Situazione comunicativa e morfosintassi in varietà iniziali di polacco L2 Questo lavoro indaga lo sviluppo della competenza morfosintattica nelle primissime fasi dell'acquisizione di polacco L2, concentrandosi in particolare sull'espressione delle funzioni sintattiche di soggetto (SOGG) e oggetto (OGG) mediante la morfologia flessionale (caso nominativo e accusativo rispettivamente). Lo studio si colloca nell'ambito del progetto VILLA (Varieties of Initial Learners in Language Acquisition), un'iniziativa multinazionale dedicata alle fasi iniziali dell'apprendimento del polacco L2 in condizioni di input controllato (Dimroth et al. 2013). Nell'edizione italiana qui considerata, 17 apprendenti adulti senza alcuna esperienza della lingua bersaglio hanno preso parte a un corso di polacco della durata di 14 ore, tenuto da una docente madrelingua. L'intero input, costituito dal parlato dell'insegnante, è stato integralmente registrato, trascritto e annotato morfologicamente, così da evidenziare eventuali correlazioni con lo sviluppo della competenza degli apprendenti. La padronanza dell'opposizione tra nominativo e accusativo da parte degli apprendenti è dapprima analizzata mediante due test strutturati. Nel test di ripetizione, agli apprendenti è richiesto di ascoltare una breve frase transitiva e ripeterla nel modo più preciso possibile. Dal momento che la memoria fonologica viene disturbata mediante un distrattore (Baddeley 2003), il test richiede non tanto di ripetere una sequenza di suoni, quanto piuttosto di decodificare il messaggio e ricodificarlo secondo le regole della varietà di apprendimento (Vinther 2002). Un punteggio elevato suggerirebbe dunque un uso produttivo delle terminazioni di caso per esprimere le corrispondenti funzioni sintattiche. Il test di comprensione richiede invece all'apprendente di ascoltare una breve frase transitiva e di scegliere tra due figure, in cui i medesimi referenti ricoprono di volta in volta funzioni sintattiche opposte (SOGG o OGG), quella che meglio rappresenta l'azione. In entrambi i test, le frasi bersaglio variano in base all'ordine dei costituenti, esibendo un valore non marcato (Soggetto - Oggetto: SO) e uno marcato (Oggetto - Soggetto: OS). La corretta elaborazione delle strutture sintatticamente marcate OS indicherebbe dunque che il significato grammaticale è interpretato e codificato secondo un criterio non più posizionale, basato cioè su un ordine dei costituenti di default (Klein & Perdue 1997), ma morfosintattico, ovvero mediante le sole terminazioni di caso. I risultati mostrano che una proporzione significativa di partecipanti si dimostra in grado di elaborare correttamente tutti i tipi di frasi in entrambi i test, suggerendo che il principio morfosintattico sia già stato acquisito nonostante il brevissimo tempo di esposizione all'input e la distanza tipologica tra le due lingue in contatto. Al fine di verificare se tale principio sia attivo anche in contesti meno strutturati, le medesime strutture bersaglio vengono allora analizzate in un contesto di interazione semi-spontanea. L'occasione è fornita da un gioco di ruolo, nel quale è richiesto di descrivere un personaggio elencandone i gusti: tale contesto si presta particolarmente all'elicitazione di strutture transitive, es. Filip lubi kawę, "Filip ama il caffè". I risultati di questa seconda analisi mostrano che la morfologia flessionale viene utilizzata in modo produttivo solo da quei participanti che nei test strutturati hanno ottenuto il punteggio massimo. Tutti gli altri si affidano al principio posizionale, per cui i nomi ricevono un'identica marca morfologica e esprimono diverse funzioni sintattiche a seconda della loro posizione nell'enunciato. Ciò avviene anche se l'apprendente nei test strutturati si era dimostrato in grado di utilizzare le terminazioni di caso almeno in alcuni dei contesti indagati, tipicamente nel test di ripetizione. Tali discrepanze sono perciò attribuibili alla diversa pressione comunicativa esercitata dai due contesti (Tarone & Parrish 1988; Duff 1993). Infine, rileviamo che tutti gli apprendenti si limitano a produrre enunciati con ordine dei costituenti SO, gli unici legittimi dal punto di vista pragmatico. In questo tipo di frasi, le terminazioni flessive possono essere considerate ridondanti ai fini dell'espressione