La fuga dal corpo mortale non fa più cogliere neppure l’essenzialità del corpo bello, proprio e altrui. Il conatus essendi dell’uomo moderno, la sua voglia d’essere del tutto e tutto, di poter e di volere, non può che operare una riduzione dell’altro a se stesso, facendone un oggetto della propria conoscenza, dell’organizzazione, perfino un oggetto del proprio amore. Ma non regge più l’esperienza del fine, dell’in-fine. Va, allora, nascosto il malarsi, importare deficit, l’invecchiare, l’avviarsi nell’ombra. L’ambiguità, la doppiezza del corpo “bello e mortale” va vissuta e narrata nelle stagioni della vita: allora il finire non è estinzione, ma dire le cose in-fine. Può far tornare alle radici. Le radici dell’origine. “in realtà l’albero è radicato nel cielo” dicevamo con Simone Weil.
La malattia e la cura in prospettiva etica e antropologica
LIZZOLA, Ivo
2004-01-01
Abstract
La fuga dal corpo mortale non fa più cogliere neppure l’essenzialità del corpo bello, proprio e altrui. Il conatus essendi dell’uomo moderno, la sua voglia d’essere del tutto e tutto, di poter e di volere, non può che operare una riduzione dell’altro a se stesso, facendone un oggetto della propria conoscenza, dell’organizzazione, perfino un oggetto del proprio amore. Ma non regge più l’esperienza del fine, dell’in-fine. Va, allora, nascosto il malarsi, importare deficit, l’invecchiare, l’avviarsi nell’ombra. L’ambiguità, la doppiezza del corpo “bello e mortale” va vissuta e narrata nelle stagioni della vita: allora il finire non è estinzione, ma dire le cose in-fine. Può far tornare alle radici. Le radici dell’origine. “in realtà l’albero è radicato nel cielo” dicevamo con Simone Weil.Pubblicazioni consigliate
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