il pensiero in ultima analisi con un’apertura alla trascendenza risolvendo sul piano etico-pratico le difficoltà insormontabili delle strettoie della teoresi. In Wittgenstein la questione del pensiero viene vissuta in modo radicale e con una disperazione e ossessività tutte contemporanee. Il Tractatus e la chiusura nel silenzio rappresentano per la storia della filosofia occidentale uno scacco sia dal punto di vista teoretico che da quello etico-pratico. Negli scritti successivi invece, la chiusura nell’immanenza assoluta e la viva percezione dell’opacità del pensiero sempre più identificato con l’azione, il contesto e il gesto, se da una parte rappresentano una prosecuzione naturale del silenzio della prima opera, dall’altra possono essere interpretati come il tentativo di vivere l’esperienza logico-filosofica in altro modo rispetto a quello tradizionale, ovvero in senso patico-poetico. Il pensiero e la parola, ridotti a gesti che fanno letteralmente corpo con la vita e il mondo, possono essere vissuti con gioia, delineando un movimento che non può più configurarsi come apertura ad una dimensione trascendente, ma che rappresenta una inaudita espansione all’interno di una immanenza assoluta che non è più l’immobilità dell’identità parmenidea, ma il pensiero di un’ossimorica chiusura trascendente sulla quale il pensiero contemporaneo ha ancora da riflettere a lungo. Questo movimento di pensiero lo possiamo osservare al meglio negli scritti di Wittgenstein proprio in quegli aforismi in cui il filosofo affronta le tematiche cantoriane e dedekindiane della teoria degli insiemi. Non è un caso: la teoria degli insiemi infatti, nella sua essenza filosofica e teologica, non è altro che teoria dell’infinito. I capitoli dedicati all’analisi di quegli aforismi mettono in luce infatti lo sfondo cartesiano, spinoziano e platonico nel quale si muove ancora il pensiero dei due matematici, permettendo di osservare sul vivo la critica di Wittgenstein e il senso profondo della cosiddetta ‘svolta linguistica’. Così l’analisi dei testi fondamentali di Frege e Russell permetterà di analizzare lo sfondo metafisico dei due autori, il senso del loro platonismo e quindi il distacco e il senso della critica del filosofo viennese che non si circoscrive solo al programma logicista, ma tramite esso si estende al punto di vista logico in quanto tale, investendo quindi ancora una volta l’intera tradizione di pensiero occidentale. Quella che in ultima analisi viene proposta come tesi è una interpretazione radicale del pensiero di Wittgenstein, come di un autore sempre in bilico tra il silenzio e la parola, nella cui riflessione ciò che prima di tutto fa problema non è la domanda quanto il senso stesso del domandare, quindi il senso filosofico della vita come ricerca. È qui che l’intera tradizione socratico-platonica – che vede ancora in Russell un suo grande epigono – trova un suo scacco finale. Ciò che Wittgenstein ha cercato per tutta la vita è la parola liberatrice che permette di smettere di filosofare quando si vuole, non più quindi un modo di vivere all’insegna della ricerca della verità nel quale ciò che è degno è la ricerca in quanto tale. Il demone della filosofia non gli ha permesso di chiudersi nel silenzio dopo il Tractatus, ma il modo in cui egli ha dato voce a quella voce interiore che lo spingeva a riempire centinaia di pagine di quaderno e ad intrattenere i propri interlocutori con i più improbabili e fantasiosi esempi di casi antropologici inventati, fanno di lui un interprete del tutto originale di quella tradizione di pensiero alla quale in qualche modo appartiene ma della quale ha contribuito in modo esemplare e forse ancora oggi non del tutto compreso a smascherare i presupposti, i ‘crampi mentali’ e gli ‘inganni del linguaggio’.
20-mag-2013
25
2011/2012
ANTROPOLOGIA ED EPISTEMOLOGIA DELLA COMPLESSITA'
GIANNETTO, ENRICO
Rainone, Emanuele
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