This essay analyses some recent Italian novels in which the narration of a specific place offers the narrator the opportunity for a “core drilling” in autobiographical (or autofinctional) memory. Condominio Oltremare by Giorgio Falco (2014), Absolutely nothing (2016) by Giorgio Vasta, La stanza profonda by Vanni Santoni (2017) and L’unico viaggio che ho fatto by Emmanuela Carbè (2017) are representative of a strong line of Italian contemporary literature, attuned to a narrative of the personal and collective (generational) past, re-lived through images, objects, experiences and “typical” sensations, which invite the reader to recognize and recall a shared imaginary. Directly linked to the biography of the narrator or eccentric and distant, the places narrated are in fact united by belonging to a common and accessible imaginary: to narrate a place means confronting visual habits, scales of values and collective “myths” that have defined over time the identity of those places, which seem capable of revealing something about the identity of those who observe them. Though themed and distanced, nostalgia becomes for these authors the spontaneous key to reconnect the subject to a space-time perceived as their own, a visual filter that influences the composition of the text and nevertheless precludes any projection beyond the present.

Questo contributo prende in analisi alcune narrazioni italiane degli ultimi anni in cui il racconto di uno specifico luogo offre a chi narra l’occasione per un “carotaggio” nella memoria autobiografica (o autofinzionale). Condominio Oltremare di Giorgio Falco (2014), Absolutely nothing (2016) di Giorgio Vasta, La stanza profonda di Vanni Santoni (2017) e L’unico viaggio che ho fatto di Emmanuela Carbè (2017) sono testi rappresentativi di una linea forte della produzione contemporanea, sintonizzata su una narrazione del passato personale e collettivo (generazionale), rivissuto attraverso immagini, oggetti, esperienze e sensazioni “tipiche”, che invitano il lettore a riconoscere e rievocare un immaginario condiviso. Direttamente legati alla biografia di chi narra oppure eccentrici e distanti, i luoghi narrati sono accomunati infatti dall’appartenenza a un immaginario comune e accessibile: raccontare uno spazio significa confrontarsi con abitudini visive, scale di valori e “miti” collettivi che hanno definito nel tempo l’identità di quei luoghi, che sembrano capaci di rivelare qualcosa anche sull’identità di chi li osserva. Pur tematizzata e messa a distanza, la nostalgia diventa per questi autori la chiave di lettura spontanea per riconnettere il soggetto a uno spazio e a un tempo avvertiti come propri, un filtro visivo che condizione la composizione narrativa e tuttavia preclude qualsiasi proiezione oltre il presente.

(2019). Paesaggi della nostalgia: quattro scrittori e il racconto del tempo [journal article - articolo]. In IL VERRI. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/147276

Paesaggi della nostalgia: quattro scrittori e il racconto del tempo

Raccis, Giacomo
2019-01-01

Abstract

This essay analyses some recent Italian novels in which the narration of a specific place offers the narrator the opportunity for a “core drilling” in autobiographical (or autofinctional) memory. Condominio Oltremare by Giorgio Falco (2014), Absolutely nothing (2016) by Giorgio Vasta, La stanza profonda by Vanni Santoni (2017) and L’unico viaggio che ho fatto by Emmanuela Carbè (2017) are representative of a strong line of Italian contemporary literature, attuned to a narrative of the personal and collective (generational) past, re-lived through images, objects, experiences and “typical” sensations, which invite the reader to recognize and recall a shared imaginary. Directly linked to the biography of the narrator or eccentric and distant, the places narrated are in fact united by belonging to a common and accessible imaginary: to narrate a place means confronting visual habits, scales of values and collective “myths” that have defined over time the identity of those places, which seem capable of revealing something about the identity of those who observe them. Though themed and distanced, nostalgia becomes for these authors the spontaneous key to reconnect the subject to a space-time perceived as their own, a visual filter that influences the composition of the text and nevertheless precludes any projection beyond the present.
articolo
2019
Questo contributo prende in analisi alcune narrazioni italiane degli ultimi anni in cui il racconto di uno specifico luogo offre a chi narra l’occasione per un “carotaggio” nella memoria autobiografica (o autofinzionale). Condominio Oltremare di Giorgio Falco (2014), Absolutely nothing (2016) di Giorgio Vasta, La stanza profonda di Vanni Santoni (2017) e L’unico viaggio che ho fatto di Emmanuela Carbè (2017) sono testi rappresentativi di una linea forte della produzione contemporanea, sintonizzata su una narrazione del passato personale e collettivo (generazionale), rivissuto attraverso immagini, oggetti, esperienze e sensazioni “tipiche”, che invitano il lettore a riconoscere e rievocare un immaginario condiviso. Direttamente legati alla biografia di chi narra oppure eccentrici e distanti, i luoghi narrati sono accomunati infatti dall’appartenenza a un immaginario comune e accessibile: raccontare uno spazio significa confrontarsi con abitudini visive, scale di valori e “miti” collettivi che hanno definito nel tempo l’identità di quei luoghi, che sembrano capaci di rivelare qualcosa anche sull’identità di chi li osserva. Pur tematizzata e messa a distanza, la nostalgia diventa per questi autori la chiave di lettura spontanea per riconnettere il soggetto a uno spazio e a un tempo avvertiti come propri, un filtro visivo che condizione la composizione narrativa e tuttavia preclude qualsiasi proiezione oltre il presente.
Raccis, Giacomo
(2019). Paesaggi della nostalgia: quattro scrittori e il racconto del tempo [journal article - articolo]. In IL VERRI. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/147276
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