Quella dei cosiddetti snuff movies è una leggenda urbana che infesta la cultura visiva da quando, nel corso degli anni Settanta, cominciarono a circolare le prime voci relative all’esistenza di pellicole illegali nelle quali delle vittime (invariabilmente donne) venivano seviziate e uccise di fronte alla macchina da presa. Sin da queste prime attestazioni lo snuff si è qualificato come un fenomeno che si situa sulla linea di confine fra leggenda e realtà: il primo utilizzo del termine to snuff nel senso qui indicato, per esempio, è di Ed Sanders che, durante la sua indagine sulla “famiglia” di Charles Manson e sugli omicidi Tate-La Bianca, fa più volte riferimento a misteriosi film contenti, fra le altre cose, sacrifici umani e animali. A partire da qui, il tema dello snuff ha innervato a più livelli l’immaginario contemporaneo e lo ritroviamo in diversi romanzi (da Snuff di Palahniuk al recente Bangkok Haunts di John Burdett) e videogiochi (come il controverso Manhunt). Numerosi sono poi i film che fondano la loro narrazione sul terrore dell’esistenza degli snuff (Hardcore, 8mm) o che, addirittura, si presentano come se fossero dei veri e propri snuff movies (è il caso della trilogia di August Underground, sviluppata nei primi anni duemila da Fred Vogel). La persistenza di un mito come quello dello snuff in una cultura nella quale ormai le immagini di morte sono di facilissima reperibilità è probabilmente di un qualche interesse. Scopo del contributo è dunque quello di ragionare su questo problema, per cercare di capire perché il tema della morte in diretta sia ancora uno di quelli che ci inquietano maggiormente. Per far questo si procederà fra l’altro a una tipologia delle immagini snuff che, come si vedrà, non solo giustificherà la persistenza del fenomeno considerandolo l’estremo limite della visualità contemporanea ma si rivelerà un utile strumento analitico anche nei confronti di immagini controverse che spesso vengono associate erroneamente all’immaginario snuff dal senso comune (le decapitazioni di IS ne sono solo l’esempio più recente).

(2018). Dimmi che non è vero. Lo snuff movie come limite del visivo [journal article - articolo]. In FATA MORGANA. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/152499

Dimmi che non è vero. Lo snuff movie come limite del visivo

Previtali, Giuseppe
2018-01-01

Abstract

Quella dei cosiddetti snuff movies è una leggenda urbana che infesta la cultura visiva da quando, nel corso degli anni Settanta, cominciarono a circolare le prime voci relative all’esistenza di pellicole illegali nelle quali delle vittime (invariabilmente donne) venivano seviziate e uccise di fronte alla macchina da presa. Sin da queste prime attestazioni lo snuff si è qualificato come un fenomeno che si situa sulla linea di confine fra leggenda e realtà: il primo utilizzo del termine to snuff nel senso qui indicato, per esempio, è di Ed Sanders che, durante la sua indagine sulla “famiglia” di Charles Manson e sugli omicidi Tate-La Bianca, fa più volte riferimento a misteriosi film contenti, fra le altre cose, sacrifici umani e animali. A partire da qui, il tema dello snuff ha innervato a più livelli l’immaginario contemporaneo e lo ritroviamo in diversi romanzi (da Snuff di Palahniuk al recente Bangkok Haunts di John Burdett) e videogiochi (come il controverso Manhunt). Numerosi sono poi i film che fondano la loro narrazione sul terrore dell’esistenza degli snuff (Hardcore, 8mm) o che, addirittura, si presentano come se fossero dei veri e propri snuff movies (è il caso della trilogia di August Underground, sviluppata nei primi anni duemila da Fred Vogel). La persistenza di un mito come quello dello snuff in una cultura nella quale ormai le immagini di morte sono di facilissima reperibilità è probabilmente di un qualche interesse. Scopo del contributo è dunque quello di ragionare su questo problema, per cercare di capire perché il tema della morte in diretta sia ancora uno di quelli che ci inquietano maggiormente. Per far questo si procederà fra l’altro a una tipologia delle immagini snuff che, come si vedrà, non solo giustificherà la persistenza del fenomeno considerandolo l’estremo limite della visualità contemporanea ma si rivelerà un utile strumento analitico anche nei confronti di immagini controverse che spesso vengono associate erroneamente all’immaginario snuff dal senso comune (le decapitazioni di IS ne sono solo l’esempio più recente).
articolo
2018
Previtali, Giuseppe
(2018). Dimmi che non è vero. Lo snuff movie come limite del visivo [journal article - articolo]. In FATA MORGANA. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/152499
File allegato/i alla scheda:
File Dimensione del file Formato  
Previtali.pdf

Solo gestori di archivio

Versione: publisher's version - versione editoriale
Licenza: Licenza default Aisberg
Dimensione del file 184.14 kB
Formato Adobe PDF
184.14 kB Adobe PDF   Visualizza/Apri
Pubblicazioni consigliate

Aisberg ©2008 Servizi bibliotecari, Università degli studi di Bergamo | Terms of use/Condizioni di utilizzo

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10446/152499
Citazioni
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact