Nelle pratiche dell’ alfabetizzazione popolare, a lungo, leggere e scrivere sono andati disgiunti. A scrivere si imparava ad un’ età avanzata ed era un compito precipuo di una scuola ben organizzata. Questa semplice constatazione storica comporta alcune conseguenze che il saggio analizza. Il carattere fortemente selettivo dell’ apprendimento della scrittura innanzitutto (si imparava a scrivere quando l’infanzia breve dei bambini di antico regime era terminata da un pezzo e per molti era già cominciata quella condizione di fatica che ne avrebbe segnato il destino per tutta la durata della vita); il carattere diacritico della scrittura rispetto alla strutturazione di percorsi formalizzati di apprendimento (alfabetizzazione popolare e scolarizzazione per molto tempo non coincidono e si poteva imparare a leggere, nei limiti estremamente variabili che definiscono il significato di questa attività, fuori dalla scuola e senza dover an-dare a scuola, non così per la scrittura); il carattere normativo dell’ apprendimento della scrittura (nella tradizione italiana apprendere a scrivere ha significato essere messi a confronto con le richieste e con le implicazioni dell’ imponente opera di codificazione e di grammaticalizzazione della lingua intrapresa a partire dal XVI secolo; di qui anche la lunga disputa sulla composizione, il famigerato tema d’ italiano e la tensione, veramente strutturante della storia scolastica italiana, tra esigenze comunicative e richieste estetiche dell’ apprendimento della scrittura). A partire da questi nodi storico culturali, il saggio analizza i problemi connessi alla nascita della scuola italiana nel quadro della formazione dello Stato nazionale, e in particolare dell'istruzione elementare.

(2016). Cosa resta della scuola dello scrivere [journal article - articolo]. In QDS. QUADERNI DI DIDATTICA DELLA SCRITTURA. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/214691

Cosa resta della scuola dello scrivere

Scotto di Luzio, Adolfo
2016-01-01

Abstract

Nelle pratiche dell’ alfabetizzazione popolare, a lungo, leggere e scrivere sono andati disgiunti. A scrivere si imparava ad un’ età avanzata ed era un compito precipuo di una scuola ben organizzata. Questa semplice constatazione storica comporta alcune conseguenze che il saggio analizza. Il carattere fortemente selettivo dell’ apprendimento della scrittura innanzitutto (si imparava a scrivere quando l’infanzia breve dei bambini di antico regime era terminata da un pezzo e per molti era già cominciata quella condizione di fatica che ne avrebbe segnato il destino per tutta la durata della vita); il carattere diacritico della scrittura rispetto alla strutturazione di percorsi formalizzati di apprendimento (alfabetizzazione popolare e scolarizzazione per molto tempo non coincidono e si poteva imparare a leggere, nei limiti estremamente variabili che definiscono il significato di questa attività, fuori dalla scuola e senza dover an-dare a scuola, non così per la scrittura); il carattere normativo dell’ apprendimento della scrittura (nella tradizione italiana apprendere a scrivere ha significato essere messi a confronto con le richieste e con le implicazioni dell’ imponente opera di codificazione e di grammaticalizzazione della lingua intrapresa a partire dal XVI secolo; di qui anche la lunga disputa sulla composizione, il famigerato tema d’ italiano e la tensione, veramente strutturante della storia scolastica italiana, tra esigenze comunicative e richieste estetiche dell’ apprendimento della scrittura). A partire da questi nodi storico culturali, il saggio analizza i problemi connessi alla nascita della scuola italiana nel quadro della formazione dello Stato nazionale, e in particolare dell'istruzione elementare.
articolo
2016
SCOTTO DI LUZIO, Adolfo
(2016). Cosa resta della scuola dello scrivere [journal article - articolo]. In QDS. QUADERNI DI DIDATTICA DELLA SCRITTURA. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/214691
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