Siamo nell’«Era della Gran transizione» e non si tratta di un’espressione carica di enfasi. Anche perché il termine «transizione», come abbiamo imparato a conoscere, ricorre a piè sospinto in questo tempo di passaggi cruciali (pensiamo solo a quella energetica ed ecologica), che è un po’ lo stesso destino che investe il termine «resilienza». Il Pnrr di riforma e rilancio dell’economia italiana richiede un sistema territoriale che si trasformi verso modelli più avanzati di sviluppo sostenibile ancora da realizzare. Che vanno costruiti secondo una logica di condivisione che attiene alla gestione responsabile del potere. Tutta la pluralità delle risorse va messa ad operare sul terreno (sui terreni) per affermare la definitiva centralità dello sviluppo sostenibile. Per le ragioni espresse in questo elaborato non può essere ritenuto marginale il ruolo della sussidiarietà orizzontale. Comprendendo che la transizione e la competitività territoriale non possono più essere appannaggio di un solo attore. Oggi più che mai, sulla scena sistemica non c’è alcuna motivazione ragionevole che il copione della ripresa e dello sviluppo sostenibile sia esclusivamente nelle manidi un solo «mattatore». Il centralismo, come esperienze della storia hanno plasticamente illuminato, è a tutti gli effetti un fenomeno che non porta da nessuna parte. Un vero e proprio cul de sac. L’esatto contrario di una visione sostenibile. La riforma del settore pubblico, passaggio cardine per eccellenza, richiede necessariamente maggiore creatività, gusto per la conoscenza, capacità di dialogo, valorizzazione degli interlocutori e velocità negli interventi. La qual cosa potrà accadere facendo leva su gestione e sviluppo dei nuovi commons territoriali chiamati a un salto di qualità nell’impegno, soprattutto a proposito di digitale e tematiche ambientali e sociali. Ne consegue che una ricca e organizzata dinamica di nuovi modelli di gestione territoriale veicolerà una riforma abilitante più ampia. Che il Pnrr domanda per animare un impatto diffuso e durevole, nel solco della sostenibilità autentica. Questa praxis (nell’ottica di una complementarità con le innovative idee di partenza) permetterà di accompagnare la transizione dei territori, non vista come un «trasformazione» imposta che potrebbe suonare del tutto irreale, ma come espressione (sempre trasformativa) di cultura sussidiaria (dunque di proposta relazionale e coinvolgente i più diversi livelli) che sappia concorrere a quel processo rigenerativo in grado di tener conto e quindi valorizzare il meglio dei percorsi di ieri, capitalizzarli, e reimpostarli verso modelli più innovativi e partecipativi. E perciò più sostenibili sul simbolico tappeto green dove la nostra pallina, nel suo viaggiare, vedrà finalmente terminare la corsa in buca. Nel giungervi, dopo aver centrato gli obiettivi di transito, in orario puntuale. Per non mancare l’appuntamento fissato con il Pnrr.
(2022). Verso nuovi modelli di sostenibilità: il ruolo delle skills territoriali . Retrieved from https://hdl.handle.net/10446/239091
Verso nuovi modelli di sostenibilità: il ruolo delle skills territoriali
Brugnoli, Alberto
2022-07-01
Abstract
Siamo nell’«Era della Gran transizione» e non si tratta di un’espressione carica di enfasi. Anche perché il termine «transizione», come abbiamo imparato a conoscere, ricorre a piè sospinto in questo tempo di passaggi cruciali (pensiamo solo a quella energetica ed ecologica), che è un po’ lo stesso destino che investe il termine «resilienza». Il Pnrr di riforma e rilancio dell’economia italiana richiede un sistema territoriale che si trasformi verso modelli più avanzati di sviluppo sostenibile ancora da realizzare. Che vanno costruiti secondo una logica di condivisione che attiene alla gestione responsabile del potere. Tutta la pluralità delle risorse va messa ad operare sul terreno (sui terreni) per affermare la definitiva centralità dello sviluppo sostenibile. Per le ragioni espresse in questo elaborato non può essere ritenuto marginale il ruolo della sussidiarietà orizzontale. Comprendendo che la transizione e la competitività territoriale non possono più essere appannaggio di un solo attore. Oggi più che mai, sulla scena sistemica non c’è alcuna motivazione ragionevole che il copione della ripresa e dello sviluppo sostenibile sia esclusivamente nelle manidi un solo «mattatore». Il centralismo, come esperienze della storia hanno plasticamente illuminato, è a tutti gli effetti un fenomeno che non porta da nessuna parte. Un vero e proprio cul de sac. L’esatto contrario di una visione sostenibile. La riforma del settore pubblico, passaggio cardine per eccellenza, richiede necessariamente maggiore creatività, gusto per la conoscenza, capacità di dialogo, valorizzazione degli interlocutori e velocità negli interventi. La qual cosa potrà accadere facendo leva su gestione e sviluppo dei nuovi commons territoriali chiamati a un salto di qualità nell’impegno, soprattutto a proposito di digitale e tematiche ambientali e sociali. Ne consegue che una ricca e organizzata dinamica di nuovi modelli di gestione territoriale veicolerà una riforma abilitante più ampia. Che il Pnrr domanda per animare un impatto diffuso e durevole, nel solco della sostenibilità autentica. Questa praxis (nell’ottica di una complementarità con le innovative idee di partenza) permetterà di accompagnare la transizione dei territori, non vista come un «trasformazione» imposta che potrebbe suonare del tutto irreale, ma come espressione (sempre trasformativa) di cultura sussidiaria (dunque di proposta relazionale e coinvolgente i più diversi livelli) che sappia concorrere a quel processo rigenerativo in grado di tener conto e quindi valorizzare il meglio dei percorsi di ieri, capitalizzarli, e reimpostarli verso modelli più innovativi e partecipativi. E perciò più sostenibili sul simbolico tappeto green dove la nostra pallina, nel suo viaggiare, vedrà finalmente terminare la corsa in buca. Nel giungervi, dopo aver centrato gli obiettivi di transito, in orario puntuale. Per non mancare l’appuntamento fissato con il Pnrr.Pubblicazioni consigliate
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