Reading Helena Janeczec’s The Girl with the Leica, it becomes clear that fiction, disguise, the pursuit of pseudonyms, the unspoken, the tricks of seeking escape routes are part of the grand theater of the world and are in some cases the world itself; but for the characters in this story, as for Janeczecherself, this is an extremely serious game, just as extremely serious was the game of civic engagement for the photographer Gerda Taro, whose biography Janeczec reconstructs. Reality is the residual element, what remains despite the incessant carousel of disguises to which one must playfully submit. It is only in the epilogue that, in the laborious and at times impervious approach to Gerda’s identity, a short circuit between life and work is generated: this is the point at which the frontiers between fact and fiction –the liminal spaces that Françoise Lavocat has investigated with extraordinary critical acumen –become visible, multiplying the pleasure of narration and granting to fiction that extraterritoriality that is its own and that identifies it as such with respect to what fiction is not.

Leggendo La ragazza con la Leica di Helena Janeczecrisulta evidente che la finzione, il travestimento, la ricerca di pseudonimi, il non detto, i trucchi per cercare vie di fuga fanno parte del gran teatro del mondo e sono in qualche caso il mondo stesso; ma per i personaggi di questa storia, come per la stessa Janeczec, si tratta di un gioco estremamente serio, come estremamente serio era il gioco dell’impegno civile per la fotografa Gerda Taro, di cui Janeczec ricostruisce la biografia. La realtà è l’elemento residuale, ciò che rimane nonostante l’incessante carosello dei travestimenti a cui gioco forza bisogna sottoporsi. È solo nell’epilogo che nel laborioso e a tratti impervio avvicinamento all’identità di Gerda si genera un cortocircuito tra la vita e l’opera: questo è il punto in cui le frontiere tra fatti e finzioni –gli spazi liminari che Françoise Lavocat ha indagato con straordinario acume critico –si rendono visibili moltiplicando il piacere della narrazione e garantendo alla finzione quella extraterritorialità che le è propria e che la identifica come tale rispetto a ciò che finzione non è.

(2023). Scomposizioni identitarie. «La ragazza con la Leica» di Helena Janeczek come biografia plurale [journal article - articolo]. In GRISELDAONLINE. Retrieved from https://hdl.handle.net/10446/262029

Scomposizioni identitarie. «La ragazza con la Leica» di Helena Janeczek come biografia plurale

Palmieri, Nunzia
2023-01-01

Abstract

Reading Helena Janeczec’s The Girl with the Leica, it becomes clear that fiction, disguise, the pursuit of pseudonyms, the unspoken, the tricks of seeking escape routes are part of the grand theater of the world and are in some cases the world itself; but for the characters in this story, as for Janeczecherself, this is an extremely serious game, just as extremely serious was the game of civic engagement for the photographer Gerda Taro, whose biography Janeczec reconstructs. Reality is the residual element, what remains despite the incessant carousel of disguises to which one must playfully submit. It is only in the epilogue that, in the laborious and at times impervious approach to Gerda’s identity, a short circuit between life and work is generated: this is the point at which the frontiers between fact and fiction –the liminal spaces that Françoise Lavocat has investigated with extraordinary critical acumen –become visible, multiplying the pleasure of narration and granting to fiction that extraterritoriality that is its own and that identifies it as such with respect to what fiction is not.
articolo
2023
Leggendo La ragazza con la Leica di Helena Janeczecrisulta evidente che la finzione, il travestimento, la ricerca di pseudonimi, il non detto, i trucchi per cercare vie di fuga fanno parte del gran teatro del mondo e sono in qualche caso il mondo stesso; ma per i personaggi di questa storia, come per la stessa Janeczec, si tratta di un gioco estremamente serio, come estremamente serio era il gioco dell’impegno civile per la fotografa Gerda Taro, di cui Janeczec ricostruisce la biografia. La realtà è l’elemento residuale, ciò che rimane nonostante l’incessante carosello dei travestimenti a cui gioco forza bisogna sottoporsi. È solo nell’epilogo che nel laborioso e a tratti impervio avvicinamento all’identità di Gerda si genera un cortocircuito tra la vita e l’opera: questo è il punto in cui le frontiere tra fatti e finzioni –gli spazi liminari che Françoise Lavocat ha indagato con straordinario acume critico –si rendono visibili moltiplicando il piacere della narrazione e garantendo alla finzione quella extraterritorialità che le è propria e che la identifica come tale rispetto a ciò che finzione non è.
Palmieri, Nunzia
(2023). Scomposizioni identitarie. «La ragazza con la Leica» di Helena Janeczek come biografia plurale [journal article - articolo]. In GRISELDAONLINE. Retrieved from https://hdl.handle.net/10446/262029
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Descrizione: doi: https://doi.org/10.6092/issn.1721-4777/18090
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