del significato, già garantito dall'ordine dei costituenti di default. Un'identica tendenza si rileva nell'input nativo dell'insegnante, in cui solo una proporzione limitatissima di enunciati deve essere interpretata necessariamente in base alla morfologia flessiva: molto più spesso, criteri semantici (animatezza) o frasali (ordine dei costituenti) sono sufficienti a garantire la corretta elaborazione del significato. In conclusione, i risultati suggeriscono che la morfologia flessiva, nonostante il ruolo solo accessorio all'espressione di significati grammaticali, può essere acquisita in modo spontaneo sin dalle primissime fasi dell'esposizione a una lingua morfologicamente complessa (Rast 2008). Lo studio conclude con alcune considerazioni riguardo al ruolo dell'input nel processo di acquisizione e all'utilità glottodidattica dei risultati raggiunti con la rigorosa metodologia del progetto VILLA. BIBLIOGRAFIA Baddeley, Alan. 2003. Working memory and language: an overview. Journal of Communication Disorders 36. 189–208. Dimroth, Christine, Rebekah Rast, Marianne Starren & Marzena Wątorek. 2013. Methods for studying the learning of a new language under controlled input conditions: The VILLA project. EUROSLA Yearbook, vol. 13, 109–138. Amsterdam: John Benjamins. Duff, Patricia A. 1993. Tasks and interlanguage performance: an SLA perspective. In Graham Crookes & Susan M. Gass (a cura di), Tasks and Language Learning: Integrating Theory and Practice. Clevedon: Multilingual Matters. Klein, Wolfgang & Clive Perdue. 1997. The Basic Variety (or: Couldn’t natural languages be much simpler?). Second Language Research 13(4). 301–347. Rast, Rebekah. 2008. Foreign Language Input: Initial Processing. Clevedon: Multilingual Matters. Tarone, Elaine & Betsy Parrish. 1988. Task-Related Variation in Interlanguage: The Case of Articles. Language Learning 38(1). 21–44. Vinther, Thora. 2002. Elicited imitation: a brief overview. International Journal of Applied Linguistics 12(1). 54–73.
(2017). Semantica, frequenza e morfosintassi in polacco L2: la lezione glottodidattica di un esperimento acquisizionale . Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/119226
Semantica, frequenza e morfosintassi in polacco L2: la lezione glottodidattica di un esperimento acquisizionale
Saturno, Jacopo
2017-01-01
Abstract
Situazione comunicativa e morfosintassi in varietà iniziali di polacco L2 Questo lavoro indaga lo sviluppo della competenza morfosintattica nelle primissime fasi dell'acquisizione di polacco L2, concentrandosi in particolare sull'espressione delle funzioni sintattiche di soggetto (SOGG) e oggetto (OGG) mediante la morfologia flessionale (caso nominativo e accusativo rispettivamente). Lo studio si colloca nell'ambito del progetto VILLA (Varieties of Initial Learners in Language Acquisition), un'iniziativa multinazionale dedicata alle fasi iniziali dell'apprendimento del polacco L2 in condizioni di input controllato (Dimroth et al. 2013). Nell'edizione italiana qui considerata, 17 apprendenti adulti senza alcuna esperienza della lingua bersaglio hanno preso parte a un corso di polacco della durata di 14 ore, tenuto da una docente madrelingua. L'intero input, costituito dal parlato dell'insegnante, è stato integralmente registrato, trascritto e annotato morfologicamente, così da evidenziare eventuali correlazioni con lo sviluppo della competenza degli apprendenti. La padronanza dell'opposizione tra nominativo e accusativo da parte degli apprendenti è dapprima analizzata mediante due test strutturati. Nel test di ripetizione, agli apprendenti è richiesto di ascoltare una breve frase transitiva e ripeterla nel modo più preciso possibile. Dal momento che la memoria fonologica viene disturbata mediante un distrattore (Baddeley 2003), il test richiede non tanto di ripetere una sequenza di suoni, quanto piuttosto di decodificare il messaggio e ricodificarlo secondo le regole della varietà di apprendimento (Vinther 2002). Un punteggio elevato suggerirebbe dunque un uso produttivo delle terminazioni di caso per esprimere le corrispondenti funzioni sintattiche. Il test di comprensione richiede invece all'apprendente di ascoltare una breve frase transitiva e di scegliere tra due figure, in cui i medesimi referenti ricoprono di volta in volta funzioni sintattiche opposte (SOGG