Forse la migrazione dell’utopia dal futuro al presente di cui si parla nel saggio di Marcel Gauchet, I volti dell’altro, perché questo presente possa aprirsi come tempo di nuova origine e responsabilità, di cura e riconoscimento, di un nuovo patto e pacificazione – la porterà fuori dalla storia della ricerca della “identità tra conoscenza ed essere” che ha segnato l’Occidente. La storia “dell’ossessione dell’identità”, “eretta a modello ideale, a paradigma di civiltà, a cultura a pensiero”. Storia, odissea dell’Occidente alla ricerca dell’unità e della totalità, dell’Identico.Sono state molte le utopie-odissea dell’occidente, figlie del pensiero dell’appropriazione e del narcisismo, quel pensiero – come ha mostrato bene tra altri Emanuel Lévinas - che traccia una linea curva che “inclina verso il medesimo”. Ossessione dell’identico, del ricomposto, dell’armonico e ordinato, quella dell’uomo occidentale. Insofferente verso la diversità, a partire da quella che si manifesta al suo interno: quella delle donne e dei bambini, dei “folli”, degli eretici e delle minoranze… È l’utopia di una riconciliazione con la nostra umanità da ritrovare in una concreta opera, quella aperta, ad esempio, in una piegatura di azioni, pensieri ed emozioni sulla sofferenza, sullo sfiguramento, sulle ferite dell’esercizio della violenza nei corpi e nei pensieri.Contro il mito della modernità, il mito del mondo pieno e perfetto; e del farsi “post-umani”, del generare se stessi, quasi farsi figli di se stessi. Tenere aperto il futuro pare possibile solo abdicando al progetto di costruire un mondo perfetto. La questione del senso umano del mondo, della sua abitabilità rimanda al rispetto del suo valore, della sua bellezza offerta a noi, oltre che ad un ethos della dignità umana. Il nodo tra coscienza utopica e promessa di emancipazione va sciolto, e di certo va ripensata radicalmente la dimensione della emancipazione. Pensata e vissuta nelle lotte e nei progetti di emancipazione come radicale discontinuità, come rottura di legami e come separazione, va oggi rivisitata perché integri in sé i movimenti di ricomposizione, di tessitura di responsabili cure e di riconoscimenti, la garanzia e la fedeltà, la promessa di non abbandono. Consegna reciproca, reciproco vincolare destini e sogni. Utopia d’una riconciliazione nel cuore della devastazione del conflitto, d’una offerta solidale nel cuore del disprezzo.
Il futuro addormentato presso di noi
LIZZOLA, Ivo
2005-01-01
Abstract
Forse la migrazione dell’utopia dal futuro al presente di cui si parla nel saggio di Marcel Gauchet, I volti dell’altro, perché questo presente possa aprirsi come tempo di nuova origine e responsabilità, di cura e riconoscimento, di un nuovo patto e pacificazione – la porterà fuori dalla storia della ricerca della “identità tra conoscenza ed essere” che ha segnato l’Occidente. La storia “dell’ossessione dell’identità”, “eretta a modello ideale, a paradigma di civiltà, a cultura a pensiero”. Storia, odissea dell’Occidente alla ricerca dell’unità e della totalità, dell’Identico.Sono state molte le utopie-odissea dell’occidente, figlie del pensiero dell’appropriazione e del narcisismo, quel pensiero – come ha mostrato bene tra altri Emanuel Lévinas - che traccia una linea curva che “inclina verso il medesimo”. Ossessione dell’identico, del ricomposto, dell’armonico e ordinato, quella dell’uomo occidentale. Insofferente verso la diversità, a partire da quella che si manifesta al suo interno: quella delle donne e dei bambini, dei “folli”, degli eretici e delle minoranze… È l’utopia di una riconciliazione con la nostra umanità da ritrovare in una concreta opera, quella aperta, ad esempio, in una piegatura di azioni, pensieri ed emozioni sulla sofferenza, sullo sfiguramento, sulle ferite dell’esercizio della violenza nei corpi e nei pensieri.Contro il mito della modernità, il mito del mondo pieno e perfetto; e del farsi “post-umani”, del generare se stessi, quasi farsi figli di se stessi. Tenere aperto il futuro pare possibile solo abdicando al progetto di costruire un mondo perfetto. La questione del senso umano del mondo, della sua abitabilità rimanda al rispetto del suo valore, della sua bellezza offerta a noi, oltre che ad un ethos della dignità umana. Il nodo tra coscienza utopica e promessa di emancipazione va sciolto, e di certo va ripensata radicalmente la dimensione della emancipazione. Pensata e vissuta nelle lotte e nei progetti di emancipazione come radicale discontinuità, come rottura di legami e come separazione, va oggi rivisitata perché integri in sé i movimenti di ricomposizione, di tessitura di responsabili cure e di riconoscimenti, la garanzia e la fedeltà, la promessa di non abbandono. Consegna reciproca, reciproco vincolare destini e sogni. Utopia d’una riconciliazione nel cuore della devastazione del conflitto, d’una offerta solidale nel cuore del disprezzo.Pubblicazioni consigliate
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