In questo scritto si suggeriscono semplici note per un taccuino da tenere sempre aperto, su cui “ruminare” pensando a/su/dentro questi tempi di guerra, lungo tre direttrici: a) L’attenzione al lessico che si utilizza per riferirsi alle “neoguerre”, che è nebuloso, autocontradditorio, confusivo, se non menzognero. Seguendo l’esigenza di muovere dall’analisi dei nostri discorsi sulla guerra, di “ripulire” il linguaggio che usiamo, e dal quale finiamo per essere intrappolati, anche se non ce ne accorgiamo, consentendo così all’abisso di dominarci anche se pensiamo di essere in cammino per liberarcene. b) Il risveglio della coscienza, quindi, che si origina proprio quando ci rendiamo conto della situazione critica in cui ci troviamo, sentiamo la violenza e la distruttività, e “scrutiamo l’abisso”, ponendoci di fronte all’estremo che ci circonda. c) Per aprire infine le parole ed il pensiero e le azioni a ciò che ci può permetteredi trasformare il conflitto con il mostro con cui ci confrontiamo, senza finire mostri noi stessi, accogliendo però in noi lo sguardo e esplorativo e scrutante dell’abisso stesso, che ci mette di fronte, alla fine, proprio a noi stessi ed alle nostre responsabilità di resistenza.
È tempo di guerra, oggi
MANARA, Fulvio Cesare Pietro
2006-01-01
Abstract
In questo scritto si suggeriscono semplici note per un taccuino da tenere sempre aperto, su cui “ruminare” pensando a/su/dentro questi tempi di guerra, lungo tre direttrici: a) L’attenzione al lessico che si utilizza per riferirsi alle “neoguerre”, che è nebuloso, autocontradditorio, confusivo, se non menzognero. Seguendo l’esigenza di muovere dall’analisi dei nostri discorsi sulla guerra, di “ripulire” il linguaggio che usiamo, e dal quale finiamo per essere intrappolati, anche se non ce ne accorgiamo, consentendo così all’abisso di dominarci anche se pensiamo di essere in cammino per liberarcene. b) Il risveglio della coscienza, quindi, che si origina proprio quando ci rendiamo conto della situazione critica in cui ci troviamo, sentiamo la violenza e la distruttività, e “scrutiamo l’abisso”, ponendoci di fronte all’estremo che ci circonda. c) Per aprire infine le parole ed il pensiero e le azioni a ciò che ci può permetteredi trasformare il conflitto con il mostro con cui ci confrontiamo, senza finire mostri noi stessi, accogliendo però in noi lo sguardo e esplorativo e scrutante dell’abisso stesso, che ci mette di fronte, alla fine, proprio a noi stessi ed alle nostre responsabilità di resistenza.Pubblicazioni consigliate
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