Le attività di lavoro collegate allo sfruttamento di beni comuni hanno risentito in questi ultimi anni sia delle modifiche dei contesti dove si concretizzava la produzione, sia dei cambiamenti economici (costi dei mezzi di produzione, peso crescente dei mercati globalizzati, attrattività delle nuove economie turistiche). L’impatto sul lavoro di pesca e sulle attività ad esso collegate si è avvertito maggiormente nei delicati ecosistemi delle lagune e acque interne (stagni, laghi, paludi, delta di fiumi, golfi). Questi ambienti morfologicamente ibridi, di transizione tra terra e acqua, tra acqua dolce e acqua salata, per secoli sono stati luoghi privilegiati per lo sviluppo di culture materiali che hanno ospitato attività lavorative centrate su tecniche "tradizionali", strumentazioni artigianali, saperi a trasmissione orale. I mutamenti sono stati così complessi e intrecciati che hanno interessato l’intera sfera culturale e sociale delle produzioni: dai gruppi di lavoro, alle forme associative come le cooperative, alla mediazione per l’utilizzo dei beni comuni, alle tecnologie più appropriate per ottenere il prodotto nella nuova situazione. Le nuove generazioni di pescatori e allevatori, in parte eredi di tradizioni familiari, per garantire la sopravvivenza delle attività, hanno dovuto operare modifiche rapide, per esempio allentare il controllo sull’accesso ai gruppi di lavoro, prima centrati su legami familiari, rimettendo in discussione la questione di genere e aprendosi ai processi di inclusione di lavoratori migranti negli equipaggi. Le forme associative, nate con funzioni di cooperazione e mediazione per l’accesso ai beni comuni, stanno assumendo sempre più un ruolo di tutela e di pressione nei confronti delle istituzioni. Rimodellare il lavoro ha significato inoltre introdurre, in maniera adattabile alla produzione, molte innovazioni tecnologiche che hanno modificato le catene lavorative precedenti. Allo stesso tempo l’arrivo di specie non indigene e la scomparsa di quelle locali, ha posto i lavoratori di fronte a riconversioni rapide e indispensabili, per affrontare queste “catastrofi”. Il panel si propone di esplorare, con un approccio interdisciplinare, il lavoro e le sue rappresentazioni in aree che, per i fragili ecosistemi che le caratterizzano, mostrano trasformazioni nel lavoro, processi di deregolamentazione, nuove dinamiche legate all’accesso nei gruppi di lavoro. Si propone inoltre di indagare riadattamenti, trasformazioni, resistente provocate per esempio dall’introduzione delle moderne tecnologie nell’era del capitalocene o dall’installazione di aree industriali o di opere tecnologiche con forte impatto sugli equilibri ecosistemici (per esempio la “Macchina Mose”) in queste aree di acque percepite e esperite molto diversamente da quelle del mare.

(2024). Lavoro, cooperazione e nuova pesca nei luoghi anfibi: trasformazioni, tecnologia e resistenze . Retrieved from https://hdl.handle.net/10446/300886

Lavoro, cooperazione e nuova pesca nei luoghi anfibi: trasformazioni, tecnologia e resistenze

Vianello, Rita;
2024-01-01

Abstract

Le attività di lavoro collegate allo sfruttamento di beni comuni hanno risentito in questi ultimi anni sia delle modifiche dei contesti dove si concretizzava la produzione, sia dei cambiamenti economici (costi dei mezzi di produzione, peso crescente dei mercati globalizzati, attrattività delle nuove economie turistiche). L’impatto sul lavoro di pesca e sulle attività ad esso collegate si è avvertito maggiormente nei delicati ecosistemi delle lagune e acque interne (stagni, laghi, paludi, delta di fiumi, golfi). Questi ambienti morfologicamente ibridi, di transizione tra terra e acqua, tra acqua dolce e acqua salata, per secoli sono stati luoghi privilegiati per lo sviluppo di culture materiali che hanno ospitato attività lavorative centrate su tecniche "tradizionali", strumentazioni artigianali, saperi a trasmissione orale. I mutamenti sono stati così complessi e intrecciati che hanno interessato l’intera sfera culturale e sociale delle produzioni: dai gruppi di lavoro, alle forme associative come le cooperative, alla mediazione per l’utilizzo dei beni comuni, alle tecnologie più appropriate per ottenere il prodotto nella nuova situazione. Le nuove generazioni di pescatori e allevatori, in parte eredi di tradizioni familiari, per garantire la sopravvivenza delle attività, hanno dovuto operare modifiche rapide, per esempio allentare il controllo sull’accesso ai gruppi di lavoro, prima centrati su legami familiari, rimettendo in discussione la questione di genere e aprendosi ai processi di inclusione di lavoratori migranti negli equipaggi. Le forme associative, nate con funzioni di cooperazione e mediazione per l’accesso ai beni comuni, stanno assumendo sempre più un ruolo di tutela e di pressione nei confronti delle istituzioni. Rimodellare il lavoro ha significato inoltre introdurre, in maniera adattabile alla produzione, molte innovazioni tecnologiche che hanno modificato le catene lavorative precedenti. Allo stesso tempo l’arrivo di specie non indigene e la scomparsa di quelle locali, ha posto i lavoratori di fronte a riconversioni rapide e indispensabili, per affrontare queste “catastrofi”. Il panel si propone di esplorare, con un approccio interdisciplinare, il lavoro e le sue rappresentazioni in aree che, per i fragili ecosistemi che le caratterizzano, mostrano trasformazioni nel lavoro, processi di deregolamentazione, nuove dinamiche legate all’accesso nei gruppi di lavoro. Si propone inoltre di indagare riadattamenti, trasformazioni, resistente provocate per esempio dall’introduzione delle moderne tecnologie nell’era del capitalocene o dall’installazione di aree industriali o di opere tecnologiche con forte impatto sugli equilibri ecosistemici (per esempio la “Macchina Mose”) in queste aree di acque percepite e esperite molto diversamente da quelle del mare.
2024
Vianello, Rita; Bonesso, Gianfranco
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