Desiderare è qualcosa che nasce col corpo. Questo nostro corpo bello e mortale, fragilissimo, nascendo desiderò la vita, la luce, la cura. Si decise a respirare, cercò il seno, attese le mani e le nenie che iniziarono a tessere i giorni dentro una promessa buona di vita. I nostri piccoli corpi di donne e uomini sentirono la promessa e il desiderio, il desiderio e la cura. E, innocenti ancora, iniziarono a vivere il ritmo dell’attesa e dell’incontro: tra fame di tutto e incontro amoroso con il seno, le mani, gli occhi; tra freddo, buio e incontro nell’abbraccio di corpi, di luci e di cose; tra brividi, paure e incontro con musiche e piccole danze domestiche. Per molti piccoli e piccole desiderare la pace dell’incontro è stato ed è abbondanza di doni, per molte piccole e piccoli è, ed è stato crescendo, dono improvviso e rarefatto. Così che desiderare per molte donne e uomini è sogno e lavoro per dare realtà al desiderio: quando la realtà della fame, dell’ingiustizia, dello sfruttamento, del disprezzo freddo, dell’indifferenza sorda, della manipolazione uccide la promessa buona di vita sentita dai piccoli corpi nascenti. Dare realtà al desiderio è diritto umano dei poveri e dei diseredati suggeriva, ormai diversi anni fa, Armido Rizzi. Per altri uomini ed altre donne, per noi delle società nelle quali i più sono usciti dal bisogno nella “abbondanza di doni”, la fatica è quella di vivere, di sentire il desiderio della realtà. Di sentire ancora l’attesa di pace, di incontro, di buona cura e di gratuità gioiosa e bella che è nella realtà. Nelle cose e nei rapporti, nei progetti e nelle città, nelle intelligenze e nei poteri. Nel corpo di ogni donna e uomo; nel corpo del mondo.

Sentire il desiderio della realtà

LIZZOLA, Ivo
2006-01-01

Abstract

Desiderare è qualcosa che nasce col corpo. Questo nostro corpo bello e mortale, fragilissimo, nascendo desiderò la vita, la luce, la cura. Si decise a respirare, cercò il seno, attese le mani e le nenie che iniziarono a tessere i giorni dentro una promessa buona di vita. I nostri piccoli corpi di donne e uomini sentirono la promessa e il desiderio, il desiderio e la cura. E, innocenti ancora, iniziarono a vivere il ritmo dell’attesa e dell’incontro: tra fame di tutto e incontro amoroso con il seno, le mani, gli occhi; tra freddo, buio e incontro nell’abbraccio di corpi, di luci e di cose; tra brividi, paure e incontro con musiche e piccole danze domestiche. Per molti piccoli e piccole desiderare la pace dell’incontro è stato ed è abbondanza di doni, per molte piccole e piccoli è, ed è stato crescendo, dono improvviso e rarefatto. Così che desiderare per molte donne e uomini è sogno e lavoro per dare realtà al desiderio: quando la realtà della fame, dell’ingiustizia, dello sfruttamento, del disprezzo freddo, dell’indifferenza sorda, della manipolazione uccide la promessa buona di vita sentita dai piccoli corpi nascenti. Dare realtà al desiderio è diritto umano dei poveri e dei diseredati suggeriva, ormai diversi anni fa, Armido Rizzi. Per altri uomini ed altre donne, per noi delle società nelle quali i più sono usciti dal bisogno nella “abbondanza di doni”, la fatica è quella di vivere, di sentire il desiderio della realtà. Di sentire ancora l’attesa di pace, di incontro, di buona cura e di gratuità gioiosa e bella che è nella realtà. Nelle cose e nei rapporti, nei progetti e nelle città, nelle intelligenze e nei poteri. Nel corpo di ogni donna e uomo; nel corpo del mondo.
journal article - articolo
2006
Lizzola, Ivo
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