Il capitolo assume l’idea della legge come momento di regolamentazione dell’economia, come fonte di normazione esterna ai mercati ed imposta ad essi come scelta politica, attraverso strumenti giuridici: da ciò consegue che il rapporto del diritto con la sfera dell’economia è ipotizzato come un rapporto in cui il diritto definisce le regole che orientano e configurano il sistema economico e non si limita, semplicemente, a dar corpo all’assetto degli strumenti giuridici prescritti dall’economia per la sua condizione di efficienza (sua, nel senso di preventivamente ed esclusivamente definita nell’ambito della sfera economica). Il rapporto tra diritto ed economia è quantomeno assunto come circolare, bi-direzionale, non è un rapporto servente del primo nei confronti dell’orizzonte autonomamente declinato dalla seconda; l’analisi economica svolge una funzione descrittiva, serve per rendere consapevole (e responsabile) il giurista di quali saranno gli effetti di una regolamentazione specifica in un dato contesto, non pretende di prescrivere univocamente le condizioni dell’efficienza del sistema (che poi il diritto dovrebbe limitarsi a tradurre in adeguati strumenti giuridici). In questa prospettiva descrittiva e circolare del rapporto tra economia e diritto emerge l’importanza e lo spazio privilegiato assegnato alla legge; al contrario, in una prospettiva servente, in cui il diritto fosse prescritto dall’economia, lo spazio della legge si ridurrebbe a vantaggio dei momenti amministrativi e/o puramente concertativi (della regolazione). La legge si impone non solo per la sua forza specifica, ma in quanto prodotto del circuito della rappresentanza politica. Con un primo importante corollario che riguarda l’economia (per il diritto): l’approccio descrittivo consente di sottrarsi al monopolio del pensiero unico economico (teoria economica neoclassica) e valorizza un’ampia disamina critica di una molteplicità di approcci , di cui ha bisogno, perché fonda l’unica dimensione in cui la scelta politica si compie come tale (come scelta e come politica) ed in cui la legge esprime il suo carattere strutturale di fonte primaria, attraverso la quale si esprime la comunità politica nel processo decisionale di selezione degli interessi. Qui emerge un secondo corollario, che riguarda il diritto (per l’economia), al quale viene restituita non solo autonomia, ma anche un vero e proprio spazio, in particolare uno spazio costituzionale, nel quale viene configurato il sistema economico attraverso il diritto costituzionale (tutto il diritto costituzionale, Parte prima e Parte seconda della Costituzione; da un lato principi, diritti e valori da bilanciare, dall’altro procedure decisionali, ripartizione di competenze ed organi da configurare: spazio costituzionale da ricostruire, che può essere più o meno aperto, più o meno dinamico, più o meno compiuto); nonché uno spazio legislativo, quello di una discrezionalità politica che consente la selezione di opzioni alternative entro i vincoli costituzionali (e da misurare in relazione a tali vincoli ). La domanda sulla specificità della regolamentazione regionale, oggetto specifico di indagine, viene condotta mediante: a) la verifica critica dello spazio regionale come spazio di regolamentazione: quali siano gli elementi strutturali e della competenza che definiscono la funzione regionale di regolamentazione dell’economia e che rendono la legge regionale più o meno atta a svolgere una funzione di regolamentazione; b) la verifica critica del rapporto con i differenti spazi di regolamentazione, nazionale (e sovra-nazionale): se vi sia, al livello regionale, una diversa qualità delle opzioni e se sia possibile concepire unitariamente la regolamentazione differenziandone i livelli da un punto di vista solo quantitativo/spaziale; c) la verifica del nesso tra legge e rappresentanza: la tipicità e la specificità della legge si colgono anche intendendola come fonte tipica delle assemblee politicamente rappresentative; al livello nazionale si tratta del parlamento, in quanto organo distinto per composizione e procedure decisionali dal governo -da cui discende la non equivalenza tra legge e atti con forza di legge che, infatti, presuppongono la legge come momento di controllo a monte o a valle dell’atto-fonte del governo; al livello regionale si tratta dei consigli regionali, da vedere, però, in questa prospettiva non solo come distinti dagli esecutivi regionali, ma anche come distinti dal parlamento nazionale, secondo ciò che anche la giurisprudenza costituzionale non ha mancato di sottolineare . Il lavoro procede, innanzitutto, ad una ricostruzione del quadro dell’articolazione delle competenze in materia economica tra stato e regioni dopo la riforma del titolo V, attraverso la ricostruzione degli elementi che fondano una logica di autonomia e differenziazione e di quelli che fondano una logica di omogeneità / uniformità, rappresentati in un quadro statico e dinamicamente. Di seguito, propone una ricostruzione del limite dell’unità economica, in uno scenario della possibile frantumazione dell’indirizzo politico in materia economia in ventidue differenti politiche regionali che vede il tema dell’unità economica come antidoto e contro-elemento. Infine, esamina l’esercizio della legislazione regionale in materia economica, cercando di trarne alcune indicazioni per formulare almeno qualche conclusione provvisoria sul tema del rapporto tra legge regionale ed economia.

