La perseguibilità della tratta di esseri umani quale crimine internazionale. Alla ricerca di un disegno

The essay addresses the issues related to the prosecution of trafficking as a specific crime against humanity. The Rome Statute of the International Criminal Court considers trafficking in persons as a crime against humanity, but only if linked to one of the cases of slavery, and where there is the contextual element of a widespread or systematic attack directed against civilian populations. Trafficking, however, cannot be attributed exclusively to one of the cases of slavery. The question of the autonomous configurability of trafficking in human beings as a crime against humanity raises the problem of its prosecution by the International Criminal Court. Despite the recognition of the complex links between trafficking and conflict contexts, trafficking has been prosecuted as a national or transnational crime, but not (yet) as an international crime. And critical issues arise from the specific mode of operation of the International Criminal Court. International crimes are multiplying, involving an element of context represented by a multitude of violence, assuming the contribution of various authors and participants that the Rome Statute aims to be intercepted by the dense network of national jurisdictions that the principle of complementarity induces to weave and that, as harmonized with the Statute, can be capable of effective synergies. And indeed, the Rome Statute, while not expressly contemplating duties to implement its contents in national legal systems, gives impetus for States to equip themselves with the instruments of substantive and procedural criminal law indispensable to effectively deal with international crimes. The impetus for national legal systems to adapt to the standards of the Rome Statute, however, has not yet been followed up in Italian law.

Lo studio affronta le questioni relative alla perseguibilità della tratta quale specifico crimine contro l’umanità. Lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale contempla la tratta di persone quale crimine contro l’umanità, ma solo se collegata ad una delle ipotesi di schiavitù, e sempre che sussista l’elemento di contesto di un attacco esteso o sistematico diretto contro popolazioni civili. La tratta, tuttavia, non può essere ricondotta esclusivamente ad una delle ipotesi di schiavitù. La questione dell’autonoma configurabilità della tratta degli esseri umani quale crimine contro l’umanità disvela il problema della sua perseguibilità dinnanzi alla Corte penale internazionale. Nonostante il riconoscimento dei complessi legami tra la tratta e i contesti di conflitto, la tratta è stata perseguita quale crimine nazionale o transnazionale, ma non (ancora) come crimine internazionale. E criticità derivano dalle specifiche modalità di funzionamento della Corte penale internazionale. I crimini internazionali si appalesano a miriadi, implicando un elemento di contesto rappresentato da una infinità di violenze, postulando il contributo di diversi autori e partecipi che lo Statuto di Roma mira vengano intercettati dalla fitta rete di giurisdizioni nazionali che il principio di complementarità induce a tessere e che, in quanto armonizzate allo Statuto, possano essere capaci di efficaci sinergie. Ed invero, lo Statuto di Roma, pur non contemplando espressamente doveri di recepimento dei propri contenuti negli ordinamenti nazionali, dà impulso affinché gli Stati si dotino degli strumenti di diritto penale sostanziale e processuale indispensabili a fronteggiare efficacemente i crimini internazionali. L’impulso affinché gli ordinamenti nazionali si adeguino agli standard dello Statuto di Roma, tuttavia, non ha ancora avuto seguito nell’ordinamento italiano.