Il contributo è il frutto di una ricerca condotta negli ospedali molisani. A partire dalle rappresentazioni degli operatori sanitari e dalle reciproche pratiche, l’indagine ha verificato come si definisce la relazione di cura e assistenza con i pazienti stranieri, che sono progressivamente in aumento su quel territorio ma che ancora costituiscono una parte contenuta dell’utenza. L’analisi di una quarantina di interviste semi-strutturate a ausiliari, infermieri, ostetrici e medici dei reparti di pronto soccorso e ginecologia-ostetricia ha mostrato in particolare una ambivalenza. La distanza culturale, percepita nelle differenze di atteggiamenti e comportamenti, è per taluni operatori e in alcuni casi un elemento di disturbo, spesso più per questioni di principio che sulla base di aspetti pratici che influenzano l’interazione. Per altri versi si tramuta in valore aggiunto alla relazione, in special modo quando agli stranieri viene attribuita una capacità maggiore rispetto agli italiani di resistere alla sofferenza. Queste evidenze indicano e confermano come il modello paternalistico di stampo parsonsiano, passaggio obbligato ma spesso superato per l’analisi della relazione medico(operatore sanitario)-paziente, possa essere ridefinito integrando la dimensione normativa e quella empirica, al fine di rendere conto delle specificità della relazione terapeutica che coinvolge soggetti dai sistemi di riferimento culturali eterogenei.
(2010). Dolore e pudore nella relazione con i pazienti stranieri: aspettative e pratiche degli operatori sanitari in Molise . Retrieved from https://hdl.handle.net/10446/240150
Dolore e pudore nella relazione con i pazienti stranieri: aspettative e pratiche degli operatori sanitari in Molise
Pizzolati, Micol
2010-01-01
Abstract
Il contributo è il frutto di una ricerca condotta negli ospedali molisani. A partire dalle rappresentazioni degli operatori sanitari e dalle reciproche pratiche, l’indagine ha verificato come si definisce la relazione di cura e assistenza con i pazienti stranieri, che sono progressivamente in aumento su quel territorio ma che ancora costituiscono una parte contenuta dell’utenza. L’analisi di una quarantina di interviste semi-strutturate a ausiliari, infermieri, ostetrici e medici dei reparti di pronto soccorso e ginecologia-ostetricia ha mostrato in particolare una ambivalenza. La distanza culturale, percepita nelle differenze di atteggiamenti e comportamenti, è per taluni operatori e in alcuni casi un elemento di disturbo, spesso più per questioni di principio che sulla base di aspetti pratici che influenzano l’interazione. Per altri versi si tramuta in valore aggiunto alla relazione, in special modo quando agli stranieri viene attribuita una capacità maggiore rispetto agli italiani di resistere alla sofferenza. Queste evidenze indicano e confermano come il modello paternalistico di stampo parsonsiano, passaggio obbligato ma spesso superato per l’analisi della relazione medico(operatore sanitario)-paziente, possa essere ridefinito integrando la dimensione normativa e quella empirica, al fine di rendere conto delle specificità della relazione terapeutica che coinvolge soggetti dai sistemi di riferimento culturali eterogenei.File | Dimensione del file | Formato | |
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