o OGG), quella che meglio rappresenta l'azione. In entrambi i test, le frasi bersaglio variano in base all'ordine dei costituenti, esibendo un valore non marcato (Soggetto - Oggetto: SO) e uno marcato (Oggetto - Soggetto: OS). La corretta elaborazione delle strutture sintatticamente marcate OS indicherebbe dunque che il significato grammaticale è interpretato e codificato secondo un criterio non più posizionale, basato cioè su un ordine dei costituenti di default (Klein & Perdue 1997), ma morfosintattico, ovvero mediante le sole terminazioni di caso. I risultati mostrano che una proporzione significativa di partecipanti si dimostra in grado di elaborare correttamente tutti i tipi di frasi in entrambi i test, suggerendo che il principio morfosintattico sia già stato acquisito nonostante il brevissimo tempo di esposizione all'input e la distanza tipologica tra le due lingue in contatto. Al fine di verificare se tale principio sia attivo anche in contesti meno strutturati, le medesime strutture bersaglio vengono allora analizzate in un contesto di interazione semi-spontanea. L'occasione è fornita da un gioco di ruolo, nel quale è richiesto di descrivere un personaggio elencandone i gusti: tale contesto si presta particolarmente all'elicitazione di strutture transitive, es. Filip lubi kawę, "Filip ama il caffè". I risultati di questa seconda analisi mostrano che la morfologia flessionale viene utilizzata in modo produttivo solo da quei participanti che nei test strutturati hanno ottenuto il punteggio massimo. Tutti gli altri si affidano al principio posizionale, per cui i nomi ricevono un'identica marca morfologica e esprimono diverse funzioni sintattiche a seconda della loro posizione nell'enunciato. Ciò avviene anche se l'apprendente nei test strutturati si era dimostrato in grado di utilizzare le terminazioni di caso almeno in alcuni dei contesti indagati, tipicamente nel test di ripetizione. Tali discrepanze sono perciò attribuibili alla diversa pressione comunicativa esercitata dai due contesti (Tarone & Parrish 1988; Duff 1993). Infine, rileviamo che tutti gli apprendenti si limitano a produrre enunciati con ordine dei costituenti SO, gli unici legittimi dal punto di vista pragmatico. In questo tipo di frasi, le terminazioni flessive possono essere considerate ridondanti ai fini dell'espressione del significato, già garantito dall'ordine dei costituenti di default. Un'identica tendenza si rileva nell'input nativo dell'insegnante, in cui solo una proporzione limitatissima di enunciati deve essere interpretata necessariamente in base alla morfologia flessiva: molto più spesso, criteri semantici (animatezza) o frasali (ordine dei costituenti) sono sufficienti a garantire la corretta elaborazione del significato. In conclusione, i risultati suggeriscono che la morfologia flessiva, nonostante il ruolo solo accessorio all'espressione di significati grammaticali, può essere acquisita in modo spontaneo sin dalle primissime fasi dell'esposizione a una lingua morfologicamente complessa (Rast 2008). Lo studio conclude con alcune considerazioni riguardo al ruolo dell'input nel processo di acquisizione e all'utilità glottodidattica dei risultati raggiunti con la rigorosa metodologia del progetto VILLA. BIBLIOGRAFIA Baddeley, Alan. 2003. Working memory and language: an overview. Journal of Communication Disorders 36. 189–208. Dimroth, Christine, Rebekah Rast, Marianne Starren & Marzena Wątorek. 2013. Methods for studying the learning of a new language under controlled input conditions: The VILLA project. EUROSLA Yearbook, vol. 13, 109–138. Amsterdam: John Benjamins. Duff, Patricia A. 1993. Tasks and interlanguage performance: an SLA perspective. In Graham Crookes & Susan M. Gass (a cura di), Tasks and Language Learning: Integrating Theory and Practice. Clevedon: Multilingual Matters. Klein, Wolfgang & Clive Perdue. 1997. The Basic Variety (or: Couldn’t natural languages be much simpler?). Second Language Research 13(4). 301–347. Rast, Rebekah. 2008. Foreign Language Input: Initial Processing. Clevedon: Multilingual Matters. Tarone, Elaine & Betsy Parrish. 1988. Task-Related Variation in Interlanguage: The Case of Articles. Language Learning 38(1). 21–44. Vinther, Thora. 2002. Elicited imitation: a brief overview. 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