First of a series of three essays dedicated to three italian teachers who grew up in the framework of fascist Italy and entered their mature life after World War II, this one is dedicated to Alberto Manzi and reveals a little-known figure outside the stereotype of the television broadcast " Non è mai troppo tardi". Alberto Manzi introduces us to the complex ideological situation in which the post-fascist Italy knows the development of a new pedagogy for the democratic society. In the aftermath of the war, an enormous amount of political and intellectual resources are mobilized around the problem of education. New questions are associated to old problems. The never definitively resolved popular illiteracy together with the extension of compulsory schooling, the issue of “scuola media unica”, are now flanked by a new general question: the birth of democracy, in the absence of significant democratic experiences of italian people, stimulates intense pedagogical research. While politics is committed to the “scuola popolare” and the reform of the Italian education system, associations and initiatives for the promotion of a new educational culture are multiplying. Manzi participates in this movement as a young teacher, revealing from the beginning his dual vocation as a teacher and writer for children. Assistant of Luigi Volpicelli at the University of Rome, the issue of a new school for a mass society, which had been the great theme of the Thirties and of the groups of Intellectuals around Giuseppe Bottai and his publishing initiatives, finds in Alberto Manzi an unexpected version. Thanks to a scholarship that took him to Latin America in the early 1950s, Manzi discovered the great peasant question of the sub-American continent in years of great ideological and political ferment. He will remain tied to Spanish America for a significant part of his life, returning systematically to the vast continent for more than twenty years, exposing himself to all the risks involved. The link that he establishes with the Hispano-American world will find significant recognition in the late 1980s by the government of Argentina who will want to recognize the merits achieved by the italian teacher in the field of popular literacy.

Primo di una serie di tre saggi dedicati ad altrettanti maestri che crescono nel quadro dell’Italia fascista e si affacciano alle scelte della vita matura nel secondo dopoguerra, questo dedicato ad Alberto Manzi rivela una figura poco conosciuta al di fuori dello stereotipo della trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi”. La figura del maestro Manzi ci introduce infatti nella complessa vicenda ideologica che presiede all’ elaborazione di una nuova pedagogia per la società democratica dell’Italia post fascista. All’indomani della guerra, intorno al problema dell’educazione si mobilita una enorme quantità di risorse politiche e intellettuali. Ai vecchi nodi, mai definitivamente sciolti, dell’analfabetismo e dell’accesso delle classi popolari all’istruzione si affiancano nuove questioni: la nascita della democrazia, in assenza di esperienze democratiche significative da parte dei cittadini del nuovo Stato repubblicano, stimola una intensa ricerca pedagogica. Mentre la politica è impegnata sul fronte della scuola popolare e della riforma del sistema italiano di istruzione, l’associazionismo magistrale e le iniziative per la promozione di una nuova cultura educativa si moltiplicano. Manzi partecipa a questo movimento da giovane maestro, rivelando fin dall’inizio la sua duplice vocazione di insegnante e di scrittore per ragazzi. Collaboratore di Luigi Volpicelli all’Università di Roma, la tematica di una scuola nuova per una società di massa, che era stato il grande tema degli anni Trenta in relazione con l’iniziativa culturale messa in atto da Giuseppe Bottai e da tutta la ricerca pedagogica fascista post-gentiliana, trova in Manzi una inaspettata declinazione. Grazie ad una borsa di studio che lo porta all’inizio degli anni Cinquanta in America Latina, Manzi scopre infatti la grande questione contadina del continente subamericano in anni di grandi fermenti ideologici e politici. All’America spagnola resterà legato per una parte significativa della sua vita, ritornando nel vasto continente sistematicamente per più di vent’anni, esponendosi a tutti i rischi del caso. Il legame che egli stabilisce con il mondo ispano-americano troverà un significativo riconoscimento alla fine degli anni Ottanta dal governo dell’Argentina che vorrà riconoscere i meriti conseguiti dal maestro di Roma nel campo dell’alfabetizzazione popolare.

