Animazioni e incantamenti si apre con Il chiodo in testa e La bottega dei mimi, uno stralunato romanzo epistolare dalla forte componente erotica e una serie di (pseudo) didascalie “teatrali” a corredo di azioni mimiche. Due testi mai più riproposti dal 1974 e dal 1977 – quando vennero pubblicati da una raffinata sigla di edizioni d’arte, la Nuova Foglio Editrice di Pollenza –, due «oggetti soffici» impossibili da circoscrivere e definire (fotofarse? mimoromanzi?) e sostanziati del rapporto – obliquo, in- stabile, appunto «soffice» – fra le parole di Celati e le immagini di Carlo Gajani, che precedette Luigi Ghirri quale mentore del narratore nell’intersezione fra scrittura letteraria e immagine fotografica. In essi mai l’una si fa didascalia, né l’altra illustrazione, vivendo invece di un felice rapporto di insubordinazione reciproca. Seguono, nel volume, un’ampia scelta di scritti, mai raccolti in precedenza, che Celati ha dedicato in un lungo arco di tempo (dal 1966 al 2005) alle immagini dell’arte e della fotografia, compresi alcuni dei bellissimi testi su Ghirri degli anni Ottanta e Novanta: a documentare un sodalizio celebrato e ormai storicizzato. Al di là del loro intrinseco valore, questi saggi – sul «parlato come spettacolo», il riso giullaresco, l’identità in maschera: «animazioni» sceniche e «incantamenti» contemplativi – sono con ogni probabilità i più importanti per capire un’avventura come quella di Celati che, sempre più, ci appare decisiva per il nostro presente e in cui gioca un ruolo cruciale – anche prima della “svolta” che lo ha portato negli ultimi anni a prediligere il racconto filmico rispetto a quello letterario – il pensiero sulle immagini e sul teatro. Nella materia visiva dei due iconotesti degli anni Settanta, come nella partitura concettuale degli scritti precedenti e successivi, ricorre la metafora teatrale. E il concerto fra scrittura e immagine è davvero un «teatro naturale» che – come quello di Oklahoma per Karl Rossmann, il profugo messo in scena da Kafka in America – ci propone, oggi come allora, un’ambigua quanto suggestiva ipotesi di salvezza. In occasione degli ottant’anni di Gianni Celati la collana «fuoriformato» omaggia uno dei suoi principali numi tutelari – nonché un maestro riconosciuto da scrittori di più generazioni – proponendone i testi in assoluto più “fuoriformato”, irriducibili a qualsiasi convenzione di genere e, appunto, format editoriale
(2017). Il gesto, gli oggetti, le immagini. Gianni Celati nell'animazione del mondo . Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/117796
Il gesto, gli oggetti, le immagini. Gianni Celati nell'animazione del mondo
Palmieri, Nunzia
2017-01-01
Abstract
Animazioni e incantamenti si apre con Il chiodo in testa e La bottega dei mimi, uno stralunato romanzo epistolare dalla forte componente erotica e una serie di (pseudo) didascalie “teatrali” a corredo di azioni mimiche. Due testi mai più riproposti dal 1974 e dal 1977 – quando vennero pubblicati da una raffinata sigla di edizioni d’arte, la Nuova Foglio Editrice di Pollenza –, due «oggetti soffici» impossibili da circoscrivere e definire (fotofarse? mimoromanzi?) e sostanziati del rapporto – obliquo, in- stabile, appunto «soffice» – fra le parole di Celati e le immagini di Carlo Gajani, che precedette Luigi Ghirri quale mentore del narratore nell’intersezione fra scrittura letteraria e immagine fotografica. In essi mai l’una si fa didascalia, né l’altra illustrazione, vivendo invece di un felice rapporto di insubordinazione reciproca. Seguono, nel volume, un’ampia scelta di scritti, mai raccolti in precedenza, che Celati ha dedicato in un lungo arco di tempo (dal 1966 al 2005) alle immagini dell’arte e della fotografia, compresi alcuni dei bellissimi testi su Ghirri degli anni Ottanta e Novanta: a documentare un sodalizio celebrato e ormai storicizzato. Al di là del loro intrinseco valore, questi saggi – sul «parlato come spettacolo», il riso giullaresco, l’identità in maschera: «animazioni» sceniche e «incantamenti» contemplativi – sono con ogni probabilità i più importanti per capire un’avventura come quella di Celati che, sempre più, ci appare decisiva per il nostro presente e in cui gioca un ruolo cruciale – anche prima della “svolta” che lo ha portato negli ultimi anni a prediligere il racconto filmico rispetto a quello letterario – il pensiero sulle immagini e sul teatro. Nella materia visiva dei due iconotesti degli anni Settanta, come nella partitura concettuale degli scritti precedenti e successivi, ricorre la metafora teatrale. E il concerto fra scrittura e immagine è davvero un «teatro naturale» che – come quello di Oklahoma per Karl Rossmann, il profugo messo in scena da Kafka in America – ci propone, oggi come allora, un’ambigua quanto suggestiva ipotesi di salvezza. In occasione degli ottant’anni di Gianni Celati la collana «fuoriformato» omaggia uno dei suoi principali numi tutelari – nonché un maestro riconosciuto da scrittori di più generazioni – proponendone i testi in assoluto più “fuoriformato”, irriducibili a qualsiasi convenzione di genere e, appunto, format editorialeFile | Dimensione del file | Formato | |
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