Come noto, il Regolamento comunitario n. 1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza con caratteri di internazionalità si pone gli obiettivi di; (i) regolare l’esercizio della giurisdizione fallimentare sulla base di criteri uniformi in tutti i Paesi membri; (ii) stabilire la legge regolatrice delle procedure di insolvenza ed i relativi effetti; (iii) assicurare il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni concernenti l’apertura, lo svolgimento, e la chiusura di una procedura d’insolvenza che rientri nella sfera di applicazione del Regolamento (nonché delle procedure ad essa strettamente collegate), agevolando così l’estensione degli effetti loro attribuiti nel Paese membro di apertura a tutta l’area comunitaria. In questo quadro, il centro degli interessi principali del debitore costituisce il criterio di collegamento essenziale per individuare i giudici competenti ad aprire la procedura principale di insolvenza; tale procedura è aperta nel luogo in cui il debitore ha il centro degli interessi principali, può essere volta sia al risanamento, sia alla liquidazione dell’impresa debitrice ed è idonea ad avere effetti extraterritoriali, ossia ad estendersi all’intera area comunitaria, favorendo tutti i creditori, a prescindere dalla nazionalità o dal domicilio (art. 3.1). Essa, dunque, una volta che sia stata aperta, estende automaticamente i suoi effetti a tutto lo spazio giudiziario europeo ed è diretta a comprendere tutti i beni del debitore, ovunque localizzati, salvo che questi siano assoggettati ad un procedura d’insolvenza “secondaria” ovvero “territoriale” ai sensi dell’art. 3, commi 3 e 4 della disciplina comunitaria. Infatti, alla luce delle notevoli differenze fra le legislazioni fallimentari dei diversi Paesi CE, si è optato per il modello c.d. dell’“universalità limitata”, in virtù del quale, accanto ad una procedura “principale”, aperta nello Stato membro in cui è situato il centro degli interessi principali del debitore, possono assumere autonomo rilievo anche altre procedure concorsuali cd.“secondarie” o “territoriali”, eventualmente avviate nei Paesi membri in cui il medesimo debitore possieda una dipendenza. il tradizionale controllo della competenza del giudice da cui proviene la sentenza non rientra fra le circostanze ostative al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni fallimentari ex art. 26 del Regolamento 1346/2000 neppure quando si tratti di competenze esclusive com’è il caso del “centro degli interessi principali” del debitore. Infatti, l’art 26 consente ai giudici comunitari di rifiutare il riconoscimento o l’esecuzione di una decisione relativa alla procedura d’insolvenza aperta in un altro Stato membro soltanto qualora essa produca effetti “palesemente contrari” all’ordine pubblico del Paese in cui la decisione è invocata e, in particolare, ai principi e ai diritti fondamentali sanciti nella Costituzione. In tal modo, gli eventuali errori di valutazione commessi dal giudice a quo in merito alla propria competenza internazionale potranno essere sanati soltanto nell’ambito dell’ordinamento di origine delle decisioni concorsuali, eventualmente operando un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia. Per contro, la competenza internazionale dei giudici comunitari risulta sottratta al sindacato da parte dell’autorità giudiziaria degli altri Stati membri: le pronunce concorsuali adottate da un giudice comunitario che si ritenga legittimato ad avviare una procedura principale di insolvenza ai sensi dell’art. 3.1 del Regolamento dovranno quindi essere riconosciute ed eseguite anche nell’ipotesi in cui il giudice adito reputi che il centro degli interessi principali del debitore sia localizzato in un diverso Paese comunitario e persino nel foro.

L'esecuzione delle decisioni nel Regolamento (ce) n. 1346/2000

PERSANO, Federica
2006-01-01

Abstract

Come noto, il Regolamento comunitario n. 1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza con caratteri di internazionalità si pone gli obiettivi di; (i) regolare l’esercizio della giurisdizione fallimentare sulla base di criteri uniformi in tutti i Paesi membri; (ii) stabilire la legge regolatrice delle procedure di insolvenza ed i relativi effetti; (iii) assicurare il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni concernenti l’apertura, lo svolgimento, e la chiusura di una procedura d’insolvenza che rientri nella sfera di applicazione del Regolamento (nonché delle procedure ad essa strettamente collegate), agevolando così l’estensione degli effetti loro attribuiti nel Paese membro di apertura a tutta l’area comunitaria. In questo quadro, il centro degli interessi principali del debitore costituisce il criterio di collegamento essenziale per individuare i giudici competenti ad aprire la procedura principale di insolvenza; tale procedura è aperta nel luogo in cui il debitore ha il centro degli interessi principali, può essere volta sia al risanamento, sia alla liquidazione dell’impresa debitrice ed è idonea ad avere effetti extraterritoriali, ossia ad estendersi all’intera area comunitaria, favorendo tutti i creditori, a prescindere dalla nazionalità o dal domicilio (art. 3.1). Essa, dunque, una volta che sia stata aperta, estende automaticamente i suoi effetti a tutto lo spazio giudiziario europeo ed è diretta a comprendere tutti i beni del debitore, ovunque localizzati, salvo che questi siano assoggettati ad un procedura d’insolvenza “secondaria” ovvero “territoriale” ai sensi dell’art. 3, commi 3 e 4 della disciplina comunitaria. Infatti, alla luce delle notevoli differenze fra le legislazioni fallimentari dei diversi Paesi CE, si è optato per il modello c.d. dell’“universalità limitata”, in virtù del quale, accanto ad una procedura “principale”, aperta nello Stato membro in cui è situato il centro degli interessi principali del debitore, possono assumere autonomo rilievo anche altre procedure concorsuali cd.“secondarie” o “territoriali”, eventualmente avviate nei Paesi membri in cui il medesimo debitore possieda una dipendenza. il tradizionale controllo della competenza del giudice da cui proviene la sentenza non rientra fra le circostanze ostative al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni fallimentari ex art. 26 del Regolamento 1346/2000 neppure quando si tratti di competenze esclusive com’è il caso del “centro degli interessi principali” del debitore. Infatti, l’art 26 consente ai giudici comunitari di rifiutare il riconoscimento o l’esecuzione di una decisione relativa alla procedura d’insolvenza aperta in un altro Stato membro soltanto qualora essa produca effetti “palesemente contrari” all’ordine pubblico del Paese in cui la decisione è invocata e, in particolare, ai principi e ai diritti fondamentali sanciti nella Costituzione. In tal modo, gli eventuali errori di valutazione commessi dal giudice a quo in merito alla propria competenza internazionale potranno essere sanati soltanto nell’ambito dell’ordinamento di origine delle decisioni concorsuali, eventualmente operando un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia. Per contro, la competenza internazionale dei giudici comunitari risulta sottratta al sindacato da parte dell’autorità giudiziaria degli altri Stati membri: le pronunce concorsuali adottate da un giudice comunitario che si ritenga legittimato ad avviare una procedura principale di insolvenza ai sensi dell’art. 3.1 del Regolamento dovranno quindi essere riconosciute ed eseguite anche nell’ipotesi in cui il giudice adito reputi che il centro degli interessi principali del debitore sia localizzato in un diverso Paese comunitario e persino nel foro.
journal article - articolo
2006
Persano, Federica
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