La regolamentazione regionale

PEZZINI, Barbara
2007-01-01

Abstract

Il capitolo assume l’idea della legge come momento di regolamentazione dell’economia, come fonte di normazione esterna ai mercati ed imposta ad essi come scelta politica, attraverso strumenti giuridici: da ciò consegue che il rapporto del diritto con la sfera dell’economia è ipotizzato come un rapporto in cui il diritto definisce le regole che orientano e configurano il sistema economico e non si limita, semplicemente, a dar corpo all’assetto degli strumenti giuridici prescritti dall’economia per la sua condizione di efficienza (sua, nel senso di preventivamente ed esclusivamente definita nell’ambito della sfera economica). Il rapporto tra diritto ed economia è quantomeno assunto come circolare, bi-direzionale, non è un rapporto servente del primo nei confronti dell’orizzonte autonomamente declinato dalla seconda; l’analisi economica svolge una funzione descrittiva, serve per rendere consapevole (e responsabile) il giurista di quali saranno gli effetti di una regolamentazione specifica in un dato contesto, non pretende di prescrivere univocamente le condizioni dell’efficienza del sistema (che poi il diritto dovrebbe limitarsi a tradurre in adeguati strumenti giuridici). In questa prospettiva descrittiva e circolare del rapporto tra economia e diritto emerge l’importanza e lo spazio privilegiato assegnato alla legge; al contrario, in una prospettiva servente, in cui il diritto fosse prescritto dall’economia, lo spazio della legge si ridurrebbe a vantaggio dei momenti amministrativi e/o puramente concertativi (della regolazione). La legge si impone non solo per la sua forza specifica, ma in quanto prodotto del circuito della rappresentanza politica. Con un primo importante corollario che riguarda l’economia (per il diritto): l’approccio descrittivo consente di sottrarsi al monopolio del pensiero unico economico (teoria economica neoclassica) e valorizza un’ampia disamina critica di una molteplicità di approcci , di cui ha bisogno, perché fonda l’unica dimensione in cui la scelta politica si compie come tale (come scelta e come politica) ed in cui la legge esprime il suo carattere strutturale di fonte primaria, attraverso la quale si esprime la comunità politica nel processo decisionale di selezione degli interessi. Qui emerge un secondo corollario, che riguarda il diritto (per l’economia), al quale viene restituita non solo autonomia, ma anche un vero e proprio spazio, in particolare uno spazio costituzionale, nel quale viene configurato il sistema economico attraverso il diritto costituzionale (tutto il diritto costituzionale, Parte prima e Parte seconda della Costituzione; da un lato principi, diritti e valori da bilanciare, dall’altro procedure decisionali, ripartizione di competenze ed organi da configurare: spazio costituzionale da ricostruire, che può essere più o meno aperto, più o meno dinamico, più o meno compiuto); nonché uno spazio legislativo, quello di una discrezionalità politica che consente la selezione di opzioni alternative entro i vincoli costituzionali (e da misurare in relazione a tali vincoli ). La domanda sulla specificità della regolamentazione regionale, oggetto specifico di indagine, viene condotta mediante: a) la verifica critica dello spazio regionale come spazio di regolamentazione: quali siano gli elementi strutturali e della competenza che definiscono la funzione regionale di regolamentazione dell’economia e che rendono la legge regionale più o meno atta a svolgere una funzione di regolamentazione; b) la verifica critica del rapporto con i differenti spazi di regolamentazione, nazionale (e sovra-nazionale): se vi sia, al livello regionale, una diversa qualità delle opzioni e se sia possibile concepire unitariamente la regolamentazione differenziandone i livelli da un punto di vista solo quantitativo/spaziale; c) la verifica del nesso tra legge e rappresentanza: la tipicità e la specificità della legge si colgono anche intendendola come fonte tipica delle assemblee politicamente rappresentative; al livello nazionale si tratta del parlamento, in quanto organo distinto per composizione e procedure decisionali dal governo -da cui discende la non equivalenza tra legge e atti con forza di legge che, infatti, presuppongono la legge come momento di controllo a monte o a valle dell’atto-fonte del governo; al livello regionale si tratta dei consigli regionali, da vedere, però, in questa prospettiva non solo come distinti dagli esecutivi regionali, ma anche come distinti dal parlamento nazionale, secondo ciò che anche la giurisprudenza costituzionale non ha mancato di sottolineare . Il lavoro procede, innanzitutto, ad una ricostruzione del quadro dell’articolazione delle competenze in materia economica tra stato e regioni dopo la riforma del titolo V, attraverso la ricostruzione degli elementi che fondano una logica di autonomia e differenziazione e di quelli che fondano una logica di omogeneità / uniformità, rappresentati in un quadro statico e dinamicamente. Di seguito, propone una ricostruzione del limite dell’unità economica, in uno scenario della possibile frantumazione dell’indirizzo politico in materia economia in ventidue differenti politiche regionali che vede il tema dell’unità economica come antidoto e contro-elemento. Infine, esamina l’esercizio della legislazione regionale in materia economica, cercando di trarne alcune indicazioni per formulare almeno qualche conclusione provvisoria sul tema del rapporto tra legge regionale ed economia.
book chapter - capitolo di libro
2007
Pezzini, Barbara
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