Il contributo è composto di un ampio saggio introduttivo sull’Opera dei pupi a Catania, dalle origini di questo genere di teatro di marionette (1830 circa) fino al tramonto della sua forma tradizionale (1970 circa) e alle trasformazioni che ne sono derivate; e di una lunga fonte orale, raccolta dall’autrice nel 2004 appositamente per questa ricerca. La prospettiva è quella della individuazione delle competenze femminili nell’ambito dell’Opera dei pupi catanese. Il testo è infatti collocato nel II volume della serie Archivio per la storia delle donne, il cui scopo è fare emergere e valorizzare il pensiero e le azioni delle donne proponendo studi su materiali inediti. In particolare il vol. II dell’Archivio, su cui il saggio e la fonte sono pubblicati, è dedicato alla esperienza artistica di donne attive tra il XVIII e il XX secolo. Il lavoro è dunque condotto sulla fonte orale nonché su fonti e bibliografia già note, riconsiderate alla luce di nuovi documenti, recentemente pubblicati. L’attenzione è posta sulla parlatrice, la donna che dà la voce ai personaggi femminili sulla scena, affiancando il parlatore, che la presta invece ai personaggi maschili. Tale distinzione di genere, insieme con la divisione dei compiti tra chi parla e chi manovra (solo uomini, i quali non danno mai la voce ai pupi, ma sono interamente impegnati a muoverli), è assente dalla pratica recitativa dell’altra grande area di attività puparesca siciliana, quella di Palermo, dove l’uomo che manovra i pupi dà loro, contemporaneamente, anche la voce, sia in tono maschile sia in tono femminile. Scopo del saggio è valutare le ragioni per le quali a Catania si afferma sin dalle origini questa particolare consuetudine attoriale, associata a ulteriori specificità locali. La fonte orale è una lunga intervista rivolta a Italia Napoli, la sola parlatrice di tradizione ancora attiva a Catania e oggi ottantaduenne. Figlia di attori professionisti legati al mondo dei pupari (i quali, nella vicenda storica catanese, nei loro teatri sono spesso anche impresari di prosa), sposata con uno dei figli di don Gaetano Napoli, tra i più stimati pupari della città (attivo dal 1921), Italia Napoli fa la parlatrice da oltre cinquant’anni. La sua «storia di vita», proposta mediante la trascrizione commentata della fonte, permette di cogliere elementi centrali della questione relativa al ruolo artistico che ella ricopre: il rapporto che si istituisce tra parlatore, parlatrice e manovratori, le caratteristiche e il valore della improvvisazione (tradizionalmente l’Opera dei pupi non ammette recitazione a memoria di un testo scritto), il dispositivo drammaturgico (una storia di ispirazione cavalleresca articolata in puntate quotidiane serali concatenate, in cicli di diversi mesi), la competenza e le attese del pubblico (solamente maschile), le diverse capacità artigiane confluenti nel teatro dei pupi ecc. Inoltre è centrale, nella fonte, la funzione svolta dalla voce stessa della parlatrice: il racconto personale rivela tutto il peso del suo proprium artistico ed espressivo, e si fa strumento di una significativa (e tradizionale) identificazione della donna e della parlatrice con le eroine della scena dell’Opera.

Italia Napoli, parlatrice dell'Opera dei pupi catanese

MAJORANA, Bernadette
2005-01-01

Abstract

Il contributo è composto di un ampio saggio introduttivo sull’Opera dei pupi a Catania, dalle origini di questo genere di teatro di marionette (1830 circa) fino al tramonto della sua forma tradizionale (1970 circa) e alle trasformazioni che ne sono derivate; e di una lunga fonte orale, raccolta dall’autrice nel 2004 appositamente per questa ricerca. La prospettiva è quella della individuazione delle competenze femminili nell’ambito dell’Opera dei pupi catanese. Il testo è infatti collocato nel II volume della serie Archivio per la storia delle donne, il cui scopo è fare emergere e valorizzare il pensiero e le azioni delle donne proponendo studi su materiali inediti. In particolare il vol. II dell’Archivio, su cui il saggio e la fonte sono pubblicati, è dedicato alla esperienza artistica di donne attive tra il XVIII e il XX secolo. Il lavoro è dunque condotto sulla fonte orale nonché su fonti e bibliografia già note, riconsiderate alla luce di nuovi documenti, recentemente pubblicati. L’attenzione è posta sulla parlatrice, la donna che dà la voce ai personaggi femminili sulla scena, affiancando il parlatore, che la presta invece ai personaggi maschili. Tale distinzione di genere, insieme con la divisione dei compiti tra chi parla e chi manovra (solo uomini, i quali non danno mai la voce ai pupi, ma sono interamente impegnati a muoverli), è assente dalla pratica recitativa dell’altra grande area di attività puparesca siciliana, quella di Palermo, dove l’uomo che manovra i pupi dà loro, contemporaneamente, anche la voce, sia in tono maschile sia in tono femminile. Scopo del saggio è valutare le ragioni per le quali a Catania si afferma sin dalle origini questa particolare consuetudine attoriale, associata a ulteriori specificità locali. La fonte orale è una lunga intervista rivolta a Italia Napoli, la sola parlatrice di tradizione ancora attiva a Catania e oggi ottantaduenne. Figlia di attori professionisti legati al mondo dei pupari (i quali, nella vicenda storica catanese, nei loro teatri sono spesso anche impresari di prosa), sposata con uno dei figli di don Gaetano Napoli, tra i più stimati pupari della città (attivo dal 1921), Italia Napoli fa la parlatrice da oltre cinquant’anni. La sua «storia di vita», proposta mediante la trascrizione commentata della fonte, permette di cogliere elementi centrali della questione relativa al ruolo artistico che ella ricopre: il rapporto che si istituisce tra parlatore, parlatrice e manovratori, le caratteristiche e il valore della improvvisazione (tradizionalmente l’Opera dei pupi non ammette recitazione a memoria di un testo scritto), il dispositivo drammaturgico (una storia di ispirazione cavalleresca articolata in puntate quotidiane serali concatenate, in cicli di diversi mesi), la competenza e le attese del pubblico (solamente maschile), le diverse capacità artigiane confluenti nel teatro dei pupi ecc. Inoltre è centrale, nella fonte, la funzione svolta dalla voce stessa della parlatrice: il racconto personale rivela tutto il peso del suo proprium artistico ed espressivo, e si fa strumento di una significativa (e tradizionale) identificazione della donna e della parlatrice con le eroine della scena dell’Opera.
book chapter - capitolo di libro
2005
Majorana, Bernadette
File allegato/i alla scheda:
Non ci sono file allegati a questa scheda.
Pubblicazioni consigliate

Aisberg ©2008 Servizi bibliotecari, Università degli studi di Bergamo | Terms of use/Condizioni di utilizzo

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10446/19346
Citazioni
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact