All’epoca dei suoi esordi come narratore, alla fine degli anni Sessanta, Celati riflette sugli aspetti corporei della scrittura, andando alla ricerca di una lingua viva che non fosse pura imitazione dell’espressione orale, ma che si affidasse a una struttura del tutto nuova e non ancora sperimentata: il saggio Parlato come spettacolo, uscito nel 1968, indica una direzione a cui Celati rimarrà sempre fedele, seppure con aggiustamenti progressivi, mettendo a punto una scrittura che riproduce gli effetti del parlato attraverso regole proprie, attingendo in parte ai gerghi e ai tic della lingua colloquiale, in parte alla sintassi approssimata delle conversazioni quotidiane o ai deliri dei folli, ma soprattutto inventando di volta in volta, a seconda delle esigenze espressive, un repertorio di movenze rimiche e di costruzioni sintattiche per rompere gli schemi narrativi codificati e produrre una forma di apprendimento partecipativo che richiama il rapporto con l’immagine cinematografica e con il gesto teatrale. Quella che Celati definisce parola parlata con effetto spettacolare richiede una sorta di rappresentazione corporea, vera o immaginaria, corredata da «mimica, intonazioni emotive, pause, enfasi». I suoi romanzi degli anni Settanta, da Comiche alla trilogia dei Parlamenti buffi (Le avventure di Guizzardi, La banda dei sospiri, Lunario del paradiso) mettono in scena, con modalità diverse, la poetica della scrittura come “mossa comica”, come gesto fulmineo e sorprendente, come andamento insieme rigoroso e divagante, quasi a ritmo di jazz.
Il corpo comico nello spazio. Gianni Celati, il gesto, il romanzo [open workshop - seminario divulgativo]. Retrieved from https://hdl.handle.net/10446/284109
Il corpo comico nello spazio. Gianni Celati, il gesto, il romanzo
Palmieri, Nunzia
Abstract
All’epoca dei suoi esordi come narratore, alla fine degli anni Sessanta, Celati riflette sugli aspetti corporei della scrittura, andando alla ricerca di una lingua viva che non fosse pura imitazione dell’espressione orale, ma che si affidasse a una struttura del tutto nuova e non ancora sperimentata: il saggio Parlato come spettacolo, uscito nel 1968, indica una direzione a cui Celati rimarrà sempre fedele, seppure con aggiustamenti progressivi, mettendo a punto una scrittura che riproduce gli effetti del parlato attraverso regole proprie, attingendo in parte ai gerghi e ai tic della lingua colloquiale, in parte alla sintassi approssimata delle conversazioni quotidiane o ai deliri dei folli, ma soprattutto inventando di volta in volta, a seconda delle esigenze espressive, un repertorio di movenze rimiche e di costruzioni sintattiche per rompere gli schemi narrativi codificati e produrre una forma di apprendimento partecipativo che richiama il rapporto con l’immagine cinematografica e con il gesto teatrale. Quella che Celati definisce parola parlata con effetto spettacolare richiede una sorta di rappresentazione corporea, vera o immaginaria, corredata da «mimica, intonazioni emotive, pause, enfasi». I suoi romanzi degli anni Settanta, da Comiche alla trilogia dei Parlamenti buffi (Le avventure di Guizzardi, La banda dei sospiri, Lunario del paradiso) mettono in scena, con modalità diverse, la poetica della scrittura come “mossa comica”, come gesto fulmineo e sorprendente, come andamento insieme rigoroso e divagante, quasi a ritmo di jazz.File | Dimensione del file | Formato | |
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