La volontarietà dell’agire umano rappresenta uno degli oggetti di maggior dibattito e discussione nel quadro della teologia medievale. In particolare, nella prima metà del XIII secolo, i maestri attivi presso la facoltà di teologia parigina dedicano al tema ampio spazio nella loro attività d’insegnamento e negli scritti che ad essa sono legati. L’eredità dottrinale del secolo precedente, sintetizzata nelle Sententiae di Pietro Lombardo, offriva già una problematizzazione del ruolo della voluntas nella determinazione dell’agire dell’uomo, avviando un confronto fra un’impostazione di matrice agostiniana, nella quale la volontà appare declinata in termini di desiderio, e l’eredità presente negli scritti di Boezio, dove invece la dimensione del giudizio razionale appare centrale per fare degli atti compiuti l’oggetto di una valutazione morale. La disponibilità di nuove fonti filosofiche (in particolare l'Etica Nicomachea di Aristotele) e teologiche (soprattutto il De fide orthodoxa di Giovanni Damasceno) aprono ai magistri del XIII secolo nuovi sviluppi di discussione. Quello a cui si assiste, riguardo al termine voluntas e al suo valore, non è tanto uno scivolamento nel significato del termine quanto piuttosto un allargamento del campo semantico, determinato certamente dall’ampliarsi dei testi autoritativi di riferimento ma influenzato anche dall’emergere di nuove sensibilità teologiche nella concezione della natura umana e del nesso fra libertà dell’agire, discernimento razionale e imputabilità morale degli atti compiuti. Questa ridefinizione del lessico morale passa per il tentativo di ridiscutere la natura del libero arbitrio e della volontà in ragione degli atti che da essi dipendono. Una visione che porta a inserire la volontarietà dell’azione fra i caratteri peculiari della natura umana, perché fa della voluntas un elemento di un processo psicologico – quello dell’agire morale – che è caratteristica del solo essere umano.
(2019). Potentia, ratio e liberum arbitrium. Volontà e agire morale nel discorso teologico del primo XIII secolo . Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/152018
Potentia, ratio e liberum arbitrium. Volontà e agire morale nel discorso teologico del primo XIII secolo
Saccenti, Riccardo
2019-01-01
Abstract
La volontarietà dell’agire umano rappresenta uno degli oggetti di maggior dibattito e discussione nel quadro della teologia medievale. In particolare, nella prima metà del XIII secolo, i maestri attivi presso la facoltà di teologia parigina dedicano al tema ampio spazio nella loro attività d’insegnamento e negli scritti che ad essa sono legati. L’eredità dottrinale del secolo precedente, sintetizzata nelle Sententiae di Pietro Lombardo, offriva già una problematizzazione del ruolo della voluntas nella determinazione dell’agire dell’uomo, avviando un confronto fra un’impostazione di matrice agostiniana, nella quale la volontà appare declinata in termini di desiderio, e l’eredità presente negli scritti di Boezio, dove invece la dimensione del giudizio razionale appare centrale per fare degli atti compiuti l’oggetto di una valutazione morale. La disponibilità di nuove fonti filosofiche (in particolare l'Etica Nicomachea di Aristotele) e teologiche (soprattutto il De fide orthodoxa di Giovanni Damasceno) aprono ai magistri del XIII secolo nuovi sviluppi di discussione. Quello a cui si assiste, riguardo al termine voluntas e al suo valore, non è tanto uno scivolamento nel significato del termine quanto piuttosto un allargamento del campo semantico, determinato certamente dall’ampliarsi dei testi autoritativi di riferimento ma influenzato anche dall’emergere di nuove sensibilità teologiche nella concezione della natura umana e del nesso fra libertà dell’agire, discernimento razionale e imputabilità morale degli atti compiuti. Questa ridefinizione del lessico morale passa per il tentativo di ridiscutere la natura del libero arbitrio e della volontà in ragione degli atti che da essi dipendono. Una visione che porta a inserire la volontarietà dell’azione fra i caratteri peculiari della natura umana, perché fa della voluntas un elemento di un processo psicologico – quello dell’agire morale – che è caratteristica del solo essere umano.File | Dimensione del file | Formato | |
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