The dichotomy of prescriptive vs. descriptive grammar has been long applied to eighteenth-century English grammars. In fact, only a few grammars are considered descriptive, among which Priestley’s is the most representative. Some modern scholars have criticized eighteenth-century English prescriptive grammars, mainly because they did not show contemporary language use, but conveyed a mixture of seventeenth-century English and the authors’ own interpretation of the language. Their main task was to impose language rules, even inventing them if necessary. However, doubts have recently been raised on the inflexibility of this prescriptive/descriptive dichotomy. For instance, Vorlat (1998: 285-286) proposes three categories for sixteenth- and seventeenth-century grammars that may well apply to eighteenth-century grammars: (i) descriptive registration of language, (ii) normative grammar, and (iii) prescriptive grammar. Tieken-Boon van Ostade (2000b) has also shown that Lowth’s text, practically an emblem of prescriptive grammar, also includes contemporary English usage. It is thus not unreasonable to hypothesize a continuum along which eighteenth-century grammars move, being more or less descriptive or prescriptive, a hybrid of both tendencies. The aim of this study is to exemplify this continuum through the analysis of Ann Fisher’s A New Grammar, with Exercises of bad English (1754).

Le grammatiche inglesi del diciottesimo secolo sono state a lungo divise in due categorie principali: grammatiche prescrittive e grammatiche descrittive, benché in realtà pochissime appartengano a quest’ultima categoria (un’eccezione notevole è il lavoro di Priestley). Alcuni studiosi moderni hanno severamente criticato l’approccio prescrittivista, accusandolo di non illustrare gli usi linguistici del tempo, ma di veicolare un misto di inglese seicentesco e di interpretazioni soggettive da parte dell’autore. Il suo intento principale era di imporre regole, eventualmente inventandole, nella presupposizione che non esistessero. Tuttavia, una rigida dicotomia tra testi prescrittivi e descrittivi è stata recentemente messa in discussione. Vorlat (1998: 285-286), ad esempio, propone tre categorie per le grammatiche del Cinque e Seicento che possono forse adattarsi anche alle grammatiche settecentesche: (i) testi che descrivono il linguaggio registrandolo, (ii) grammatiche normative e (iii) grammatiche prescrittive. Tieken-Boon van Ostade (2000b) ha altresì dimostrato che la stessa grammatica di Lowth, praticamente un simbolo del prescrittivismo, contiene anche usi contemporanei. Si ritiene quindi possibile utilizzare un continuum lungo il quale le grammatiche si collocano, dimostrandosi più o meno prescrittive, o più o meno descrittive. Questo studio intende illustrare questa ipotesi attraverso l’analisi del testo di Ann Fisher A New Grammar, with Exercises of bad English (1754).

(2003). Ann Fisher, descriptive or prescriptive grammarian? pp. 183–203. [journal article - articolo]. In LINGUISTICA E FILOLOGIA. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/229

Ann Fisher, descriptive or prescriptive grammarian? pp. 183–203.

2003-01-01

Abstract

The dichotomy of prescriptive vs. descriptive grammar has been long applied to eighteenth-century English grammars. In fact, only a few grammars are considered descriptive, among which Priestley’s is the most representative. Some modern scholars have criticized eighteenth-century English prescriptive grammars, mainly because they did not show contemporary language use, but conveyed a mixture of seventeenth-century English and the authors’ own interpretation of the language. Their main task was to impose language rules, even inventing them if necessary. However, doubts have recently been raised on the inflexibility of this prescriptive/descriptive dichotomy. For instance, Vorlat (1998: 285-286) proposes three categories for sixteenth- and seventeenth-century grammars that may well apply to eighteenth-century grammars: (i) descriptive registration of language, (ii) normative grammar, and (iii) prescriptive grammar. Tieken-Boon van Ostade (2000b) has also shown that Lowth’s text, practically an emblem of prescriptive grammar, also includes contemporary English usage. It is thus not unreasonable to hypothesize a continuum along which eighteenth-century grammars move, being more or less descriptive or prescriptive, a hybrid of both tendencies. The aim of this study is to exemplify this continuum through the analysis of Ann Fisher’s A New Grammar, with Exercises of bad English (1754).
articolo
2003
Le grammatiche inglesi del diciottesimo secolo sono state a lungo divise in due categorie principali: grammatiche prescrittive e grammatiche descrittive, benché in realtà pochissime appartengano a quest’ultima categoria (un’eccezione notevole è il lavoro di Priestley). Alcuni studiosi moderni hanno severamente criticato l’approccio prescrittivista, accusandolo di non illustrare gli usi linguistici del tempo, ma di veicolare un misto di inglese seicentesco e di interpretazioni soggettive da parte dell’autore. Il suo intento principale era di imporre regole, eventualmente inventandole, nella presupposizione che non esistessero. Tuttavia, una rigida dicotomia tra testi prescrittivi e descrittivi è stata recentemente messa in discussione. Vorlat (1998: 285-286), ad esempio, propone tre categorie per le grammatiche del Cinque e Seicento che possono forse adattarsi anche alle grammatiche settecentesche: (i) testi che descrivono il linguaggio registrandolo, (ii) grammatiche normative e (iii) grammatiche prescrittive. Tieken-Boon van Ostade (2000b) ha altresì dimostrato che la stessa grammatica di Lowth, praticamente un simbolo del prescrittivismo, contiene anche usi contemporanei. Si ritiene quindi possibile utilizzare un continuum lungo il quale le grammatiche si collocano, dimostrandosi più o meno prescrittive, o più o meno descrittive. Questo studio intende illustrare questa ipotesi attraverso l’analisi del testo di Ann Fisher A New Grammar, with Exercises of bad English (1754).
RODRIGUEZ GIL, MARIA E.
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