È possibile individuare un elemento costante, un procedimento comune – che vada al di là dei temi e dei contenuti condivisi – nel percorso creativo di quegli artisti che hanno saputo esprimersi attraverso mezzi diversi? Quali strumenti utilizzare per analizzare e interpretare opere che dispiegano il loro potenziale semiotico attraverso codici espressivi differenti? È possibile ipotizzare un canone contemporaneo che attribuisca un posto di rilievo, e non solo eccentrico, alle esperienze intermediali? Da questi interrogativi ha preso le mosse il presente numero di Elephant&Castle dedicato alle prospettive transmediali per lo studio della letteratura. In un’epoca come la nostra, caratterizzata da una predominanza sempre più evidente del visivo rispetto agli altri paradigmi espressivi – si pensi alla comunicazione pubblicitaria, al cinema, ma soprattutto all’inesausta proliferazione semantica del web –, un momento di interrogazione critica, teorica e metodologica circa le strategie attraverso cui la meno visuale delle discipline, la letteratura, ha nel corso degli ultimi decenni intessuto un dialogo con le arti visive appariva doveroso. Il punto di osservazione prescelto per questa indagine – che va ad affiancarsi ai tanti studi e ai tanti “luoghi” di ricerca che in quest’ambito lavorano da anni, in Italia e all’estero – è stato quello dei cosiddetti Doppelbegabungen, ovvero gli artisti abituati a esprimere il proprio talento creativo attraverso differenti media che fanno riferimento a codici verbali e visuali.
(2016). Scrivere, vedere, dipingere. Prospettive transmediali per lo studio della letteratura [edited special issue - curatela fascicolo rivista]. In ELEPHANT & CASTLE. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/80179
Scrivere, vedere, dipingere. Prospettive transmediali per lo studio della letteratura
RACCIS, Giacomo
2016-01-01
Abstract
È possibile individuare un elemento costante, un procedimento comune – che vada al di là dei temi e dei contenuti condivisi – nel percorso creativo di quegli artisti che hanno saputo esprimersi attraverso mezzi diversi? Quali strumenti utilizzare per analizzare e interpretare opere che dispiegano il loro potenziale semiotico attraverso codici espressivi differenti? È possibile ipotizzare un canone contemporaneo che attribuisca un posto di rilievo, e non solo eccentrico, alle esperienze intermediali? Da questi interrogativi ha preso le mosse il presente numero di Elephant&Castle dedicato alle prospettive transmediali per lo studio della letteratura. In un’epoca come la nostra, caratterizzata da una predominanza sempre più evidente del visivo rispetto agli altri paradigmi espressivi – si pensi alla comunicazione pubblicitaria, al cinema, ma soprattutto all’inesausta proliferazione semantica del web –, un momento di interrogazione critica, teorica e metodologica circa le strategie attraverso cui la meno visuale delle discipline, la letteratura, ha nel corso degli ultimi decenni intessuto un dialogo con le arti visive appariva doveroso. Il punto di osservazione prescelto per questa indagine – che va ad affiancarsi ai tanti studi e ai tanti “luoghi” di ricerca che in quest’ambito lavorano da anni, in Italia e all’estero – è stato quello dei cosiddetti Doppelbegabungen, ovvero gli artisti abituati a esprimere il proprio talento creativo attraverso differenti media che fanno riferimento a codici verbali e visuali.File | Dimensione del file | Formato | |
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