Il lavoro percorre i problemi di interpretazione e di attuazione del 7° comma dell’art. 117 cost. e suggerisce che le dimensioni dell’uguaglianza che la riforma del tit. V richiede di guardare in modo nuovo oltrepassano la dimensione territoriale dell’uguaglianza: il 7° comma dell’art. 117 cost. considera in modo nuovo la dimensione di genere dell’uguaglianza, fornendo un quadro normativo di livello costituzionale a empowerment e mainstreaming. Se l’empowerment è orientato al genere femminile e come principio di azione politica si traduce in politiche attive di sostegno e rafforzamento femminile, il mainstreaming è, invece, bi-direzionale e come principio di azione politica è rivolto all’attuazione di “politiche di genere”, cioè di azioni volte a rimuovere le differenze di potere instaurate sulle differenze di genere ed a loro volta rivolte e destinate a riprodurre e perpetuare differenze. Il primo assume come premessa implicita la discriminazione dei punti di partenza a sfavore delle donne, il secondo richiede una progettualità politica capace di tenere conto non solo delle differenze tra uomini e donne ma anche, a partire da e attraverso le differenze di genere, della straordinaria complessità delle relazioni tra gli individui, di tutte le differenze che producono asimmetrie di potere. La differenza tra mainstreaming ed empowerment non è, quindi, solo un problema di quantità; non riguarda solo un’estensione dei territori in cui agire politiche basate sull’analisi di genere (l’empowerment guarderebbe solo a un fascio più ristretto di misure specifiche rivolte al sesso femminile, mentre il mainstreaming estenderebbe l’obiettivo di politiche di genere come obiettivo trasversale, a tutto campo); si tratta di una differenza anche della qualità dell’agire, che obbligando a tenere conto del genere e ad adeguare le azioni politiche in relazione al genere, rende più sofisticato ogni ragionamento sull’equità. Impone cioè di considerare, non già il genere storicamente svantaggiato e poi, sullo stesso piano e separatamente, la razza, l’età, la classe ecc., ma il genere e (insieme a) ciascuno degli altri elementi della differenziazione tra gli individui (a partire da quello più direttamente interessato da ogni specifica azione, che potrà essere, di volta in volta, individuato nell’età, nella nazionalità, nella condizione familiare, nella condizione di salute, nel reddito). Dalla capacità degli interpreti e dei responsabili dell’attuazione di “prendere sul serio” l’art. 117, 7° comma, può quindi partire una straordinaria sfida della complessità, in grado arricchire enormemente lo strumentario con il quale si voglia operare sulla realtà.

L'attuazione dell'art. 117, comma 7° della costituzione (presa sul serio) e le dimensioni dell'uguaglianza nel diritto regionale

PEZZINI, Barbara
2005-01-01

Abstract

Il lavoro percorre i problemi di interpretazione e di attuazione del 7° comma dell’art. 117 cost. e suggerisce che le dimensioni dell’uguaglianza che la riforma del tit. V richiede di guardare in modo nuovo oltrepassano la dimensione territoriale dell’uguaglianza: il 7° comma dell’art. 117 cost. considera in modo nuovo la dimensione di genere dell’uguaglianza, fornendo un quadro normativo di livello costituzionale a empowerment e mainstreaming. Se l’empowerment è orientato al genere femminile e come principio di azione politica si traduce in politiche attive di sostegno e rafforzamento femminile, il mainstreaming è, invece, bi-direzionale e come principio di azione politica è rivolto all’attuazione di “politiche di genere”, cioè di azioni volte a rimuovere le differenze di potere instaurate sulle differenze di genere ed a loro volta rivolte e destinate a riprodurre e perpetuare differenze. Il primo assume come premessa implicita la discriminazione dei punti di partenza a sfavore delle donne, il secondo richiede una progettualità politica capace di tenere conto non solo delle differenze tra uomini e donne ma anche, a partire da e attraverso le differenze di genere, della straordinaria complessità delle relazioni tra gli individui, di tutte le differenze che producono asimmetrie di potere. La differenza tra mainstreaming ed empowerment non è, quindi, solo un problema di quantità; non riguarda solo un’estensione dei territori in cui agire politiche basate sull’analisi di genere (l’empowerment guarderebbe solo a un fascio più ristretto di misure specifiche rivolte al sesso femminile, mentre il mainstreaming estenderebbe l’obiettivo di politiche di genere come obiettivo trasversale, a tutto campo); si tratta di una differenza anche della qualità dell’agire, che obbligando a tenere conto del genere e ad adeguare le azioni politiche in relazione al genere, rende più sofisticato ogni ragionamento sull’equità. Impone cioè di considerare, non già il genere storicamente svantaggiato e poi, sullo stesso piano e separatamente, la razza, l’età, la classe ecc., ma il genere e (insieme a) ciascuno degli altri elementi della differenziazione tra gli individui (a partire da quello più direttamente interessato da ogni specifica azione, che potrà essere, di volta in volta, individuato nell’età, nella nazionalità, nella condizione familiare, nella condizione di salute, nel reddito). Dalla capacità degli interpreti e dei responsabili dell’attuazione di “prendere sul serio” l’art. 117, 7° comma, può quindi partire una straordinaria sfida della complessità, in grado arricchire enormemente lo strumentario con il quale si voglia operare sulla realtà.
book chapter - capitolo di libro
2005
Pezzini, Barbara
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