Il libro presenta una ricerca sulle pratiche mediche. L’oggetto dell’indagine (55 interviste a medici di base e ospedalieri nella provincia di Parma) riguarda le immagini dell’interazione comunicativa che informano e orientano l’agire dei medici nella relazione quotidiana con gli altri attori coinvolti nei processi di cura: pazienti, familiari, infermieri, amministratori, operatori dell’informazione o del diritto, e così via. L’analisi di tali immagini evidenzia in particolare due tendenze significative. Innanzitutto, la scena allargata della cura: il quadro delle interazioni entro il quale i medici inscrivono il proprio agire quotidiano è percepito come un contesto in via di progressiva estensione, nel quale la possibilità di controllo sui processi comunicativi da parte del medico si riduce o diventa più laboriosa; come una rete policentrica e dinamica di attori sempre più complessa e imprevedibile, nella quale il medico è in via di progressivo de-centramento. In secondo luogo, il malessere comunicativo: a dispetto della crescente efficacia degli strumenti diagnostici e terapeutici, che rafforzano la fiducia nei propri saperi scientifico-cognitivi, i medici patiscono un crescente affaticamento, associato all’aumento dei ritmi di lavoro, e insieme al surplus di energie comunicative assorbite dal mantenimento quotidiano delle relazioni: con i pazienti da un lato (esigenti, spesso frastornati dalle informazioni) e con gli operatori amministrativi dall’altro. Nello specifico, il capito tratta una tra le principali tematiche relazionali associate all’incalzante progresso delle tecniche diagnostico-terapeutiche e al proliferare di settori specializzati della medicina: il paradosso dell’interazione sociale fuori controllo. In altre parole: il medico controlla sempre meglio i processi organici, a livello delle singole prestazioni medico-sanitarie, ma perde controllo sui processi interattivi a livello del contesto globale di cura. È il paradosso per cui “i medici sono più competenti, però poi si perde il paziente”: Per quanto riguarda le implicazioni sulla relazione interpersonale tra medico e paziente, il progresso tecnico-specialistico converge con l’informazione biomedica di massa e con la crescente sensibilità per il diritto alla salute, esaminati negli altri capitoli del libro di Sergio Manghi, nel rendere difficile la coesistenza tra reciprocità paritarie e reciprocità gerarchiche. Per molti intervistati, gli atteggiamenti dei pazienti verso diagnostiche non invasive, farmaci sperimentali, chirurgie d’avanguardia, e così via sono la molla principale di quella difficile coesistenza: tali atteggiamenti appaiono sempre più connotati da attese salvifiche (“esplosione dell’eternità”); e queste attese erodono i tradizionali canoni asimmetrici del rapporto medico-paziente. I medici, in larga maggioranza, si sentono infatti interpellati sempre più come amministratori di strumenti potenti, socialmente mitizzati, dei quali non hanno più, come un tempo, l’esclusivo controllo simbolico. Tale controllo simbolico appare distribuito tra pazienti affamati di teconolgia, influenti agenzie mediatiche e ristretti nuclei di scienziati e specialisti prestigioso.

Il progresso tecno-specialistico:maggiori competenze mediche, minor controllo dell'interazione?

TOMELLERI, Stefano
2005-01-01

Abstract

Il libro presenta una ricerca sulle pratiche mediche. L’oggetto dell’indagine (55 interviste a medici di base e ospedalieri nella provincia di Parma) riguarda le immagini dell’interazione comunicativa che informano e orientano l’agire dei medici nella relazione quotidiana con gli altri attori coinvolti nei processi di cura: pazienti, familiari, infermieri, amministratori, operatori dell’informazione o del diritto, e così via. L’analisi di tali immagini evidenzia in particolare due tendenze significative. Innanzitutto, la scena allargata della cura: il quadro delle interazioni entro il quale i medici inscrivono il proprio agire quotidiano è percepito come un contesto in via di progressiva estensione, nel quale la possibilità di controllo sui processi comunicativi da parte del medico si riduce o diventa più laboriosa; come una rete policentrica e dinamica di attori sempre più complessa e imprevedibile, nella quale il medico è in via di progressivo de-centramento. In secondo luogo, il malessere comunicativo: a dispetto della crescente efficacia degli strumenti diagnostici e terapeutici, che rafforzano la fiducia nei propri saperi scientifico-cognitivi, i medici patiscono un crescente affaticamento, associato all’aumento dei ritmi di lavoro, e insieme al surplus di energie comunicative assorbite dal mantenimento quotidiano delle relazioni: con i pazienti da un lato (esigenti, spesso frastornati dalle informazioni) e con gli operatori amministrativi dall’altro. Nello specifico, il capito tratta una tra le principali tematiche relazionali associate all’incalzante progresso delle tecniche diagnostico-terapeutiche e al proliferare di settori specializzati della medicina: il paradosso dell’interazione sociale fuori controllo. In altre parole: il medico controlla sempre meglio i processi organici, a livello delle singole prestazioni medico-sanitarie, ma perde controllo sui processi interattivi a livello del contesto globale di cura. È il paradosso per cui “i medici sono più competenti, però poi si perde il paziente”: Per quanto riguarda le implicazioni sulla relazione interpersonale tra medico e paziente, il progresso tecnico-specialistico converge con l’informazione biomedica di massa e con la crescente sensibilità per il diritto alla salute, esaminati negli altri capitoli del libro di Sergio Manghi, nel rendere difficile la coesistenza tra reciprocità paritarie e reciprocità gerarchiche. Per molti intervistati, gli atteggiamenti dei pazienti verso diagnostiche non invasive, farmaci sperimentali, chirurgie d’avanguardia, e così via sono la molla principale di quella difficile coesistenza: tali atteggiamenti appaiono sempre più connotati da attese salvifiche (“esplosione dell’eternità”); e queste attese erodono i tradizionali canoni asimmetrici del rapporto medico-paziente. I medici, in larga maggioranza, si sentono infatti interpellati sempre più come amministratori di strumenti potenti, socialmente mitizzati, dei quali non hanno più, come un tempo, l’esclusivo controllo simbolico. Tale controllo simbolico appare distribuito tra pazienti affamati di teconolgia, influenti agenzie mediatiche e ristretti nuclei di scienziati e specialisti prestigioso.
book chapter - capitolo di libro
2005
Tomelleri, Stefano
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