In the everyday language, “restitution” means to give something back, an action that is the consequence of a previous offer. The transmission of goods involves relationships, and how this can be applied in the ethnographical interaction? What do we give back and when? The ethnographer establish- es a series of moral debts with those who cooperate during the fieldwork: co-constructing data, research participants donate time and trust in change of the visibility of their experiences. The ethnographical practice hence transmits the results of fieldwork interactions (including time, information and carefulness), and involving more people than those who created the data. This process is traditionally dominated by words. This article is based on a research on meanings associated with body suspension realized in Europe, consisting in the elevation of a protagonist through metal hooks temporary inserted in the skin. Based on the partici- pative construction of symbolic objects with practitioners, the ethnographer uses the handcrafts to communicate with practitioners and they materialize the meetings during the practice, resulting in an artistic collection that was exposed during and after the ethnography. The handcrafts circulated suspen- sion meanings among non-practitioners and they re-oriented the research- er’s gaze during the ethnography. The reflection focuses on the multiple valences of handcrafts as communication tool, reflexive occasion, device for the short-term restitution during the fieldwork, and dissemination strategy.

Nel linguaggio comune “restituire” significa dar qualcosa indietro, rendere qualcosa che in precedenza si era ricevuto. Questo dare-e-avere stabilisce relazioni, ma nella pratica etnografica chi sono le persone coinvolte? Cosa si restituisce e quando? L’etnografo, nel suo percorso sul campo, contrae una serie di debiti morali con coloro che lo accompagnano alla scoperta e alla costruzione dei dati regalando tempo e fiducia, i quali sono solitamente ripagati con la visibilità delle esperienze raccolte. L’etnografia può dunque coinvolgere altre persone, ampliando le maglie di quella relazione di doni (in termini di tempo, informazioni e attenzione) che prima era delimitata dall’esperienza di campo. Tradizionalmente queste fasi sono dominate dalle parole. Questo articolo si basa su un’esperienza di ricerca in cui oggetti co-cre- ati sono stati il mezzo di comunicazione privilegiata tra la ricercatrice e i praticanti di sospensioni corporee in Europa, una pratica che prevede il sollevamento di una persona attraverso ganci metallici inseriti nella pelle. I manufatti hanno costituito una sperimentazione metodologica, la concre- tizzazione dell’incontro con i partner della ricerca, e oggi compongono una piccola collezione che dissemina i risultati del lavoro antropologico. La ri- flessione proposta pone al centro la multipla valenza degli oggetti, da mezzo di comunicazione e di restituzione a breve termine sul campo, a dispositivi in grado di estendere la ricerca, e con essa i significati delle sospensioni e la voglia di essere compresi.

(2022). Oggetti buoni per pensarsi, oggetti buoni per mostrarsi. Riflessioni da un laboratorio etnografico di manufatti co-creati per comprendere e narrare le sospensioni corporee [journal article - articolo]. In ANTROPOLOGIA. Retrieved from https://hdl.handle.net/10446/313291

Oggetti buoni per pensarsi, oggetti buoni per mostrarsi. Riflessioni da un laboratorio etnografico di manufatti co-creati per comprendere e narrare le sospensioni corporee

Manfredi, Federica
2022-01-01

Abstract

In the everyday language, “restitution” means to give something back, an action that is the consequence of a previous offer. The transmission of goods involves relationships, and how this can be applied in the ethnographical interaction? What do we give back and when? The ethnographer establish- es a series of moral debts with those who cooperate during the fieldwork: co-constructing data, research participants donate time and trust in change of the visibility of their experiences. The ethnographical practice hence transmits the results of fieldwork interactions (including time, information and carefulness), and involving more people than those who created the data. This process is traditionally dominated by words. This article is based on a research on meanings associated with body suspension realized in Europe, consisting in the elevation of a protagonist through metal hooks temporary inserted in the skin. Based on the partici- pative construction of symbolic objects with practitioners, the ethnographer uses the handcrafts to communicate with practitioners and they materialize the meetings during the practice, resulting in an artistic collection that was exposed during and after the ethnography. The handcrafts circulated suspen- sion meanings among non-practitioners and they re-oriented the research- er’s gaze during the ethnography. The reflection focuses on the multiple valences of handcrafts as communication tool, reflexive occasion, device for the short-term restitution during the fieldwork, and dissemination strategy.
articolo
2022
Nel linguaggio comune “restituire” significa dar qualcosa indietro, rendere qualcosa che in precedenza si era ricevuto. Questo dare-e-avere stabilisce relazioni, ma nella pratica etnografica chi sono le persone coinvolte? Cosa si restituisce e quando? L’etnografo, nel suo percorso sul campo, contrae una serie di debiti morali con coloro che lo accompagnano alla scoperta e alla costruzione dei dati regalando tempo e fiducia, i quali sono solitamente ripagati con la visibilità delle esperienze raccolte. L’etnografia può dunque coinvolgere altre persone, ampliando le maglie di quella relazione di doni (in termini di tempo, informazioni e attenzione) che prima era delimitata dall’esperienza di campo. Tradizionalmente queste fasi sono dominate dalle parole. Questo articolo si basa su un’esperienza di ricerca in cui oggetti co-cre- ati sono stati il mezzo di comunicazione privilegiata tra la ricercatrice e i praticanti di sospensioni corporee in Europa, una pratica che prevede il sollevamento di una persona attraverso ganci metallici inseriti nella pelle. I manufatti hanno costituito una sperimentazione metodologica, la concre- tizzazione dell’incontro con i partner della ricerca, e oggi compongono una piccola collezione che dissemina i risultati del lavoro antropologico. La ri- flessione proposta pone al centro la multipla valenza degli oggetti, da mezzo di comunicazione e di restituzione a breve termine sul campo, a dispositivi in grado di estendere la ricerca, e con essa i significati delle sospensioni e la voglia di essere compresi.
Manfredi, Federica
(2022). Oggetti buoni per pensarsi, oggetti buoni per mostrarsi. Riflessioni da un laboratorio etnografico di manufatti co-creati per comprendere e narrare le sospensioni corporee [journal article - articolo]. In ANTROPOLOGIA. Retrieved from https://hdl.handle.net/10446/313291
File allegato/i alla scheda:
File Dimensione del file Formato  
Manfredi. 2022. Oggetti buoni per pensarsi, oggetti buoni per mostrarsi. Riflessioni da un laboratorio etnografico di manufatti co-creati per comprendere e narrare le sospensioni corporee. Antropologia 9.3.pp.23-44.pdf

accesso aperto

Versione: publisher's version - versione editoriale
Licenza: Creative commons
Dimensione del file 3.27 MB
Formato Adobe PDF
3.27 MB Adobe PDF Visualizza/Apri
Pubblicazioni consigliate

Aisberg ©2008 Servizi bibliotecari, Università degli studi di Bergamo | Terms of use/Condizioni di utilizzo

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10446/313291
Citazioni
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact