Nella prima parte del prodotto, l’autore pone una serie di interrogativi utili a dare forma a una pedagogia complessa, ma subito dopo precisa che le risposte possibili lascerebbero irrisolta la problematicità della pedagogia in sé. Questo aspetto differenzia la pedagogia dalle altre scienze umane e naturali proprio per l’irriducibilità del suo oggetto di studio: la persona umana nella sua unitarietà e integralità. Tale condizione, per l’autore, la dice lunga sul dibattito fra pedagogisti afflitti, nel fare pedagogia, dal peso di pregiudiziali coppie ideologico-politiche oppositive e polarizzanti (laici-cattolici, destra-sinistra, ecc.). Ciò accade sia perché il dialogo pedagogico avviene tra persone che non parlano la stessa lingua, sia perché la pedagogia non ha ancora costruito un suo statuto epistemologico. L’analisi prosegue sostenendo che, se anche esistesse bell’e fatta una pedagogia standard, essa soffrirebbe della tentazione di Siracusa, cioè di entrare nella sindrome di voler intervenire nel governo delle istituzioni e di dirigere la politica. A tale atteggiamento potrebbe conseguire quello opposto, la sindrome di San Casciano di machiavelliana memoria, altrettanto patologico. L’analisi dell’autore si conclude definendo la differenza specifica fra pedagogia e politica: la politica non può fare a meno delle norme, la pedagogia non può che riconoscere norma ogni eccezione; la politica può decidere a livello centrale o decentrato, la pedagogia non può non personalizzare. L’autore conclude che pedagogia e politica resterebbero sterili se, in questa loro differenza specifica, non potessero contare sul loro genere prossimo: l’ etica. Il che significa che, anche in merito alla riforma del sistema di istruzione e di formazione, l’etica personale e sociale deve irrorare sia la pedagogia, sia la politica: il bene agito da persone concrete e reali, conservato e diffuso dalle buone pratiche.
Quale rapporto tra pedagogie e politiche dell'istruzione e della formazione?
BERTAGNA, Giuseppe
2006-01-01
Abstract
Nella prima parte del prodotto, l’autore pone una serie di interrogativi utili a dare forma a una pedagogia complessa, ma subito dopo precisa che le risposte possibili lascerebbero irrisolta la problematicità della pedagogia in sé. Questo aspetto differenzia la pedagogia dalle altre scienze umane e naturali proprio per l’irriducibilità del suo oggetto di studio: la persona umana nella sua unitarietà e integralità. Tale condizione, per l’autore, la dice lunga sul dibattito fra pedagogisti afflitti, nel fare pedagogia, dal peso di pregiudiziali coppie ideologico-politiche oppositive e polarizzanti (laici-cattolici, destra-sinistra, ecc.). Ciò accade sia perché il dialogo pedagogico avviene tra persone che non parlano la stessa lingua, sia perché la pedagogia non ha ancora costruito un suo statuto epistemologico. L’analisi prosegue sostenendo che, se anche esistesse bell’e fatta una pedagogia standard, essa soffrirebbe della tentazione di Siracusa, cioè di entrare nella sindrome di voler intervenire nel governo delle istituzioni e di dirigere la politica. A tale atteggiamento potrebbe conseguire quello opposto, la sindrome di San Casciano di machiavelliana memoria, altrettanto patologico. L’analisi dell’autore si conclude definendo la differenza specifica fra pedagogia e politica: la politica non può fare a meno delle norme, la pedagogia non può che riconoscere norma ogni eccezione; la politica può decidere a livello centrale o decentrato, la pedagogia non può non personalizzare. L’autore conclude che pedagogia e politica resterebbero sterili se, in questa loro differenza specifica, non potessero contare sul loro genere prossimo: l’ etica. Il che significa che, anche in merito alla riforma del sistema di istruzione e di formazione, l’etica personale e sociale deve irrorare sia la pedagogia, sia la politica: il bene agito da persone concrete e reali, conservato e diffuso dalle buone pratiche.Pubblicazioni consigliate
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