L'articolo si propone di ripercorrere le fasi dell'elaborazione di una teoria della traduzione nell'opera di Henri Meschonnic, da "Pour la poétique II" (1973) a "Poétique du traduire" (1999) ed "Ethique et politique du traduire" (2007), allo scopo di mostrare in questo percorso il grado di coerenza attraverso il quale l'Autore, nel confronto anche aspro con la teoria del segno, intenda fondare una prassi teorica sul discorso di un soggetto che "si scrive e si traduce", quindi s'inventa creando e traducendo. Il lavoro di traduzione sulla Bibbia diviene l'àmbito teorico e poetico all'interno del quale appaiono evidenti i tratti caratteristici di un'oralità della scrittura più solida dei dualismi teorici quali quello che oppone "sourciers" e "ciblistes" (Ladmiral), o le tentazioni invasive della filosofia sulla poetica del tradurre (Derrida). E' "l'etica del linguaggio" che nella corporeità della scrittura e nell'articolazione vocale ribadisce la sua estraneità a schemi e classificazioni per votarsi a un'autonomia che è tipica della scrittura come storicità del soggetto scrivente e come invenzione di sé attraverso il linguaggio.
Titolo: | Le "je" se traduit: sur la théorie de la traduction d'Henri Meschonnic |
Tutti gli autori: | Scotto, Fabio |
Data di pubblicazione: | 2014 |
Abstract (ita): | L'articolo si propone di ripercorrere le fasi dell'elaborazione di una teoria della traduzione nell'opera di Henri Meschonnic, da "Pour la poétique II" (1973) a "Poétique du traduire" (1999) ed "Ethique et politique du traduire" (2007), allo scopo di mostrare in questo percorso il grado di coerenza attraverso il quale l'Autore, nel confronto anche aspro con la teoria del segno, intenda fondare una prassi teorica sul discorso di un soggetto che "si scrive e si traduce", quindi s'inventa creando e traducendo. Il lavoro di traduzione sulla Bibbia diviene l'àmbito teorico e poetico all'interno del quale appaiono evidenti i tratti caratteristici di un'oralità della scrittura più solida dei dualismi teorici quali quello che oppone "sourciers" e "ciblistes" (Ladmiral), o le tentazioni invasive della filosofia sulla poetica del tradurre (Derrida). E' "l'etica del linguaggio" che nella corporeità della scrittura e nell'articolazione vocale ribadisce la sua estraneità a schemi e classificazioni per votarsi a un'autonomia che è tipica della scrittura come storicità del soggetto scrivente e come invenzione di sé attraverso il linguaggio. |
Nelle collezioni: | 1.2.01 Contributi in volume (Capitoli o Saggi) - Book Chapters/Essays |
File allegato/i alla scheda:
File | Descrizione | Tipologia | Licenza | |
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Fabio Scotto DEF.pdf | publisher's version - versione dell'editore | N/A | Testo non consultabile |