Non si può dire che la mappatura dell’Italia che la serialità televisiva nazionale sta disegnando negli ultimi anni segua un’unica strategia coerente. Abbiamo passato in rassegna diverse istanze che contribuiscono a orientare le modalità di costruzione di un senso del luogo. La preminenza di una o dell’altra si può in parte spiegare anche considerando la varietà di modelli di business e di obiettivi dei soggetti che producono e distribuiscono i titoli. Il servizio pubblico spinge in genere per l’estensione della mappatura, anche in virtù della propria missione sociale; la TV free commerciale si confronta con la provenienza geografica dei propri spettatori, tentando eventualmente di intercettare pubblici regionalmente differenti; la TV a pagamento, piattaforme comprese, considera le location come production value, garanzia di qualità e di distinzione dei propri prodotti originali. Ma queste tensioni – che si traducono ad esempio in estetiche più o meno “aeree”, più o meno “sociali”, eccetera – non vanno però rigidamente attribuite a singoli soggetti del panorama audiovisivo nazionale, perché attraversano semmai la produzione originale di tutti gli operatori, portando qualche volta alla creazione di contenuti ibridi, perfino sorprendenti. Da una parte le TV generaliste iniziano a sperimentare (finalmente?) produzioni di qualità, anche perché molti dei loro contenuti finiscono poi, per ragioni normative, sulle piattaforme digitali, e dall’altra parte gli operatori pay iniziano a pensare a una produzione più popolare.
(2020). Le “Italie” sul piccolo schermo. Mappe di fiction del paese televisivo, mappe di luoghi reali e mediali della serialità contemporanea . Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/209135
Le “Italie” sul piccolo schermo. Mappe di fiction del paese televisivo, mappe di luoghi reali e mediali della serialità contemporanea
Giorgio Avezzù
2020-01-01
Abstract
Non si può dire che la mappatura dell’Italia che la serialità televisiva nazionale sta disegnando negli ultimi anni segua un’unica strategia coerente. Abbiamo passato in rassegna diverse istanze che contribuiscono a orientare le modalità di costruzione di un senso del luogo. La preminenza di una o dell’altra si può in parte spiegare anche considerando la varietà di modelli di business e di obiettivi dei soggetti che producono e distribuiscono i titoli. Il servizio pubblico spinge in genere per l’estensione della mappatura, anche in virtù della propria missione sociale; la TV free commerciale si confronta con la provenienza geografica dei propri spettatori, tentando eventualmente di intercettare pubblici regionalmente differenti; la TV a pagamento, piattaforme comprese, considera le location come production value, garanzia di qualità e di distinzione dei propri prodotti originali. Ma queste tensioni – che si traducono ad esempio in estetiche più o meno “aeree”, più o meno “sociali”, eccetera – non vanno però rigidamente attribuite a singoli soggetti del panorama audiovisivo nazionale, perché attraversano semmai la produzione originale di tutti gli operatori, portando qualche volta alla creazione di contenuti ibridi, perfino sorprendenti. Da una parte le TV generaliste iniziano a sperimentare (finalmente?) produzioni di qualità, anche perché molti dei loro contenuti finiscono poi, per ragioni normative, sulle piattaforme digitali, e dall’altra parte gli operatori pay iniziano a pensare a una produzione più popolare.File | Dimensione del file | Formato | |
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