(2022). Tre "Maestri". Alberto Manzi [journal article - articolo]. In NUOVA SECONDARIA. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/215848

Tre "Maestri". Alberto Manzi

Scotto di Luzio, Adolfo
2022-01-01

Abstract

First of a series of three essays dedicated to three italian teachers who grew up in the framework of fascist Italy and entered their mature life after World War II, this one is dedicated to Alberto Manzi and reveals a little-known figure outside the stereotype of the television broadcast " Non è mai troppo tardi". Alberto Manzi introduces us to the complex ideological situation in which the post-fascist Italy knows the development of a new pedagogy for the democratic society. In the aftermath of the war, an enormous amount of political and intellectual resources are mobilized around the problem of education. New questions are associated to old problems. The never definitively resolved popular illiteracy together with the extension of compulsory schooling, the issue of “scuola media unica”, are now flanked by a new general question: the birth of democracy, in the absence of significant democratic experiences of italian people, stimulates intense pedagogical research. While politics is committed to the “scuola popolare” and the reform of the Italian education system, associations and initiatives for the promotion of a new educational culture are multiplying. Manzi participates in this movement as a young teacher, revealing from the beginning his dual vocation as a teacher and writer for children. Assistant of Luigi Volpicelli at the University of Rome, the issue of a new school for a mass society, which had been the great theme of the Thirties and of the groups of Intellectuals around Giuseppe Bottai and his publishing initiatives, finds in Alberto Manzi an unexpected version. Thanks to a scholarship that took him to Latin America in the early 1950s, Manzi discovered the great peasant question of the sub-American continent in years of great ideological and political ferment. He will remain tied to Spanish America for a significant part of his life, returning systematically to the vast continent for more than twenty years, exposing himself to all the risks involved. The link that he establishes with the Hispano-American world will find significant recognition in the late 1980s by the government of Argentina who will want to recognize the merits achieved by the italian teacher in the field of popular literacy.
articolo
2022
Primo di una serie di tre saggi dedicati ad altrettanti maestri che crescono nel quadro dell’Italia fascista e si affacciano alle scelte della vita matura nel secondo dopoguerra, questo dedicato ad Alberto Manzi rivela una figura poco conosciuta al di fuori dello stereotipo della trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi”. La figura del maestro Manzi ci introduce infatti nella complessa vicenda ideologica che presiede all’ elaborazione di una nuova pedagogia per la società democratica dell’Italia post fascista. All’indomani della guerra, intorno al problema dell’educazione si mobilita una enorme quantità di risorse politiche e intellettuali. Ai vecchi nodi, mai definitivamente sciolti, dell’analfabetismo e dell’accesso delle classi popolari all’istruzione si affiancano nuove questioni: la nascita della democrazia, in assenza di esperienze democratiche significative da parte dei cittadini del nuovo Stato repubblicano, stimola una intensa ricerca pedagogica. Mentre la politica è impegnata sul fronte della scuola popolare e della riforma del sistema italiano di istruzione, l’associazionismo magistrale e le iniziative per la promozione di una nuova cultura educativa si moltiplicano. Manzi partecipa a questo movimento da giovane maestro, rivelando fin dall’inizio la sua duplice vocazione di insegnante e di scrittore per ragazzi. Collaboratore di Luigi Volpicelli all’Università di Roma, la tematica di una scuola nuova per una società di massa, che era stato il grande tema degli anni Trenta in relazione con l’iniziativa culturale messa in atto da Giuseppe Bottai e da tutta la ricerca pedagogica fascista post-gentiliana, trova in Manzi una inaspettata declinazione. Grazie ad una borsa di studio che lo porta all’inizio degli anni Cinquanta in America Latina, Manzi scopre infatti la grande questione contadina del continente subamericano in anni di grandi fermenti ideologici e politici. All’America spagnola resterà legato per una parte significativa della sua vita, ritornando nel vasto continente sistematicamente per più di vent’anni, esponendosi a tutti i rischi del caso. Il legame che egli stabilisce con il mondo ispano-americano troverà un significativo riconoscimento alla fine degli anni Ottanta dal governo dell’Argentina che vorrà riconoscere i meriti conseguiti dal maestro di Roma nel campo dell’alfabetizzazione popolare.
SCOTTO DI LUZIO, Adolfo
(2022). Tre "Maestri". Alberto Manzi [journal article - articolo]. In NUOVA SECONDARIA. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/215848
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